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JIMI HENDRIX - Zero. La Mia Storia - La recensione
26/07/2014 (6093 letture)
«Alla mia morte ci sarà una jam, puoi giurarci. Voglio che tutti diano il massimo e si sballino. E conoscendomi, finirò per cacciarmi nei guai al mio stesso funerale. Il volume sarà alto, e ci sarà la nostra musica. Non voglio canzoni dei Beatles, ma qualche pezzo di Eddie Cochran e parecchio blues. Roland Kirk verrà di certo, e faro` di tutto perché non manchi Miles Davis, sempre che abbia voglia di passare. Per una cosa cosi` varrebbe quasi la pena morire.
Quando non ci sarò più non smettete di mettere su i miei dischi.»


Un libro autobiografico, un’opera indirettamente tramandata nel tempo di Jimi Hendrix fino ai giorni nostri, con l’intenzione di ripartire, questa volta, da Zero, proprio come il titolo in copertina: Zero. La mia storia. Un saggio che, capitolo dopo capitolo, riscopre con pressante desiderio la reale personalità artistica del chitarrista di Seattle e con la chiara volontà di spazzare via le tonnellate di storie scritte da innumerevoli autoreferenziali autori che si sono accumulate, con il passare degli anni, intorno alla figura straordinaria di Jimi Hendrix.
Gli autori Alan Douglas e Peter Neal, sono riusciti a mettere insieme ed a ordinare con responsabile cronologia, tutti i frammenti di vita artistica e privata, partendo da ogni fonte possibile certificata. Dal suo personale diario, alle innumerevoli interviste e dagli appunti e dialoghi che lui stesso scriveva, di proprio pugno, su qualsiasi pezzo di carta, pacchetti di sigarette, tovaglioli, carte da lettere degli alberghi, tanto da lasciare una ineluttabile scia della sua personale vita e che addirittura può essere accredita come totale opera letteraria dello stesso Jimi Hendrix.
Un libro che, dopo tanti anni dalla sua scomparsa, riesce a riflettere nitidamente, come una forma che si riflette in uno specchio, l’immagine della sua straordinaria e peculiare esistenza.
Lo specchio. Negli ultimi anni della sua vita Jimi era ossessionato dallo specchio.

“…Secondo la tradizione dei nativi americani, lo specchio è la condizione abituale dell’umanità, rappresenta uno stato di auto-imprigionamento, il punto di vista limitato e privo di creatività da cui osserviamo il mondo. In questa logica, infrangere lo specchio dove ciascuno guarda solamente se stesso significa superare una visione ristretta della realtà e giungere alle infinite possibilità della fonte creativa stessa.”[Joseph Campbell]

Sin dal primo capitolo emerge il forte desiderio di Jimi Hendrix di fare musica, di suonare e comporre. Un amore incontenibile che prendeva già una forma concreta fin dalla sua tenera età e che rapidamente si strutturava con gli ascolti dei dischi che lui adorava, quelli di Muddy Waters, di Chuck Berry e del suo idolo Robert Johnson. Quei sogni, quel desiderio di divenire un grandioso musicista, unico nel suo genere, vivevano in lui. Da sempre.

«Io me ne stavo al piano di sopra. Sentivo suonare Muddy Waters, Elmore James, Howlin’ Wolf e Ray Charles. Era un suono bello pieno, tutt’altro che malvagio.»

Lo studio della chitarra non è certamente semplice, soprattutto acquisire competenze in completa autonomia didattica, ma questo è vero solo per le persone senza talento. Jimi, intraprese lo studio della chitarra totalmente da autodidatta e, con bramosa ossessione, ascoltava continuamente i vinili di musica blues e le riproponeva immediatamente ad orecchio con la sua prima chitarra con un’abilità impressionante. Tutti i suoni, dall’accordatura agli assoli dei brani fino alle prime interpretazioni live avvenivano sempre nello stesso modo: prima le ascoltava, poi le riproponeva con mirabile qualità.

«Una sera, un amico di mio padre era sbronzo e mi ha venduto la sua chitarra per cinque dollari. Ero mancino, non sapevo di dover montare le corde al contrario, ma ricordo di non aver provato la sensazione giusta. Ho pensato fra me e me qui qualcosa non torna. Allora ho girato le corde ma così facendo l’accordatura è saltata. Non avevo la minima idea di come si accordasse uno strumento, quindi sono andato in un negozio, ho pizzicato le corde di una delle chitarre in esposizione. Dopo, ho potuto accordare la mia. Ho iniziato a suonare la chitarra a 14 anni… suonavo nel cortile di casa e i ragazzi venivano sentirmi… e mi dicevano che ero bravo.»

Tra le righe stampate sui fogli bianchi tra tinte in nero ed in viola, le pagine scorrono rapidamente sotto i miei occhi, con velocità che definirei inverosimile. Jimi si racconta apertamente regalando al lettore una vivida tangibilità dei suoi più reconditi momenti di vita: dall’esperienza nell’esercito, al suoi live mal pagati con Little Richard, al periodo nel Greenwich Village, alla passione per i testi delle canzoni di Bob Dylan, ai motivi della sua scelta della Fender Stratocaster e fino ai concerti nel Sud ed a Nashville, che descrive come la migliore città per imparare a suonare seriamente la chitarra.

«Quando suoni davanti ad un pubblico che non si accontenta mai, prima o poi inizi a trovarti noioso tu stesso. L’idea di suonare la chitarra con i denti, mi è venuta in un posto in Tennessee. Laggiù o suoni coi denti, o ti sparano! C’era una scia di denti rotti su tutto il palco.»

Poi l’incontro nel 1966 con Mick Jagger, che ambiva ad averlo in un suo tour, poi le trattative con le prime case discografiche e l’incontro magico con il bassista degli Animals, Chas Chandler, fino alla partenza per l’Inghilterra, il suo primo vero gruppo, Jimi Hendrix Experience ed i primi grandi successi discografici.

