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03/05/24
MOTOROWL + THE OSSUARY + REDNECK REDEMPTION
CENTRALE 66 - MODENA
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01/07/2023
( 699 letture )
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Realtà piuttosto enigmatica quella dei Daevar, band tedesca agli ordini della bassista/cantante Pardis Latifi (in arte solo Pardis), musicista di probabili origini iraniane. Il gruppo di Koln sbuca fuori un po' dal nulla e propone uno stoner-doom acidissimo, basato su tempi sempre lenti, chitarre “fuzzate” e riff semplici ripetuti in modo ossessivo, ma efficaci. Il tutto condito da linee di basso e batteria scarne e registrato in maniera volutamente Lo-Fi. A completare il quadro, la voce un po' effettata e distante di Pardis.
Delirious Rites è un Ep di cinque pezzi, per un totale di circa trentatré minuti di musica, quasi un terzo dei quali occupati da Leviathan. Registrato presso gli Hidden Planet Studios di Berlino con l'aiuto fondamentale di Jan Oberg (Arcade Eyes, Earth Ship, Grin), il mini album riesce a incidere a dispetto di un profilo che non solo non mira per nulla a essere originale, ma ripesca a piene mani da situazioni musicali per lo più estremamente rodate e conosciute. Tutte le canzoni sono lente e “pesanti”, semplici nella costruzione, ma non macchinose, riuscendo a piantarsi subito in testa. Questo per merito dei riff di chitarra di Caspar e della linearità della batteria di Moritz, ma più ancora per la voce di Pardis. Non certo una cantante particolarmente dotata, anzi, relativamente monocorde e algida, ma proprio per questo adatta all'ossessionante reiterazione su cui si basano i cinque pezzi di Delirious Rites. A venire leggermente a galla sulle altre sono Slowshine e Leviathan, ma l'Ep è concepito come un blocco di musica da prendere come tale e da ascoltare con la giusta predisposizione mentale. Eppure, in un mare di nebbia ronzante e contorni indistinti, di apatia e perdizione mentale, a venire fuori sono la ricercatezza dei testi e pure certe influenze mediorientali. Persiane in particolare. Per quanto riguarda i primi non abbiamo a che fare solo con la sparizione forzata, la paralisi del sonno e l'emancipazione femminile, ma anche con argomenti ispirati al lavoro di Thomas Hobbes, filosofo britannico del Cinquecento autore del trattato di filosofia politica Leviathan (appunto).
A stuzzicare molto, però, sono quegli elementi provenienti dagli anni Sessanta e Settanta del 1900. In particolare le citazioni della psichedelia europea che innervano tutte e cinque le canzoni e - fatto ancor più caratterizzante - quelle della scena blues-psych iraniana pre khomeinista. Per chi non lo sapesse, fino al 1979 e con tutti i distinguo del caso, l'Iran era un Paese culturalmente all'avanguardia e anche il ruolo della donna era pienamente calato nella realtà internazionale. Pertanto, pure la sua musica era agganciata ai trend internazionali. Nel caso dei Daevar possono così essere tirati in ballo Kourosh Yaghmaei e i Jokers, in rappresentanza di una scena poi uccisa dagli Āyatollāh. Influenze a parte, Delirious Rites è in conclusione un buon lavoro e può essere considerato da chi ascolta Sleep e band consimili.
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La rece mi ha parecchio incuriosito e l\'ho ascoltato. Non male, davvero non male. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Slowshine 2. Bloody Fingers 3. Leila 4. Leviathan 5. Yellow Queen
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Line Up
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Pardis Latifi (Voce, Basso) Caspar Orfgen (Chitarra) Moritz Ermen Bausch (Batteria)
Musicisti ospiti Jan Oberg (Voce traccia 4)
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RECENSIONI |
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