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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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NILE + MELECHESH + DEW-SCENTED + ZONARIA + DARKRISE - Treviso/Roma, 28/01-04/02/2011
09/02/2011 (3892 letture)
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THOSE WHOM THE GODS DETEST II - NEW AGE CLUB, RONCADE (TV), 28/01/2011
La scorsa settimana ho letto a proposito di una singolare iniziativa per quanto riguardava la data romana del Those Whom The Gods Detest Tour, infatti per chiunque arrivasse prima delle 20.30 c’era uno sconto del biglietto di 5 euro. Però se il concerto vero e proprio aveva inizio alle 18.30 quante persone avranno visto tutte le band, potendosi permettere di arrivare poco prima delle 20.30?
Questo fatto mi fa ripensare alla tappa del tour al New Age Club di Roncade (TV) il 28 gennaio, data a cui ero presente anch’io. Ricordo che il pomeriggio di quel venerdì stavo tornando a casa dall’università e ho ricevuto una telefonata di un amico, che mi avvertiva che la sera non saremmo dovuti arrivare al locale alle 8 e un quarto, come programmato il giorno precedente, ma avremmo dovuto recarci lì almeno mezz’ora prima rispetto all’orario previsto per vedere l’inizio del concerto. Seccato vado a cercare delle informazioni sul web, visitando il sito del locale e vari siti dove pubblicizzavano il concerto, ma niente da fare: dappertutto l’inizio dell’evento è segnalato per le 20.30.
Decido di fare un ultimo tentativo e provo con facebook. Fatalità, spulciando qua e la, riesco a trovare un post, inserito il giorno stesso da uno degli organizzatori, che segnala l’inizio del concerto alle 20.00 in punto e non mezz’ora dopo. Mi chiedo quante persone siano venute a conoscenza di questo dettaglio.
Arrivato puntualissimo al locale, entro senza vedere code di gente in attesa per prendere il biglietto -io lo avevo già preso per tempo. Quando mi avvicino al palco i Darkrise hanno appena preso in mano gli strumenti ed iniziano a suonare. Saremo stati sì e no in quindici persone. Continuo a cercare di capire qualcosa di quello che la band svizzera sta cercando di suonare, ma la scarsa qualità audio li penalizza fortemente, dato che il sound è molto impastato e si fatica a capire cosa i musicisti stiano davvero eseguendo. Solo la schiera di roadie davanti a noi dà segno di apprezzare qualcosa, ma bisogna dire che questi Darkrise ce la stanno mettendo tutta, il cantante estrae perfino una bandierina dell’Italia ed inizia a sventolarla per aizzare i pochi presenti. Nonostante tutto i membri del gruppo mostrano una presenza scenica di tutto rispetto, come se il fatto che ci fosse poco pubblico davanti a loro non influenzasse la qualità della loro esibizione. Un plauso ai Darkrise perché, anche se sfavoriti da grandi inconvenienti, non si sono demoralizzati.
Una volta terminata l’esibizione degli elvetici inizia il cambio palco e compaiono alcuni membri della band successiva, gli Zonaria, truccati e vestiti per la loro mezz’ora di gloria. Ammetto che vedendo i pistoloni alla cintura e le corazze stile film non avevo molta fiducia in ciò che stavo per ascoltare. Non avrei potuto essere maggiormente in errore.
Questi cinque giovani svedesi propongono una miscela di death, a tratti melodico, con chiare influenze symphonic black per quanto riguarda il tappeto di tastiere (in sede live non hanno un tastierista, ma gli inserti sono a metronomo), ottenendo un sound dalle venature apocalittiche. Nella prima data italiana il bassista (che aveva lasciato la band qualche giorno prima) è già stato sostituito da un ragazzo che sembra affiatatissimo con la band, e non c’è un istante in cui non stia muovendosi e facendo headbanging; inoltre è entrato nelle fila degli Zonaria il secondo chitarrista Caleb Bingham, con la sua lunghissima chioma bionda, lasciando Simon Berglund libero di concentrarsi sul cantato. Nella mezz’ora a loro disposizione i cinque snocciolano una serie di brani eseguiti in modo impeccabile e con dei suoni davvero ottimi, regalandoci una degna esibizione. Il pubblico inizialmente sembra indifferente, ma quando inizia Contra Mundum tutti i presenti sono catturati dalle melodie al limite dell’industrial del brano. Pollice alto per gli Zonaria.