«La prima volta che ho suonato la chitarra in Inghilterra è stato con i Cream. Lo stile di Eric Clapton mi piace. I suoi assoli ricordano Albert King.»

Jimi ha sempre odiato le etichette e tutte le convenzioni impartite dalla società. Tra le righe nere del libro traspare tutto l’odio verso le definizioni che discograficamente catalogavano i sui dischi come una musica “psichedelica”. Lui stesso si contrapponeva al genere musicale che era principalmente influenzato dalle sostanze chimiche, affermando, con enfasi, che la sua musica non era quella, ma bensì una miscela di più generi fusi tra loro: rock, blues, jazz, freak, funky, dunque una musica elettrica in continua evoluzione e per tale motivo non poteva essere inquadrata in un'unica classificazione superficiale. Lo stesso Hendrix propose un genere che più si adattava alla sua musica ed alle sue composizioni e che la definì: “Free Feeling”, ovvero “Sensazioni in libertà”.

«Sul quel palco ci sono io, e lassù mi do da fare. Cerco sempre di cavare dallo strumento qualcosa in più. Certe volte salto sulla chitarra, altre invece sfrego le corde con tasti del manico. Più le si sfrega, più stridono. Posso sbattere la chitarra contro l’amplificatore, sedermici sopra oppure suonarla con i denti. Capita anche che mi venga voglia di suonarla col gomito. Non ricordo tutto quello che faccio. È il mio stile. Morirei di noia se non ci mettessi l’anima.»

Durante la lettura del libro, un testo che personalmente ho trovato molto appassionante, traspare tutta la sua frenica vita, intensa, passionale, libera, profonda e decisamente sensazionale. Un’artista con il vivo desiderio di innovare il panorama musicale, con strabilianti performance, alla ricerca di un «accordo perduto», per donarsi interamente al suo pubblico, senza nessuna riserva. Un uomo con una personalità certamente complessa, ma con aspetti di vita decisamente profondi nel suo significato più ampio, che spaziano dall’amore puro per la musica e per i festival e le esibizioni live che lui stesso voleva fossero completamente gratuite, all’ossessione per quella spasmodica ricerca di equilibrio tra le note di chitarra ed i testi, il disprezzo del denaro, alle ricerca mistica del significato della vita, all’odio sempre crescente per quel sistema che chiamiamo società fino alla appalesata nausea per le case discografiche e gli studi di registrazione.

«Sono stanco. Ho perso la strada, non sono più in grado di suonare. Ho lavorato sodo per tre anni e ogni volta che suono, sacrifico una parte della mia anima. Certe cose mi ricaricano all’istante. Ma un istante può anche logorarmi.»

Con un duro approccio critico letterario, questa ennesima pubblicazione sulla vita di Hendrix potrebbe essere approssimativamente inteso come un’ulteriore manovra a fini speculativi, commerciali e dallo spietato scopo di lucro sull’inesauribile figura leggendaria di Jimi Hendrix. Personalmente e con estrema franchezza, ho piacevolmente gradito la lettura di questa autobiografia, che ho trovato molto coinvolgente ed a tratti appassionante e che rivela, agli occhi di chi legge, una diversa visione globale della vita artistica del chitarrista di Seattle. Un libro che si rivolge anche ad un pubblico più ampio, eterogeneo, di qualsiasi età e non necessariamente di nicchia ed appassionato di musica e di chitarrismo. È un saggio che, nella sua interezza, appare molto scorrevole nella sua lettura, e arricchito con interviste, iconografie, testi delle sue canzoni e che riesce a descrivere abilmente e con lucidità una vita musicale folgorante, ma questa volta narrata direttamente dalla ricostruzione della memoria di Jimi Hendrix.
Un Jimi decisamente diverso da come lo si conosceva fino ad oggi, perché questa volta sono le sue mani a narraci la sua storia, la sua vita, il suo universo visionario.
Questa è la vita del più grande chitarrista che sia mai esistito.

«Quando avrò la sensazione di non aver altro da offrire a livello musicale, ecco sarà il momento in cui io diventerò irrintracciabile. Se non avrò moglie e figli sparirò dalla faccia della terra, perché non avendo più nulla da comunicare attraverso la musica non ho più niente per cui valga la pena vivere.
Non so se arriverò a 28 anni, ma mi sono accadute cose meravigliose negli ultimi tre.
Il mondo non mi deve nulla.
…è strano il modo in cui la gente dimostra il proprio amore per chi muore. Devi morire prima che ti riconoscano qualcosa. Una volta morto, sei pronto per la vita.
Quando non ci sarò più non smettete di mettere su i miei dischi.»


::: ::: ::: RIFERIMENTI ::: ::: :::
Genere: autobiografico
Prezzo: € 22,00
Autore: Jimi Hendrix. A cura di Alan Douglas e Peter Neal
Traduzione di Alessandro Mari
: Einaudi
Collana: Stile Libero Extra
Data uscita: 08/07/2014
Pagine: 264
Formato: 3.5 x 21.5 - copertina flessibile
ISBN-10: 8806216538
ISBN-13: 978-8806216535



Leo63
Domenica 27 Luglio 2014, 19.25.23
2
Una bella disamina.è poi hendrix è stato un grande chitarrista punto e basta. I passaggi che hai estrapolato sono da brividi.
Lizard
Domenica 27 Luglio 2014, 15.42.00
1
Me lo sono ritrovato davanti qualche giorno fa e la tentazione dell'acquisto è stata fortissima. Mi ha fermato solo il fatto che avevo già speso fin troppo in libri quel giorno. Chissà che non ci ripensi
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