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BRUTAL ASSAULT - Day 3 - Josefov, Repubblica Ceca, 10/08/2018
30/08/2018 (1302 letture)
DAY 3

E-FORCE
E-Force è un calembour basato sul nome del fondatore e cantante/bassista Eric Forrest, noto per la sua militanza nei Voivod nella seconda metà degli anni ’90, in un periodo criminalmente sottovalutato dell’incredibile carriera dei canadesi, in cui – dopo essersi separati dal cantante storico Snake – il gruppo sperimentò sonorità più estreme, cupe, claustrofobiche, al limite della definizione di industrial, partorendo gli eccellenti Negatron e Phobos. Due album sinistri, estremamente interessanti, ricchi di spunti creativi come soltanto i Voivod potevano proporre. Gli E-Force, dapprima nati come un progetto inedito relegato all’underground per quasi un ventennio, si ripropongono oggi di riportare dal vivo quel materiale dei Voivod, rivisitandone una selezione di pezzi. Dato il mio feticismo assoluto per i Voivod, ho approcciato questo concerto con molta curiosità ma preparato alla critica; devo dire che ho trovato il set degli E-Force molto godibile ed è stato un vero piacere sentire pezzi come Rise, Insect e Nanoman riprodotti dal vivo con cura e soprattutto cantati da Eric. Anche l’esecuzione chitarristica, così come la scelta di suoni ed effetti, è stata assolutamente all’altezza delle aspettative nonostante la delicatezza del ruolo. Certo, questo show è stato più da considerarsi una chicca, ma decisamente più dignitoso di una cover band (nonostante il coinvolgimento del frontman sia stato piuttosto marginale nella composizione dei pezzi, almeno rispetto al contributo di Piggy e Away, fondatori dei Voivod). - Nicko

SADISTIC INTENT
Molto interesse si è creato anche attorno ad un gruppo così iconico come i Sadistic Intent, nonostante sia oramai diventato molto meno raro avere occasione di incrociare un loro live: dopo l’incredibile concerto che ho avuto occasione di vedere a Dublino due anni fa, i deathsters californiani hanno infatti incominciato a girare molto più spesso in Europa, facendo alcune tappe anche in Italia. Questa loro esibizione sarà più ristretta nei tempi per motivi di scaletta del festival, ma il concerto sarà comunque degno delle aspettative: i fratelli Cortez, storici fondatori del gruppo, infliggono infatti colpi di plettro aggressivi e ci fanno godere di magmatici momenti di rallentamento che rendono i pezzi ancora più putrescenti. Dal classico Impending Doom… del 1990 verrà eseguito l’omonimo pezzo, mentre da Resurrection verranno eseguite Asphyxiation, Condemned in Misery, per poi pescare anche dalla discografia più recente della band come nel caso di Numbered With the Dead, tratta dallo split con i Pentacle del 2016. La scaletta sarà quindi molto serrata, conquistando il pubblico di appassionati di death metal e dimostrando come lo spirito old school per i Sadistic Intent sia rimasto fedele a quello degli esordi. - Selenia

SETLIST SADISTIC INTENT
Asphyxiation
Numbered With the Dead
Ancient Black Earth
Condemned in Misery
Impending Doom
Fear of Obscure


NEOCAESAR
I Neocaesar sono un monicker relativamente nuovo per una line-up di veterani a dir poco: trattasi di 3 membri della formazione originale dei Sinister (il cantante Mike e il chitarrista Bart, membri fondatori, così come il bassista Michael), e il batterista Eric, anch’egli per un certo periodo nella band death metal olandese. Avevo già avuto modo di conoscerli organizzandogli la loro prima data italiana ad inizio anno, ed è stato un piacere vedere che un festival delle dimensioni del Brutal Assault abbia ritagliato loro uno spazio. La loro prestazione dal vivo è veramente annichilente. Si possono immaginare i Sinister di Hate ma con un drumming ancora più estremo, sebbene la formula di base sia immutata: riff e linee vocali incisive ma catchy, sebbene senza mai ricorrere a soluzioni che si possano dire banali, ed un’esecuzione compatta. Segnalo con piacere che sebbene Neocaesar siano ancora un mezzo segreto ben custodito dell’underground europeo, a giudicare dalla loro popolarità almeno, tra il pubblico trovano membri di Immolation, Broken Hope, Misery Index… La voce di Mike è subito riconoscibile e dà carattere a ciascuno dei pezzi, e anche i suoni premiano l’esibizione dei nostri, dando non solo l’impressione di musicisti di esperienza (cosa piuttosto scontata, in effetti) ma anche di una line-up ben rodata e pronta per i maggiori palchi estremi europei e non. - Nicko

