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To/Die/For - Samsara
( 3206 letture )
Potrà forse sembrare scontato, ma quando recensisco cerco sempre di cominciare con una breve descrizione delle immagini che l'ascolto di un disco mi ha evocato; quell'insieme di sensazioni che il nostro cervello (mettendo in atto quella magnifica facoltà che è la fantasia) spesso elabora in visioni vere e proprie che sono quasi sempre misura della presa che la musica ha avuto su di noi.
Nel caso specifico di Samsara, sesto lavoro in studio dei finnici To/Die/For (il primo dopo che il gruppo si è riunito in seguito ad uno split avvenuto nel 2009), l'immagine che mi si è parata davanti agli occhi è quella di una squallida bettola immersa nel buio e nel gelo dell'inverno finlandese impregnata da un acre odore di alcol e frequentata da avventori che molti di noi non esiterebbero a definire “poco raccomandabili”, seduti in apparente stato catatonico di fronte a più bicchierini vuoti che avevano contenuto chissà quale infimo super-alcolico.
Ognuno è afflitto dai propri problemi e dai propri rimpianti, chi per l'amore di una donna rivelatasi di facili costumi e chi per chissà quale altro evento traumatico che l'ha condotto ad annegare il dispiacere nell'oblio dato dall'alcol.
Nulla sembra poter smuovere questa situazione di apparente immobilità ed ignavia, nulla si muove... Fino a quando uno dei tanti avventori improvvisamente si alza con fare deciso e colmo di una rinnovata energia paga l'oste ed esce (seppur leggermente barcollante) pronto a rimettere le cose al loro posto.
Per dirla con poche parole: Samsara è il classico disco di gothic metal pregno di mood finnico che tanto deve ai Sentenced e alla miriade di altre band che affollano questa importante fetta di musica del paese scandinavo (gli stessi To/Die/For seppur con una formazione un po' diversa hanno contribuito all'espansione di questo genere); certo però, se proprio volessimo approfondire anche il curioso titolo, potremmo scoprire che il termine Samsara fa parte di moltissime teorie filosofico religiose tipicamente asiatiche, con significati che oscillano tra “la via della salvezza” o comunque legati ad una teoria della rinascita.
Malinconia riversata in modo deciso in una musica, volutamente sporca e graffiante, con un'attitudine sì sofferente ma anche abbastanza incazzata da far sì che la proposta sia relativamente lontana dal risultare depressiva e che anzi rappresenti una sorta di reazione artistica alle avversità della vita (dubito che i nostri raggiungeranno mai il Nirvana, ma già questo è un inizio).

Ma diamo un taglio alle considerazioni (o se preferite speculazioni) filosofiche e addentriamoci più a fondo nei meandri di Samsara.
La prima cosa che notiamo è il buon bilanciamento tra pezzi tirati e vivaci (Kissing The Flames o Hail of Bullets giusto per citarne alcune) e canzoni più malinconiche ed introspettive (Folie Á Deux o Oblivion:Visions) che comunque non scadono (quasi) mai nel deprimente.
La cura e la scelta dei suoni sono decisamente di qualità superiore alla media delle produzioni di questo particolare sottogenere - che tendenzialmente predilige effetti più sporchi e volutamente grezzi per guadagnare in immediatezza - in particolare: il lavoro dietro alle incisioni delle sei corde di Juha Sutela e Antti Talala è per alcuni versi ricercato, il riffing - chirurgico - è invero un po' ripetitivo ma l'equalizzazione con bassi ed alti evidenziati (e l'adeguata presenza, spesso in altre produzioni ingiustamente abusata) imprime il giusto tiro ai pezzi; i due poi guadagnano anche molti altri punti grazie alle sezioni pulite in cui mettono in luce – oltre che un discreto buon gusto - una grande competenza nell'uso di effetti che contribuiscono all'atmosfera complessiva; notevoli anche gli occasionali assoli: non troppo lunghi, né particolarmente rapidi o tecnici ma piuttosto intensi e ben inseriti nel contesto delle varie canzoni.
Il lato ritmico è invece un oggetto misterioso, dà l'impressione di essere contratto e poco fermo, ma alla prova dei fatti (seppur con l'aiuto del solido lavoro di riffing delle chitarre di cui sopra) riesce lo stesso a mantenere una buona efficacia pur senza fare miracoli o svettare particolarmente nel mixing finale: il drumming di Matti Huopainen non brilla per originalità negli accompagnamenti e poteva forse essere evidenziato maggiormente a livello di volume, mentre il basso di Eza Virén per quanto abbastanza presente (quasi sempre dietro le chitarre) ed udibile, risulta spesso anonimo e freddo nella scelta dei suoni (sembra che le frequenze alte e medie siano state maltrattate senza ritegno), impedendogli di spiccare in mezzo a tutto il resto degli strumenti. Solo la prova sulla già citata Oblivion:Vision si salva, in quanto la maggiore libertà di svariare (rappresentata dalla quasi totale assenza di suoni distorti delle chitarre) accompagnata da una distorsione abbastanza consistente proprio del basso (usata solo qui e nella successiva Someday Somewhere Somehow), riescono a dargli la giusta personalità.
Fondamentale invece il contributo dietro ai tasti bianchi e neri di Jussi Salminen che riesce a ritagliarsi un ruolo fondamentale nell'economia del sound, mostrando sia una grande competenza nell'uso sia dei suoni lead sintetizzati che nei gustosi passaggi di pianoforte (persino gli sporadici strings ensemble sono piuttosto ben concepiti).
Dovendo solo più parlare dell'operato di Jarno “Jape” Perätalo dietro al microfono ci tengo a precisare – e non è la prima volta – quanto non sia un fan accanito delle voci sofferenti tipiche di queste release, nonostante ciò è impossibile non rilevare la buona prova di Jarno sul lato emotivo ed interpretativo: tecnicamente parlando non è certamente un mostro e l'uso occasionale dell'overdubbing per rafforzare parti altrimenti carenti - secondo il sottoscritto - non fa che confermarlo, però alcuni momenti (come l'accelerazione di Love's a Sickness) sono davvero notevoli.