Il tempo del cambio palco e il locale si riempie quasi completamente: fanno la loro apparizione Dallas Toler-Wade (su un palchetto defilato, quasi in incognito) che controlla gli show dei gruppi spalla e Karl Sanders al punto vendita del merchandise. Purtroppo mi rendo conto troppo tardi dell’arrivo del mastermind dei Nile, e non riesco a incrociarlo per fare una foto insieme a lui.
Comunque sia, ora è dei Dew-Scented il compito di scaldare il pubblico prima dell’esibizione dei big della serata,e il combo tedesco riesce bene nel proprio intento proponendo una mix tra le sonorità tipicamente swedish e il thrash in stile slayeriano. Si notano i primi accenni di pogo e la band stessa è attivissima sul palco, i chitarristi e il bassista sembrano degli indemoniati e non smettono un istante di muoversi e dare spettacolo. Il quintetto pare molto a suo agio mentre esegue i pezzi, e il pubblico interagisce in modo decisamente attivo con la musica, dimostrando di apprezzare l’esibizione.
Dall’impressione che mi sono fatto i Dew-Scented, musicalmente, non aggiungono nulla di nuovo a quanto già detto da altre band, però dal vivo risultano godibili e attivi: sono sicuramente un gruppo che vale la pena di vedere live, almeno in un’occasione.
Terminata l'esibizione dei tedeschi, arriva il momento degli israeliani Melechesh, certamente la band più affine agli headliner del tour; i Nostri hanno il gravoso compito di introdurre il pubblico al mondo delle sonorità orientali, riscaldandolo prima dell’esibizione che tutti stanno attendendo. Le mie aspettative aumentano quando l’intro quel sound lontano che tutti attendono, addirittura il chitarrista entra con il volto avvolto da una tagelmust, come un vero Tuareg (lo toglierà dopo pochissimo perché soffocante per il calore). Esteticamente il tutto fa auspicare ad uno show interessante, e tra l'altro, non avendo nemmeno mai ascoltato la proposta della band non nego di essere stato assai curioso di sentire cosa questi medio orientali avrebbero avuto in serbo. Quando però inizia il concerto vero e proprio si percepisce che qualcosa non va per il verso giusto: tra me e me penso che forse è solo la prima canzone, in cui nonostante la gustosa matrice black di fondo la melodia appare un po’ scontata, e che le prossime esecuzioni di sicuro saranno migliori...
purtroppo è un succedersi di questo pensiero praticamente per tutto il concerto.
Attenzione: con ciò non voglio dire che si è trattato di una cattiva esibizione, anzi. I suoni erano bene missati, la band certamente era padrone del palco (anche se non al livello dei suoi due predecessori), il cantato di Melechesh Ashmedi era graffiante ma profondo, e le tematiche dei brani –per quanto si riuscisse ad evincere dai titoli urlati dal cantante– apparivano accattivanti. Non ultima la scelta di mettere l’albero della vita con le sue dieci Sephiroth (gli attibuti di Dio, anche se qui la figura è riarrangiata) della Qabbalah ebraica in copertina dell’ultimo album mi aveva incuriosito non poco. Ma è la proposta musicale dei quattro ad essere a mio avviso manchevole, troppo spesso ho avuto l’impressione che le melodie fossero banali e già sentite in una qualsiasi colonna sonora di un film a sfondo orientale. Mancava il valore aggiunto che portava a dire “accidenti questi aprono per i Nile!”, motivo per cui -forse- una parte del pubblico si è dimostrata poco interessata al loro show ed è uscita dalla sala.
E' così che, dopo i quarantacinque minuti di show degli israeliani, inizia il cambio palco più atteso: vedo che sono i Nile stessi, insieme ai loro roadie, a sistemare l’attrezzatura; vedo che all’entrata di Karl Sanders e George Kollias la folla esplode con un boato; vedo che l’entusiasmo del pubblico è alle stelle: è arrivato il momento tanto atteso.
Il combo americano inizia dunque la propria performance con Kafir!, e subito la folla si scatena con il pogo, appena il tono del brano si smorza il pubblico canta insieme a Dallas There is no god but god. È incredibile vedere come degli spettatori che per tutta la serata si sono dimostrati poco più che tiepidi siano stati catalizzati dalla presenza e dall’ascendente della band.
L’esecuzione dei brani si rivela impeccabile: anche nelle parti più brutali il blast beat di George Kollias è isocrono e furioso, come se prendesse a frustate i pezzi del suo kit, con una precisione chirurgica. Le chitarre di Karl Sander e Dallas Toler-Vade sono rabbiose ma un tantino sporche, nelle parti in cui la ritmica si fa più serrata perdono di definizione ma il suono viene mantenuto sotto controllo dallo scandire della batteria; i suoni solisti invece spiccano decisamente mentre i due chitarristi fregiano le pareti della loro costruzione egizia. Il bassista Chris Lollis, membro ufficiale della band dallo scorso autunno, sostiene i pilastri sonori con il suo quattro corde e partecipa al cantato dei brani insieme ai due chitarristi.
