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NUCLEAR WAR NOW! FEST - Day 1, Fritzclub, Berlino, Germania, 07/11/2014
17/11/2014 (3150 letture)
Giunto alla sua quarta edizione, torna puntuale nella sua scadenza biennale il Nuclear War Now! Fest, evento organizzato dall'omonima etichetta americana, diventata nel corso degli anni uno dei principali punti di riferimento per il bacino d’ascoltatori più death/black metal-oriented. Nell'accogliere all'interno del suo roster molti dei gruppi di spicco del genere, il festival si presenta come un’occasione allettante per vedere all'opera tutte insieme band che hanno collaborato o che collaborano tutt'ora con la label, come è successo negli anni precedenti con i Blasphemy o con i giapponesi Sabbat, favorendo di fatto la nascita di un clima unico, fortemente debitore dello spirito e dell’approccio che tutti i partecipanti all'evento tendono a preservare.
L’edizione di questo anno si presenta particolarmente interessante sia per la presenza nel bill dei Nocturnus, rappresentando un’occasione rara di vederli all'opera con un set esclusivamente incentrato sui demo dei loro esordi, sia per la possibilità che ci è offerta di vedere per la prima (ed unica) volta esibirsi live i canadesi Conqueror.

Il 6 novembre è tutto pronto per la partenza alla volta di Berlino. L’allerta meteo che da qualche ora incombe sulla Capitale accresce un po’ di preoccupazioni su quello che potrebbe essere il destino dei nostri voli, ma fortunatamente nessuna delle nostre ipotesi pessimistiche si verifica e giungiamo nella Capitale tedesca senza troppi traumi e, soprattutto, carichi per immergerci nella due giorni all'insegna del metal estremo.
Sono le 12.00 di un caldo e soleggiato 7 novembre e siamo nel quartiere di Postbahnhof, non molto lontani dagli ultimi resti dal Muro che proprio in questi giorni viene riportato a memoria con installazioni che ne ripercorrono le tracce, a distanza di 25 anni da quel novembre 1989 in cui venne aperto il varco tra blocco est e blocco ovest berlinese. Al Fritzclub, un complesso di ex-capannoni del carico postale restaurati, il botteghino è già aperto ed il locale inizia ad accogliere il pubblico accorso, già abbastanza numeroso.

DEMONOMANCY
Sono i romani Demonomancy ad essere investiti dell’onere e dell’onore di dare il via ufficiale al quarto volume del NWN Festival. Abbiamo già avuto modo di incontrarli di spalla a Disma/Convulse e Bunker 66/Barbarian, ma in questa sede li riscopriamo in una veste scenica rinnovata. Catene incrociate sul petto, borchie e facepainting restano saldamente tra le declinazioni principali del look della band, ma la prerogativa “bestiale” viene macchiata da sfumature più occult/doom con la scelta del singer Witches Whipping di indossare una camicia sacerdotale che sprigiona suggestioni disturbanti. Il breve intro ci fa calare nelle atmosfere da rituale che saranno persistenti durante tutto il live dei Demonomancy, sfociando in Rites of Barbaric Demons, tratto dall’omonimo debutto del 2011. La maggior parte del set si concentrerà sui pezzi contenuti all’interno dell’ultimo full length Throne Of Demonic Proselytism, ma ci sarà spazio anche per una cover dei cechi Master’s Hammer, Ritual, che troverà una corposa risposta da parte del pubblico presente in sala. La carica e la decisione con le quali è stato condotto tutto lo show hanno assicurato l’ottima riuscita dell’esibizione, vedendo come unico intoppo, purtroppo, la rottura di una delle corde del basso di Sin Desecration, costretto a fare un repentino cambio dello strumento durante gli ultimi pezzi.