Tutta la tracklist si mantiene su livelli più che discreti, le canzoni sono godibili e si dimostrano valide e degne di più ascolti. Vi segnalo in particolar modo: la graffiante opener Kissing The Flame, la simpatica cover di Iggy Pop Cry For Love, la decisa Hails of Bullet e la lenta Oblivion:Visions. Mentre se proprio dovessi segnalare qualche pezzo di quelli che invitano rapidamente allo skip direi senza troppi dubbi Death Comes in March (l'unica davvero lagnosa) e la non entusiasmante Folie Á Deux.

Samsara è un degno esponente di un genere particolarmente abusato e ripetitivo per natura, riesce a comunicare le emozioni che la band intendeva veicolare (e già questo è un grande traguardo) e si lascia ascoltare piacevolmente un discreto numero di volte; di contro non è comunque nulla di nuovo sotto il – pallidissimo se non assente – sole della Finlandia, con qualche pezzo rivedibile e alcune scelte tecniche sicuramente migliorabili; il fatto che si tratti di un autoprodotto non rappresenta di certo una scusante dato che parliamo di una band che seppure con una lineup diversa è stata anche sotto Nuclear Blast.
Il risultato è comunque un lavoro leggermente superiore alla media e questo va certamente premiato, ragion per cui lo consiglio a chi ama il genere e – in maniera più cauta – a chi volesse tentare di accostarsi per la prima volta a queste sonorità.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
35.72 su 22 voti [ VOTA]
palomaki
Giovedì 28 Agosto 2014, 23.30.25
8
A Torino la colpa fu di quello squallidissimo locale chiamato barruba o qualcosa del genere (feci delle foto con loro ben prima di quando dovessero iniziare a suonare), per il resto ottima band purtoppo sottovalutata..
Metal3K
Martedì 24 Luglio 2012, 17.33.28
7
@Undercover: giusto, ho letto adesso il tuo commento e ti ringrazio per la segnalazione. Di conseguenza, la label di questo album passa da "Autoprodotto" a "Massacre Records". Grazie. PS: naturalmente la recensione e' stata scritta quando ancora il disco era autoprodotto.
Undercover
Lunedì 2 Aprile 2012, 11.22.19
6
Hanno firmato per Massacre Records, l'album verra ristampato da loro.
Straisand
Mercoledì 18 Gennaio 2012, 13.20.45
5
Dici al Lapsus??
ayreon
Lunedì 16 Gennaio 2012, 13.24.30
4
non sono loro che vennero a torino e salirono sul palco strafatti di alcol ed in netto ritardo ? Io li ho sempre considerati gli Him dei poveri
NeuRath
Mercoledì 11 Gennaio 2012, 10.55.07
3
Il fatto che sempre più band di media caratura prendano la via dell'autoproduzione è un sintomo molto preoccupante di come sia messo il mercato...
Autumn
Martedì 10 Gennaio 2012, 17.43.10
2
Proprio così Straisand, al momento sono senza contratto discografico
Straisand
Martedì 10 Gennaio 2012, 17.30.31
1
Come autoprodotto??? O_O" Non sono più sotto etichetta?? Senza parole.
INFORMAZIONI
2011
Massacre Records
Gothic
Tracklist
1. Kissing The Flame
2. Damned Rapture
3. Cry For Love (Iggy Pop cover)
4. Death Comes in March
5. Folie Á Deux
6. Hail of Bullets
7. Love's a Sickness
8. Raving Hearts
9. Oblivion:Visions
10. Someday Somewhere Somehow
Line Up
Jarno “Jape” Perätalo – Vocals
Juha-Pekka “Juppe” Sutela – Guitars
Annti-Matti “Antza” Talala – Guitars
Eza Virén – Bass
Jussi-Mikko Salminen – Keyboards
Matti Huopainen - Drums
 
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