Il trittico vocale è di grande effetto: l’onnipresente Dallas rimane su tonalità medio basse, passando talvolta il testimone a Lollis, che si dimostra abile nel passaggio dalle tonalità basse fino ad uno scream di tutto rispetto. Ma la vocalità di Sanders si dimostra la più viscerale, quasi provenisse dalle profondità della terra, ed è abbinata ad un movimento del corpo che rimanda all’incedere di un gigantesco golem. Osservando quest’ultimo suonare è davvero insolito notare che è sorridente per la maggior parte del tempo, un musicista davvero felice di poter suonare i propri brani in pubblico.
Decisamente una scena che non si vede spesso, specie nei generi più estremi!
L’intero concerto della band di Greenville è imperniato sull’ultima fatica Those Whom The Gods Detest, ma la scaletta include anche richiami nostalgici agli album precedenti, tra cui l’amatissima Sarcophagus e Lashed To The Slave Stick, che scatenano il pubblico, ormai più sveglio che mai. L’alternarsi di momenti di ferocia e passaggi epici, ma più calmi, consente all’audience di riprendersi dal pogo che prende vita ad ogni infierire sulla batteria di Kollias. Quando la band chiude l’esibizione con Black Seeds Of Vengeance in molti ci chiediamo “dov’è Cast Down The Heretic?”. Manca all’appello anche Papyrus Containing The Spell To Preserve Its Possessor Against Attacks From Who Is In The Water, che sebbene sia un brano recente, con il suo lunghissimo titolo è subito entrato nei cuori dei fan dei Nile. Volutamente è stato posto l’accento sul suo ultimo prodotto discografico, a scapito di alcuni brani più classici che sono stati tagliati, ottenendo comunque un’ottima setlist.
In conclusione: Darkrise rimandati per cause di forza maggiore, Zonaria promossi ampiamente così come Dew-Scented, Melechesh rimandati almeno fino al prossimo disco (sperando che la prossima volta si dimostrino più arrosto che fumo) e Nile promossi a pieni voti. Non mi resta che dire che il mio primo concerto del 2011 è stato molto soddisfacente, augurandomi che i prossimi siano ancora migliori!
Servizio fotografico a cura di Sarah “Scontrosa Velenosa” Corami
SETLIST NILE
01 Kafir!
02 Sacrifice Unto Sebek
03 Hittite Dung Incantation
04 Serpent Headed Mask
05 Ithyphallic
06 Those Whom the Gods Detest
07 4th Arra of Dagon
08 Permitting The Noble Dead To Descend To The Underworld
09 Sarcophagus
10 Lashed To The Slave Stick
11 Black Seeds of Vengeance
SETLIST MELECHESH
01 Illumination: The Face of Shamash
02 Sacred Geometry
03 Deluge of Delusional Dreams
04 Ladders To Sumeria
05 Grand Gathas Of Baal Sin
06 Triangular Tattvic Fire
07 Ghouls Of Nineveh
08 Rebirth Of Nemesis
SETLIST DEW-SCENTED
01 Downfall
02 Arise From Decay
03 Turn To Ash
04 Cities Of The Dead
05 Never To Return
06 A Critical Mass
07 Soul Poison
08 Condemnation
09 Acts Of Rage
THOSE WHOM THE GODS DETEST II - BLACKOUT CLUB, ROMA, 04/02/2011
Ultimamente Roma sta ospitando numerosi concerti estremi importanti; il quattro febbraio 2011 starà ai Nile portare il death metal nella Capitale, con il Those Whom The Gods Detest Tour Pt. II, assieme a Darkrise, Zonaria, Dew-Scented e Melechesh inaugurando una serie di concerti perfetta per tipi "non molto apposto" come me! L'evento è stato infatti molto atteso, e la gente parteciperà numerosa divertendosi molto più di quanto ci si aspettava.