PESTILENCE
Seppur con una manciata di minuti di sovrapposizione con il set dei Neocaesar, ho modo di rivedere i Pestilence in una cornice di pubblico veramente strabordante, considerando che ancora si tratta di uno show pomeridiano. Un discutibile Mameli, che dà la propria interpretazione di “attitudine” esibendosi in tuta, bevendo latte da un brick e usando il proprio smartphone come gobbo per i testi, prosegue con l’intenzione di portare dal vivo solo scalette classiche (nonostante la recente nuova release) affidandosi ad una line-up dal vivo che definire preparata sarebbe poco. In particolare il batterista rumeno Septimiu, già incredibile nei Disavowed sullo stesso palco alcuni anni fa, si distingue per una precisione robotica e ne premierei la scelta di esibirsi a metronomo, che ha reso a mio parere ancora più solida la prestazione (scelta non comune nel death metal classico). Sebbene sia impressione diffusa che il frontman approcci Pestilence come un business (da cui la scelta popolarissima di proporre solo scalette “old school”), si potrebbe dire che quasi all’unanimità l’esecuzione abbia convinto tutti, mostrandosi non solo fedelissima all’originale, con suoni di chitarre accuratamente scelti, ma che sia riuscita ad esaltare l’enorme pubblico, vincendo a mani basse con classici ben noti a quasi l’intero pubblico metal estremo, come Out of the Body o Twisted Truth. Il tempo a disposizione è sfruttato al millisecondo, centellinando le pause e riducendo al minimo saluti e ringraziamenti. - Nicko

SETLIST PESTILENCE
Non Physical Existent
Antropomorphia
Subordinate to the Domination
Commandments
Dehydrated
Chronic Infection
The Secrecies of Horror
Twisted Truth
Land of Tears
Out of the Body


MISERY INDEX
Subito a seguire si ebiscono i Misery Index, gruppo death grind del primo cantante/bassista dei Dying Fetus, Jason Netherton, che da ormai oltre 15 anni propongono un mix aggressivo di tempi grind, tecnica death metal e groove hardcore quando serve. Ascesi ormai a vera e propria istituzione nel genere che propongono, sono annoverati tra i migliori gruppi live per la prestazione particolarmente energica che li contraddistingue, e che soprattutto caratterizza le due voci, nonché per la sbalorditiva tecnica batteristica di Adam Jarvis (attualmente anche batterista dei Pig Destroyer), che si distingue per varietà e abilità nei fill. Impossibile non restare veramente ammirati nel vederli suonare, anche se ammetto che sulla lunga (verso la fine di questo set da 50 minuti, almeno) mi risultino un po’ pesanti – dopotutto la formula dei pezzi, sebbene interpretata magistralmente, non lascia troppo spazio a sorprese. Raramente comunque mi viene da pensare a discografie così coerenti e solide quando si tratta di band a questo livello professionale, con quelle che mi immagino essere le scadenze contrattuali di pubblicazione e gli impegni di una vita in tour – non si riesce a trovare un pezzo che non vada dritto al punto (lo stesso si può dire del nuovo promo I Disavow promosso durante questo tour estivo), o un album che sembri meno ispirato; resta solo da immaginare che questa gente respiri e viva di death/grind. - Nicko

SETLIST MISERY INDEX
The Carrion Call
The Great Depression
Conjuring the Cull
The Harrowing
The Spectator
I Disavow
Ghosts of Catalonia
The Seventh Cavalry
Ruling Class Cancelled
Traitors


