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03/05/24
TRICK OR TREAT + NANOWAR OF STEEL
HALL - PADOVA
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Armor for Sleep - The Rain Museum
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13/12/2022
( 525 letture )
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La nuova fatica degli Armor for Sleep si presenta fin dall’inizio come un disco ricercato ed elaborato, finendo per risultare fin troppo legato allo stile creato dal gruppo. Infatti già i primi secondi della title track, l’opener del lavoro, fanno capire come la proposta della band ruoti attorno alla melodia. E sebbene siano presenti anche riff più energici il gruppo non perde mai la calma e non si allontana mai dalla ricercatezza di suoni orecchiabili.
Una proposta molto particolare quella di questa nuova opera della band americana che è inattiva in studio dal 2007: in The Rain Museum non solo la melodia è costante, ma anche la voce resta pulita senza mai lasciarsi andare a parti più sporche o aggressive. E sembra quasi che i musicisti lavorino proprio nella ricerca costante di soluzioni che possano garantire il risultato più soft possibile. Il batterista Nash Breen infatti, in pezzi come New Rainbows entra solo a metà canzone e rimane sempre su un volume contenuto, come anche nella maggior parte delle altre canzoni, rendendo la sua prestazione particolarmente leggera e in ombra rispetto a quella del resto della band, ma non per questo meno importante in quanto la scelta stilistica si sposa perfettamente con la musica e la sua prestazione è tecnicamente impeccabile. Le chitarre e il piano poi lavorano in armonia con le clean vocals e il basso fa un ottimo lavoro in pezzi come Whatever, Who Cares, legandosi perfettamente alla batteria e d’altronde se la formazione è rimasta la stessa dell’esordio Dream to Make Believe targato 2003, significa che la sintonia tra i ragazzi del New Jersey è ancora viva. Ad un primo ascolto sembra che non ci siano grosse pecche nel lavoro, ma analizzando in profondità le composizioni sembra quasi che la band si sforzi fin troppo di trattenersi, lo stile malinconico e sentimentale proposto dal loro genere impone anche che le emozioni traspaiano dalle note e questo è perfettamente riuscito al gruppo, ma le canzoni finiscono per assomigliarsi proprio per via della ripetitività dello stile a cui la musica è troppo legata. Se la band avesse sperimentato utilizzando elementi diversi in alcune canzoni, sorprendendo l’ascoltatore, probabilmente l’ascolto risulterebbe più interessante. Vero che la qualità della proposta è indiscutibile, ma già dalla prima traccia si ha un’idea completa di quello che il resto del disco può offrire, in quanto non c’è traccia di elementi estranei a quelli proposti nelle prime tracce.
La band ha lavorato indubbiamente molto sulle proprie canzoni, i riff e le parti soliste di chitarra sono molto elaborati come del resto anche le prestazioni di tutti presentano elementi di valore e la ricerca di soluzioni melodiche e atmosferiche in pezzi come Tomorrow Faded Away sono pienamente riuscite e particolarmente coinvolgenti, ma resta il problema che la band non esprime mai davvero in un brano qualcosa che lo renda unico e diverso dagli altri; composizioni frutto di un grande lavoro nella ricerca di una melodia costante per tutto il disco, ma anche schiave di essa e di questa sperimentazione fine a sé stessa.
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2
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Lo trovo tremendamente anonimo, soprattutto nel cantanto, una voce innoqua, da boyband. |
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1
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Per niente un brutto album, non è riuscito però a rapirmi. Emblematiche le ultime quattro righe di recensione, per quanto mi riguarda. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Rain Museum 2. How Far Apart 3. See You on the Other Side 4. World Burn Down 5. In This Nightmare Together 6. New Rainbows 7. I’m Not Myself 8. Whatever, Who Cares 9. Rather Down 10. A Teardrop (on the Surface of the Sun) 11. Tomorrow Faded Away 12. Spinning Through Time
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Line Up
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Ben Jorgensen (Voce, Chitarra, Pianoforte) PJ DeCicco (Chitarra) Anthony Dilonno (Basso) Nash Breen (Batteria)
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RECENSIONI |
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