KATECHON
Rispettando in maniera impeccabile le tempistiche prefissate, si procede al cambio palco ed al breve line-check dei successivi Katechon. Il gruppo norvegese si distaccherà di netto dall’approccio adottato dai predecessori, preferendo un look più sobrio ed avendo una presenza scenica più defilata. Avevo avuto modo di ascoltare il loro album di debutto, Man, God, Giant, uscito proprio per la Nuclear War Now! Production a giugno dell’anno scorso, ma ho trovato la resa live dei pezzi meno accattivante di quanto risultasse in studio. Il loro black metal si articola in maniera abbastanza classica e la loro esibizione, tutto sommato poco carismatica, ha manifestato punti di interesse solo in concomitanza con le sporadiche incursioni grind/d-beat, che le hanno conferito un carattere decisamente più stuzzicante e che forse i Katechon dovrebbero sfruttare maggiormente per ottenere un sound dal sapore meno insipido. Anche il pubblico mi è sembrato meno partecipe -oltre che meno numeroso- durante la performance, per cui ho trovato poco azzeccata la loro collocazione come secondo gruppo del festival, in quanto ha sortito un effetto ammortizzatore della calorosa risposta che, al contrario, c’era stata in apertura.

MEFITIC
I bergamaschi Mefitic sono il secondo gruppo ad essere stato chiamato in causa dalla nostra penisola italica, un particolare che ci rende molto orgogliosi di avere ben due rappresentanti del nostro sound più oscuro ed asfissiante. La band oggi si esibisce con una line-up rinnovata, che ha visto l’ingresso del batterista Axor, già membro nei blackster Imago Mortis. La scaletta si concentrerà esclusivamente su pezzi ancora inediti, che saranno contenuti all’interno del prossimo full length, di cui ancora non si conoscono i dettagli. Avere la fortuna di ascoltarli in anteprima è stata un’occasione per far accrescere aspettative molto alte intorno alla nuova release, che sembra ricostruire le coordinate dimensionali già identificate con i precedenti lavori, densi di atmosfere sulfuree e putrescenti. Gli unici due brani pescati dal più recente passato saranno Grievous Subsidence e The Swirling Columns of Staleness, entrambi estratti dell’EP uscito nel 2012. Un’esibizione davvero impeccabile, durante la quale i Mefitic hanno dato prova di un sound granitico e lacerante, come del resto consumate e dilaniate appaiono le loro vesti, quasi fossero appena tornati da un lungo viaggio tormentato.

BESTIAL RAIDS
Una piccola modifica nei programmi del festival viene apportata intorno alle 16.00, ora in cui si sarebbero dovuti esibire i Black Witchery che, per alcuni disguidi, saranno costretti a rimandare il loro ingresso, scambiandosi di posto con i polacchi Bestial Raids. Quando Sadist e compagni salgono sul palco annichiliscono letteralmente tutti gli astanti, conducendo uno show denso di cattiveria e brutalità. I ritmi si fanno progressivamente più perversi e serrati e la scelta di concentrare la scaletta principalmente su Prime Evil Damnation -senza dubbio il miglior lavoro della loro discografia- ha assicurato una maggior enfasi anche nel coinvolgimento del par terre. Il clima è già sufficientemente riscaldato per notare un pubblico in delirio davanti alla bestialità del terzetto, che coglie l’occasione per eseguire per la prima volta due pezzi inediti che saranno inseriti nel prossimo album. Come per i Mefitic, anche nel loro caso questo piccolo assaggio ci fa ben sperare sull’immediato futuro della band, solleticando di fatto il nostro appetito musicale.