SHE SPREAD SORROW
Guadagno la mia posizione nel ventre del K.A.L. per apprezzare l’esibizione della prima rappresentanza italiana che si esibirà al festival: She Spread Sorrow è infatti il nome d’arte della piemontese Alice Kundalini, che avevo scoperto da qualche tempo grazie al lavoro pubblicato per l’inglese Cold Spring, un punto di riferimento per i seguaci di industrial, neofolk e power electronics e che qui trovano uno dei principali “pusher” di suoni disturbanti ed ansiolitici, insieme alla storica sorella svedese Cold Meat Industry. Le trame proposte da She Spread Sorrow sono infatti orientate verso un’elettronica sperimentale molto cupa, definita dalla stessa musicista come “ritual deathscape”, una coppia di termini molto evocativa di ciò che in effetti viene stimolato dall’atmosfera livida dei suoi paesaggi musicali. In alcuni momenti mi sono venuti spontanei dei paralleli musicali con Trepaneringsritualen, anche se poi i risultati estetici e gli approcci musicali sono totalmente diversi, ma sono senz’altro due artisti accumunati da un sentire ossessivo ed opprimente, tanto più truculento e bestiale nell’uno, quanto più trascendentale e sinistro nell’altra. I pezzi si fanno portavoce di quello spleen suggerito anche dal monicker della musicista, trasmettendo un umore di tetra intimità in cui è come se l’apparente morbidezza del sottofondo e di alcune tracce vocali più sussurrate, fosse corrotta dalla morbosità delle distorsioni più acide e noisy. Una doppia anima dunque, che agisce come una doppia personalità all’interno della produzione di She Spread Sorrow, un bipolarismo musicale fatto di contrasti viscerali che tuttavia non producono brani schizofrenici, ma composizioni equilibrate ed oniriche. - Selenia

TERROR
Cambiamo radicalmente genere spostando l’attenzione su uno dei gruppi principali della rassegna hardcore del Brutal Assault, a dire il vero ogni anno sempre più ricca: si tratta dei californiani Terror, tra i più noti esponenti odierni del genere, inizialmente dediti a una versione molto veloce e serrata del genere, poi progressivamente passati ad incorporare più elementi metal (e anche metalcore) e mid-tempo “cantabili”. Ho trovato particolarmente esaltanti i pezzi della prima parte della loro discografia, ma l’esibizione è stata così energica che è riuscita a coinvolgermi per tutta la durata del set. Suoni veramente eccezionali, un punch ritmico irresistibile e una reazione a dir poco esplosiva da parte del pubblico, che si estende a perdita d’occhio su tutta l’area del festival. Non è così caratteristico del pubblico dell’est Europa essere così movimentato, ma in questo caso nel pit davanti al palco principale si fa un’eccezione. Il frontman Scott Vogel, tra un discorso motivazionale sulla vita e sulla scena hardcore, come suo tipico, ringrazia l’enorme pubblico ricordando “…che non sono una rock band, ma solo dei ragazzi a cui piace la musica rumorosa” e ammettendo di essere particolarmente eccitato per l’esibizione dei Behemoth quella sera. Mantenendosi vario il festival non solo permette di radunare fan di diversi filoni della musica estrema, ma permette di vedere uno scorcio più ampio di quest’ultima, soprattutto rispetto a molti festival mitteleuropei. Nello specifico, quella dei Terror è da considerarsi una delle esibizioni più divertenti e anche più professionali (in termini di prestanza e presenza scenica). - Nicko

SETLIST TERROR
One With the Underdogs
Overcome
Stick Tight
The Solution
Spit My Rage
Live by the Code
Always the Hard Way
Keep Your Mouth Shut
Out of My Face
Lowest of the Low
Return to Strength
The 25th Hour
No Time for Fools
You're Caught
Keepers of the Faith


WRATHPRAYER
Altro plauso al festival fa per aver accolto una band in tour indipendente, diciamo proprio DIY, come i Wrathprayer, alla loro seconda calata sul continente europeo (se contiamo anche l’esclusivo show al Nuclear War Now qualche anno fa). La proposta del quartetto cileno non è delle più semplici da approcciare, e forse anche per questo si sono ritagliati in questa dozzina d’anni di attività uno status di culto, pur avendo all’attivo soltanto un full e poche altre release secondarie, conquistando anche festival di spicco come il Maryland Deathfest del 2014. Sicuramente si percepisce interesse per il gruppo, che si esibisce già in orario serale nel palco secondario, quello sotto alla tenda. La proposta dei Wrathprayer è certamente accostabile a quella di gruppi come Teitanblood, Pseudogod, Proclamation, e in misura minore ai primissimi Grave Miasma. Un black/death con riffing ad accordi e batteria à la Archgoat o Blasphemy, il tutto immerso in una coltre di riverbero che contribuiscono all’effetto malsano e sulfureo, che rappresenta una componente non trascurabile del contenuto artistico della proposta. Solo luci rosse e fumo a perdere sul palco, per ricreare l’atmosfera claustrofobica che i pezzi di The Sun of Moloch alimentano. L’esecuzione è in linea con gli standard del genere, molto più istintivo e sensazionale che tecnico e ragionato, ma questi cileni lo sanno fare particolarmente bene, ed efficacemente soprattutto. Particolarmente oscuri e riusciti risultano essere i rallentamenti improvvisi, che si appesantiscono con dissonanze assurde che si fanno soffocanti. Per chi fosse interessato a questo gruppo e volesse cogliere la rara occasione di vederli dal vivo in Europa, mi sono preso la briga di organizzare loro la prima ed unica data italiana in carriera, a fine agosto, a Milano. - Nicko