Iniziamo dunque il racconto di questa (travagliata) esperienza: parto da casa alle 16.15 e prendo l'auto da Tivoli alle 16.45, convinto di arrivare a Roma alle 17.45 circa ma, per problemi di traffico, arrivo a Termini alle 18.30, facendo infuriare il mio amico dei concerti, che mi ha aspettato per un'ora intera. Tempo di prendere da mangiare (30 minuti di fila al Mcdonald) e saliamo sull'autobus per raggiungere l'ottimo Blackout Rock Club: ancora una volta peró il traffico è causa dei miei problemi e, per fare pochi chilometri, ci mettiamo oltre 45 minuti, perdendoci dunque lo spettacolo dei Darkrise, fautori di un brutal death metal molto canonico, decisamente nulla di esaltante (diciamo che i Darkrise svolgono un po' il ruolo che era dei Corpus Mortale nel Those Whom The Gods Detest Tour Pt. I dello scorso anno).
Ci addentriamo nel locale (il costo all'ingresso è di 15 €) e ci ritroviamo gli Zonaria sul palco, un gruppo che, a dirvi la verità, su disco non mi aveva detto veramente nulla; pezzi triti e ritriti con i soliti riff melodici utili a creare un'atmosfera che non ha fatto altro che annoiarmi. Cosi, nel mentre del loro concerto, faccio il solito giro tra i merchandise e saluto i soliti "zozzoni" che non mancano mai a 'sti live. Come sempre, mi fermo al merchandise dal grande Andrea "Corpse" Cipolla, chitarrista dei Corpsefucking Art, a sviscerare quei "pochi" dischi più che ottimi che ha nei suoi due scatoloni. Finiti gli Zonaria, a dispetto di quelle poche persone davanti al palco che li sostenevano con decisione, ci sediamo sui divanetti comodi comodi per riposarci un po'.
Passano una ventina di minuti ed ecco entrare i Dew-Scented, gruppo thrash tedesco di razza e di marchio che non ho mai seguito più di tanto, complice il fatto che apprezzo veramente poco gli sforzi del loro vocalist. Parte l'intro e si incomincia con Downfall, pescata dall'ultimo -ed a mio parere pessimo, album Invocation; si continua con Arise From Decay e con Turn To Ash, quest'ultima da Issue VI, e la band inizia ad acquisire maggior fiducia in sè stessa, sfoderando una prestazione migliore di canzone in canzone. Il corpulento cantante rende molto più in sede live, grazie anche al viso sempre sorridente ed un ottima capacità d'intrattenimento del pubblico. I suoni sono fin da subito ben calibrati e creano un muro sonoro di potente thrash moderno e violento. Si prosegue con una doppietta da Impact, forse l'album migliore nella discografia della band; superata la noiosa A Critical Mass fa capolino Soul Poison, classico pescato sempre da Impact. Purtroppo, dopo neanche 40 minuti, viene annunciata l'ultima canzone, ovvero Acts of Rage la quale chiude in bellezza un concerto che è andato nel migliore nei modi, anche se una scaletta più lunga avrebbe giovato sicuramente di più ai thrashers. Buoni e, di certo, da rivedere da headliner.
SETLIST DEI DEW-SCENTED
01 Downfall
02 Arise from Decay
03 Turn to Ash
04 Cities of the Dead
05 Never to Return
06 A Critical Mass
07 Soul Poison
08 CondemNation
09 Acts of Rage
Mentre aspettiamo i Melechesh, il gruppo che attendevo maggiormente in questa data, arriva l'altro mio amico. Il palco viene "adornato" di un tappeto molto scarno, vengono ultimati tutti i preparativi ed ecco Ashmedi e soci salire sul palco. Il chitarrista porta un velo, che poi toglierà, che gli coprirà il viso e lascierà un'apertura sugli occhi (costui, dopo tale visione, è condannato ad esser denominato ironicamente da noi "Er ninja dell'Israele").
Si parte con Illumination: The Face of Shamash, pescata direttamente dal meno che sufficiente The Epigenesis; purtropppo ecco arrivare l'unica vera pecca della serata: nel Blackout la voce solitamente si sente molto bene se si tratta di growling, peccato che la voce stridula di Ashmedi subisse l'effetto contrario, e che quindi era veramente difficile da udire! Pian piano, fortunatamente, la situazione migliora, ma non non si riesce mai a superare la soglia della sufficienza. Comunque sia, la band continua con l'ottima Sacred Geometry, che in sede live guadagna molti più punti rispetto alla versione presente sul disco: si scatena il pogo e la band sembra divertita e soddisfatta nel vedere tanto calore. A gran voce viene annunciata Deluge of Delusional Dreams, dal bellissimo Emissaries, che provocherà nel sottoscritto un forte dolore al collo, indovinate perchè? Subito dopo arriva il momento della veloce Grand Gathas of Baal Sin, sempre dall'ultimo disco, a scatenare circle pit e crowd surfing forsennati, e poi una delle mie canzoni preferite della band, Triangular Tattvic Fire, tratta da Sphynx, tanto potente da disintegrare ogni sintomo di stanchezza, lasciando grande spazio all'adrenalina. Superata la deludente Ghouls of Nineveh, il concerto si conclude con la meravigliosa Rebirth Of The Nemesis, anche questa da Emissaries, coronata da un mini-wall of death, che dunque premia i Melechesh come miglior act della serata. Macchine da guerra.