BLACK WITCHERY
Ecco finalmente giunti ai primi grandi ospiti della giornata. Nonostante la loro comparsa non sia inedita, rappresentando oramai una presenza fissa all’interno del bill del NWN, i Black Witchery riescono in ogni caso ad attrarre a sé un folto numero di proseliti, pronti ad assecondare le loro sataniche invocazioni. Impurath dall’alto della sua tunica nera richiede spesso l’attenzione di tutti i metalheads, mandando in delirio i fan italiani raccolti nelle prime fila, dedicando loro l’esecuzione di Command Of The Iron Baphomet. Sarà proprio sull’album Desecretion of The Holy Kingdom che verranno focalizzate tutte le attenzioni: da qui verranno, infatti, eseguite, tra le altre, Crush The Messiah ed Unholy Vengeance of War/Into Damnation Eternal, queste ultime presenti nello split prodotto insieme ai Conqueror. Il solo accenno allo split, fatto dal frontman proprio come presentazione di Into Damnation Eternal, farà innalzare un assordante boato, sintomo di quanto sia incontenibile l’attesa per l’esibizione, prevista il giorno successivo, del gruppo canadese.

GRAVE UPHEAVAL
Cambiamo nettamente atmosfera con l’ingresso degli australiani Grave Upheaval, che ci trascinano in uno scenario oscuro e fuligginoso, in cui il death metal si incrocia con interferenze più mistiche e “spirituali”. La loro particolarità è senz’altro quella di essere ostili a qualsiasi titolo, sia esso riferibile al loro unico full length prodotto o ai brani in esso inclusi o, non trascurabile, alla loro stessa identità, nel tentativo di alimentare una certa coltre di mistero attorno alla loro immagine. L’incedere lento contribuisce a ridurre drasticamente il coefficiente di accelerazione che sembrava essersi affermato con il progredire del festival ed il cantato del frontman trova sfogo anche nell’esecuzione di parti più tremole, che ci riportano alla mente le litanie gorgheggiate durante i riti sciamanici. I Grave Upheaval sono senza dubbio un gruppo interessante, sia dal punto di vista concettuale che dal punto di vista stilistico, ma alla lunga li ho percepiti un po’ ridondanti e noiosi, non riuscendo a trovare pienamente un coinvolgimento durante la loro ora di esibizione.

IMPURITY
E’ incredibile la velocità con la quale il tempo sia trascorso, tra pochi intervalli mangerecci, giri agli stand del merchandising e molti bicchieri di birra. Così, mi rendo conto che è già quasi ora di cena quando a salire sul palco tocca ai diretti predecessori degli headliners.
I brasiliani Impurity sono pronti a vomitarci tutta la loro pluriventennale esperienza, avvalendosi del grandissimo carisma del frontman Ram Priest. Unico membro rimasto della formazione originaria, Ram svolge egregiamente il suo ruolo di predicatore, facendosi portavoce di tutto il satanismo e l’occultismo di cui sono imbevute le lyrics. Il suo modo di cantare rozzo e disturbante, sembra davvero emergere da un sottosuolo putrescente ed al suo fianco notiamo l’altro membro più vecchio della formazione, il chitarrista Ron Seth che, chiuso nel suo cappuccio da boia e puntellato di borchie, incarna in maniera molto credibile ed inquietante il ruolo del fustigatore. L’esibizione degli Impurity si evolverà in un crescendo di blasfemia e sporcizia, rendendo quasi automatico il paragone con i connazionali Sarcófago e Mystifier e riponendo l’accento su un approccio più terribilmente old school e crudele, che si era notevolmente affievolito con la parentesi lenta e doomy aperta dai Grave Upheaval.
Il set scorre portando alla luce i pezzi di The Lamb’s Fury, il full length con cui il gruppo debuttò nel ’93, divenuto un prodotto di culto per tutti gli appassionati del genere. I brani ci scuoteranno con la loro struttura granitica ed essenziale, avvalendosi proprio della nudità di orpelli e della prepotenza con la quale si impongono, per insinuarsi morbosamente nelle nostre teste rendendo di fatto impossibile non lasciarsi trasportare in un coinvolgimento totale. Una bella scossa, insomma: gli Impurity nel renderci partecipi di uno show impeccabile, dimostrano di essere ancora molto validi ed efficaci in sede live, spazzando via senza troppi convenevoli ogni barlume di religiosità residuo nell’aere per sbatterci in un magma infernale e corrosivo.

