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Burn the Ocean - Come Clean
30/01/2017
( 1205 letture )
Le radici del debutto dei genovesi Burn the Ocean vanno ricercate in una band nata qualche anno fa, precisamente nel 2000 e che fino al 2011 ha portato avanti la sua strada suonando una sorta di commistione tra alternative, stoner e grunge, pubblicando nel 2008 l’album Bellorio. La band si chiamava 2Novembre e vedeva tre degli attuali membri dei Burn the Ocean in formazione Fabio Palombi, voce nei conterranei Nerve/Ritual of Rebirth e qui alla prova anche con la chitarra, diventa così quarto elemento, apportando la propria personalità e andando così a costruire le fondamenta per il debutto sulla lunga distanza. Non sono molte altre le note biografiche significative del percorso che ha portato all’uscita di Come Clean per la Sliptrick Records, ma c’è da scommettere che con tanti anni di gavetta alle spalle, non fossero l’esperienza e in un certo senso la voglia di dire ancora la propria, a mancare. Anzi, probabilmente, questo album di debutto va inteso come primo passo di approccio, in vista di ulteriori sviluppi. In effetti, le sette tracce qua contenute potrebbero sembrare un ricco anticipo di qualcosa che ha da venire e non risulterebbe affatto strano scoprire che siano state composte e registrate di corsa, come in preda ad una bruciante necessità di essere messe su disco, per poter gridare al mondo che c’è una nuova band in città e che difficilmente passerà inosservata.

Le coordinate musicali attorno le quali si muove Come Clean sono ascrivibili quindi a influenze molteplici e diverse: hard rock, grunge, alternative metal, stoner. Non sorprenderà infatti scoprire nello scorrere dell’album alcune sonorità familiari, che rimandano alla scena di Seattle, come all’alternative raffinato degli A Perfect Circle o allo stoner dei Kyuss e poi quella furiosa cover di Blackdog dei Led Zeppelin posta quasi in conclusione, non lascia molti dubbi sulla vena hard rock della band, rivista però in ottica moderna e rispettosa al tempo stesso. A colpire, sono tanto l’irruenza della sezione ritmica, con sonorità apertamente stoner, quanto l’ottimo lavoro delle chitarre, pur in assenza di veri e propri assoli e il bell’intreccio delle voci di Pecollo e Palombi, timbriche graffiate e potenti, stentoree ma anche dannatamente melodiche. Un approccio che si ritrova nella musica dei Burn the Ocean, capace di asperità, terrosa e spigolosa al tempo stesso, eppure anche capace di linee vocali ben riuscite e capaci di attrarre l’ascoltatore nel gorgo della musica. Il carico emotivo trasmesso dalle canzoni, così come una leggera vena malinconica, che ben contrasta con la proposta fiera e rabbiosa, rimandano d’altronde alla classica impostazione grunge e sono il valore aggiunto dei brani. Già l’opener Days of November, con il suo perfetto incontro tra stoner e sonorità alla Soundgarden prima maniera, colpisce in maniera potente, arrivando subito a coinvolgere a livello ritmico, per poi lasciare il campo ad un refrain vincente che la candida tra le cose migliori del disco e ci proietta nel mondo sonoro dei Burn the Ocean. Altrettanto convincente la seguente Seed, che appare anzi anche meglio sviluppata e con una linea melodica sempre molto valida, pur conservando un forte impatto dinamico. Land of Mud è invece un brano dalla struttura più mutevole, aprendosi con un arpeggio sul quale si adagia la linea melodica del refrain, per poi evolvere in una parte in distorto nel quale le chitarre giocano un ruolo fondamentale, accompagnando ancora la voce, per un risultato però appena meno convincente, forse proprio a causa del cantato, meno riuscito che in precedenza e nel quale si notano anche i cori vagamente punk a sostegno. Feast apre con un riff che rimanda di peso agli A Perfect Circle, per poi evolvere nell’ormai conosciuta commistione tra grunge e stoner che sembra essere la miglior caratteristica della band, grazie alla costante qualità del riffing e del cantato, ai quali si aggiunge stavolta un finale strumentale dilatato e psichedelico, ancora vicino a Soundgarden e A Perfect Circle. Altro colpo a segno con Bitedown, che conferma l’approccio della band e le buone qualità strumentali del quartetto, oltre alla consolidata vena melodica. Niente da aggiungere alla citata cover di Blackdog, la quale subisce lo stesso trattamento che a suo tempo i Soundgarden riservarono a Come Together, pur senza forzare affatto la mano verso un eccesso di brutalità, ma esaltando invece la natura blues del pezzo, pur aumentandone e non di poco la dinamica. Chiude l’album in desertico arpeggio di Gone Away, degno dei migliori Kyuss, per un brano strumentale d’atmosfera perfettamente eseguito, che lascia però con l’amaro in bocca per un album che finisce fin troppo presto.

I Burn the Ocean con Come Clean si dimostrano band di spessore e di grande interesse, sia per l’attualità che, soprattutto, in ottica futura. La grande esperienza della line up e l’assestamento con l’ingresso di un quarto membro, promettono sviluppi degni di attenzione, almeno a giudicare il già buonissimo livello espresso in queste canzoni. La commistione di genere non risulta affatto fino a sé stessa, ma anzi funzionale a brani non particolarmente lunghi o dalle strutture contorte, ma capaci di lasciare un segno e farsi apprezzare in tutto e per tutto. Molto buona anche la produzione, che dà calore e spessore alla sezione ritmica, senza sacrificare le chitarre e il fondamentale intreccio delle voci. Aspetto quest’ultimo sul quale puntare ancora di più in futuro. Sette brani dei quali una cover e una chiusura strumentale solleticano e non poco la curiosità per quello che i Burn the Ocean sapranno creare nelle prossime uscite. Intanto, Come Clean si mostra come un debutto assolutamente interessante per tutti gli appassionati di sonorità alternative, come per coloro che apprezzano stoner e hard rock. Dategli una chance.



VOTO RECENSORE
71
VOTO LETTORI
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INFORMAZIONI
2016
Sliptrick Records
Alternative Metal
Tracklist
1. Days in November
2. Seed
3. Land of Mud
4. Feast
5. Bitedown
6. Blackdog
7. Gone Away
Line Up
Emanuele 'Shuster' Pecollo (Voce, Chitarra)
Fabio Palombi (Chitarra, Voce)
Valentina Di Maggio (Basso)
Davide Di Maggio (Batteria)
 
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