MINISTRY
In occasione del loro nuovo tour a supporto di AmeriKKKant, i veterani dell’industrial metal Ministry mettono subito le cose in chiaro con la scenografia scelta per accompagnarli durante la loro esibizione: due grossi gonfiabili sono posti ai lati dello stage e rappresentano una versione caricaturale di Donald Trump, trasfigurato a mo’ di gallo con una svastica sbarrata disegnata sul petto (riusciamo infatti a riconoscere che si tratta di un riferimento al Presidente americano per il suo iconico ciuffo biondo). Molti dei brani scelti dalla release sosterranno infatti toni apertamente politici, come accade quando viene eseguita Antifa, e non mancheranno di farsi portavoce di dosi generose di polemica nei confronti dell’attuale situazione americana, come provocatoriamente denunciato in Victims of a Clown. Al di là delle questioni extra-musicali, i Ministry saranno comunque protagonisti di un concerto molto adrenalinico, durante il quale il frontman Al Jourgensen darà prova di essere vocalmente e fisicamente in grandissima forma. La sua carriera è ormai storica: partita in piena aderenza con la darkwave/synth pop anni ’80, si è poi inasprito sia nel look che musicalmente con l’avvicinarsi alle contaminazioni più industrial, che hanno esasperato la sua già marcata affinità con il culto dell’elettronica. Al ha poi subìto una forte ibridazione con il mondo “rave”, con cui ha iniziato a sporcare anche la marzialità delle sue composizioni, nonostante i classici chitarroni pesanti che fanno parte del sound tipico dei Ministry non siano stati spodestati dal loro ruolo cardine all’interno delle strutture dei pezzi. Lo stesso Jourgensen, infatti, nel passare dal vecchio al nuovo repertorio rimarcherà con una battuta che, in fin dei conti, “si tratta sempre della stessa roba”: probabilmente una non poco velata frecciatina nei confronti di quanti, nel corso degli anni, si sono distaccati dalla band per incompatibilità con ciò che rappresenta oggi, sia musicalmente che esteticamente a seguito della trasfigurazione fisica che lo stesso cantante ha operato su sé stesso. Personalmente non sono mai stata incline con il fare certi tipi di discorsi: la qualità musicale delle loro ultime composizioni resta imparagonabile ai capolavori del calibro di Psalm 69 ma resta comunque su livelli ottimi e, cosa importante, acquista ancora più mordente e convinzione nel momento in cui i brani vengono eseguiti dal vivo. L’impatto sonoro dei Ministry sarà infatti devastante, con volumi altissimi che avranno un effetto stordente ed al tempo stesso narcotizzante: sarà impossibile non partecipare anche fisicamente per assecondare i loro ritmi frenetici e danzerecci.
Non mancheranno grandi classici del loro repertorio come Just One Fix e N.W.O., anche se sono rimasta piacevolmente sorpresa di ascoltare So What, culmine di un concerto a dir poco perfetto sotto ogni punto di vista.
I Ministry hanno spazzato via ogni dubbio: se proprio dovessimo stilare una classifica, si aggiudicherebbero a mani basse il ruolo di migliori performers di questa giornata.
Dei veri maestri. - Selenia

SETLIST MINISTRY
I Know Words (intro)
Twilight Zone
Victims of a Clown
TV5/4Chan (intro)
Punch in the Face
Señor Peligro
Rio Grande Blood
LiesLiesLies
We're Tired of It
Wargasm
Antifa
Just One Fix
N.W.O.
Thieves
So What