NOCTURNUS
Ci siamo: l’adrenalina inizia a scorrere per l’ingresso degli americani Nocturnus e sembra incredibile ritrovarsi davanti a loro dopo tutti questi anni dallo split. Certo, Mike Browning ha successivamente ripreso l’attività live della band (nonostante non si sia mai parlato di reunion), proponendo i pezzi dallo storico album The Key, ma questa sera ci è sembrato essere davanti ai Nocturnus nella loro inossidabile integrità, piuttosto che in qualche surrogato “A.D.”. E ce lo dimostra la scelta di prediligere nella selezione esclusivamente i pezzi contenuti all'interno dei primi due demo: l’omonimo Nocturnus ed il successore The Science of Horror ci fanno affondare nei ricordi ed ascoltarli è come riaprire delle vecchie sbucciature, quando per muovere i primi passi nel mondo del death metal si doveva necessariamente passare da qui. Il loro stile unico, che mescola la brutalità death alle venature più progressive inferte dalle tastiere, sembra non essere stato minimamente intaccato dal tempo e ci travolge senza pietà, lasciandoci letteralmente tramortiti ed attoniti di fronte all'incredibile classe di Browning e soci. E’ sul serio un’esperienza incredibile trovarseli a pochi metri di distanza: Mike è in formissima e dal retro della sua batteria è un inesauribile macinatore di tupa-tupa e growl, trovando il tempo anche per interagire col pubblico, tra un pezzo e l’altro, assorbendo tutte le meritatissime ovazioni.
Del resto, ci troviamo davanti ad un uomo che incarna senza pochi fronzoli un pezzo consistentemente significativo della storia del death metal americano, essendo stato tra i fondatori, nel 1983, dei Morbid Angel, nonché tra le colonne portanti degli Incubus. Non verranno risparmiati neanche loro nelle citazioni musicali di questa sera, trovando il giusto tributo con l’esecuzione delle cover di Chapel of Ghouls, Demon Seed ed Angel of Disease e dei tre pezzi estratti dall’unico demo omonimo prodotto dagli Incubus, ossia God Died on His Knees, Reanimator's Mutilations e Engulfed in Unspeakable Horrors. La band sarà talmente tanto osannata dal par terre che proseguirà la sua esibizione ben oltre le tempistiche stabilite, sfociando in un’ulteriore mezz'ora durante la quale ci sentiamo in uno stato d’estasi completamente immersivo. Ovviamente, non poteva mancare qualche pezzo preso a campione da The Key, come Lake of Fire e Andromeda Strain, ma resteremo cristallizzati sul finire degli anni ’80, assuefacendoci di un sapore piacevolmente old school.
Alcuni sono rimasti interdetti dalle cover eseguite, perché hanno trovato in qualche modo snaturalizzante ascoltare i brani rimodellati con l’ausilio delle tastiere; ma del resto è questo il marchio Nocturnus ed il termine del loro concerto ci lascia pienamente soddisfatti di quanto ci siamo appena resi testimoni. Non mi viene nessun altro modo per descriverli, se non sottolineare quanto si siano dimostrati degli autentici mostri. Superiori sotto ogni punto di vista, hanno fatto schizzare a livelli altissimi la qualità, già di per sé promettente, di tutta la giornata.

Stanchi, ma con l’entusiasmo ancora nelle vene, ci allontaniamo dal locale per andare al consueto after-party che si svolgerà al Blackland, dove avremo modo di incontrare tutti i membri delle band in tenute decisamente meno formali. E’ tempo, dunque, delle ultime birre, nell'attesa del secondo ed ultimo giorno di festival.

Clicca qui per leggere il report del Nuclear War Now! Fest - Day 2



Max
Lunedì 17 Novembre 2014, 18.52.15
1
Di Nocturnus comunque hanno solo il nome, sarebbe meglio dire gli After Death fanno cover dei Nocturnus...
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