SETLIST DEI MELECHESH
01 Illumination: The Face of Shamash
02 Sacred Geometry
03 Deluge of Delusional Dreams
04 Grand Gathas of Baal Sin
05 Triangular Tattvic Fire
06 Ghouls of Nineveh
07 Rebirth of the Nemesis
E' ora il turno dell'headliner: il soundcheck dell'enorme batteria usata da George Kollias richiede molto tempo, nel frattempo Karl Sanders aspettava vicino al palco in uno stato quasi meditativo.
A un certo punto si sente il rintocco: parte l'intro familiare a tutti gli amanti di In Their Darkened Shrines... sì, sto parlando proprio di Hall of Saurian Entombment, che richiama tutti gli astanti davanti al palco. Il massacro sta per iniziare, l'intro di Kafir! è partito e la band è sul palco. Via alle danze! Kafir! si scaglia ad una potenza devastante e il pogo riprende da dove era rimasto con i Melechesh; il coro There is no God but God... viene urlato da tutti a gran voce, a dimostrazione dell'amore che la Capitale prova per lo storico complesso che sta ammirando. Kollias, nonostante la complessità delle canzoni, sembra quasi stia dormendo dalla facilità (!); Dallas è impeccabile sia alla voce che alla chitarra, e si esibisce in una prova perfetta; Chris Lollis sfodera tutta la sua carica col suo quattro corde, ed incita continuamente la folla a dare il meglio di sè; Karl è ormai imprescindibile, grazie alla sua simpatia e alla sua bravura nel maneggiare sia chitarra che growl ultra-gutturale. Si prosegue con Sacrifice Unto Sebek, tratto da Annihilation Of The Wicked, che con il suo riff epico riuscirebbe ad attrarre qualsiasi ascoltatore assiduo di brutal death, poi la buona Hittite Dung Incantation, che permette al pubblico di partecipare cantando grazie ai vocalismi catchy che caratterizzano gran parte della canzone, dopo quest'ultima si fa un tuffo nel passato e da "Amongst the Catacombs of Nephren-Ka, il disco che più amo dei Nile, viene pescato un classico ormai immancabile nelle scalette della band, ovvero Serpent Headed Mask che, a giudicare dalla reazione un po' fredda, deduco sia poco conosciuta da chi ha cominciato ad ascoltare i Nostri solo coi lavori più recenti; di fatti, questa mia deduzione, viene comprovata dal fatto che Ithypallic venga acclamata in maniera quasi esagerata, nonostante la valenza di certo inferiore alla precedente. Purtroppo subito dopo arriva la lunga Those Whom the Gods Detest, title-track dell'ultimo album della band, che onestamente non riesco a digerire proprio a causa della lunghezza spropositata e di un ritornello fin troppo orecchiabile per il mio gusto; si prosegue con il supporto all'ultimo disco ed ecco 4th Arra Dagon, costituita dal suo ritmo lento che sfocia in un coro finale cantato da tutti, peccato ancora una volta per la lunghezza del brano, e la rapida Permitting The Noble Dead To Descend To The Underworld, che mi fa rientrare nei confini del concerto. Sta però a Sarcophagus, dal capolavoro In Their Darkened Shrines, farmi recuperare totalmente, anche se con Lashed To The Slave Sticksubentra nuovamente la noia... al suo posto avrei preferito di gran lunga Cast Down The Heretic! Comunque, a malincuore si arriva alla conclusione, e la monolitica Black Seeds Of Vengeance riesce a darci l'ultima meravigliosa emozione di un concerto che poteva essere migliore, se solo i Nile avessero suonato qualche classico in più.
SETLIST DEI NILE
01 Kafir!
02 Sacrifice Unto Sebek
03 Hittite Dung Incantation
04 Serpent Headed Mask
05 Ithyphallic
06 Those Whom The Gods Detest
07 4th Arra of Dagon
08 Permitting the Noble Dead to Desend to the Underworld
09 Sarcophagus
10 Lashed To The Slave Stick
11 Black Seeds of Vengeance
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bei report! complimenti! ben dettagliati e completi! peccato la distanza altrimenti sarei venuto di corsa! i Nile sono strepitosi! |
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