BEHEMOTH
Giungiamo al secondo headliner di questo terzo giorno: i polacchi Behemoth sono senza dubbio tra le band più attese, grazie anche all’annuncio di pochi giorni prima dell’uscita del loro nuovo album, I Loved You at Your Darkest, che ha stimolato curiosità in quanti attendono di ascoltare il nuovo materiale. Devo ammettere che i Behemoth non rientrano più tra i gruppi che seguo con assiduità, nonostante li abbia molto stimati ed ascoltati fino all’uscita di The Apostasy, per me punto d’arrivo ideale all’interno di una discografia che dopo ha regalato decisamente meno soddisfazioni. Dopo questo spartiacque, me ne sono progressivamente distaccata: Evangelion resta ancora su livelli buoni, ma poi forse l’eccessiva mercificazione dell’immagine del gruppo operata dallo stesso Nergal ha intaccato quel valore occulto e innovativo che senza dubbio era rintracciabile nel loro blackened death metal primordiale. Sia chiaro, sarebbe sciocco minimizzare il valore che oramai rivestono meritatamente al livello internazionale e sarebbe anche ingiusto non dare il dovuto rilievo allo spessore che Nergal ha dato prova di avere al livello umano ed anche musicale, come compositore e cultore dell’underground; resta il fatto che proprio non sono riuscita a farmi andare giù questa deviazione quasi “pop” in termini di impatto mediatico, che a mio avviso ha eclissato le sfumature più occulte e meno patinate. Al livello scenico i Behemoth sono comunque dei professionisti e la performance risulterà di altissimo livello: il palco è allestito in modo da essere pregno di simbologie esoteriche e sataniste e fiamme luciferine scandiranno i momenti salienti dei brani, avvolgendo la batteria e creando quasi un muro di fuoco sul bordo frontale dello stage. Queste ultime lingue di fuoco, inoltre, non saranno statiche, ma si inclineranno verso le nostre teste facendoci avere una sensazione di forte calore, quasi come se venissimo sfiorati con il rischio di bruciarci.
Tra i brani scelti, c’è anche il singolo God = Dog, diffuso come anticipazione del disco insieme al videoclip ufficiale (fotograficamente molto interessante, con alcune delle scene strutturate a tableau vivant). Non appena è stato diffuso, il pezzo ha già fatto molto discutere: non si può di certo dire che il titolo scelto brilli particolarmente in genialità, risulta anzi piuttosto banale, nonostante poi Nergal abbia chiarito che si tratta di una citazione crowleyana. Ciò testimonia comunque come sceglierlo come primo singolo sia stata un’ottima strategia di marketing, ipotizzando sia stato fatto di proposito per scatenare una polemica istantanea, perché di fatto la regola del “purché se ne parli” ha fatto in modo che il gruppo risultasse al centro del dibattito degli ultimi giorni. I Behemoth decidono inoltre di omaggiare il pubblico del Brutal Assault con un altro inedito, Wolves ov Siberia, che si è incastonato perfettamente all’intero di una scaletta che ha privilegiato soprattutto il penultimo The Satanist, che personalmente non ho molto apprezzato, ma che non ha disdegnato a fare un cenno al ben più riuscito Demigod del 2004. I polacchi sono letteralmente osannati da tutto il pubblico che si accatasta sotto il palco e che si sfoga con vere e proprie urla di eccitazione quando Nergal scende più in basso e, impugnando la chitarra innalzandola come un trofeo, prosegue con le sue plettrate aggressive. L’inno più atmosferico O Father O Satan O Sun! mette il punto finale ad un concerto oggettivamente ottimo: si potrà non concordare con certe posizioni stilistiche e con la sensazione che oramai nella loro proposta ci sia molto preconfezionamento “ad hoc” e poca spontaneità artistica, ma non si può non riconoscere la caratura di un gruppo che ha dimostrato di lasciare un fortissimo impatto scenico in chi lo ammira dal vivo. - Selenia

SETLIST BEHEMOTH
Ov Fire and the Void
Demigod
Ora Pro Nobis Lucifer
Conquer All
God = Dog
Messe Noire
Alas, Lord Is Upon Me
Wolves ov Siberia
Blow Your Trumpets Gabriel
Decade of Therion
At the Left Hand ov God
Slaves Shall Serve
Chant for Eschaton 2000

Encore
O Father O Satan O Sun!


CARPATHIAN FOREST
Mi guadagno rapidamente una posizione vicino le transenne perché ho finalmente modo di vedere i norvegesi Carpathian Forest: ho molti ricordi adolescenziali legati a loro e, una volta scoperti ascoltando il bellissimo Morbid Fascination of Death, sono diventati sicuramente un punto di riferimento per me che trovavo un mix letale e stimolante nel loro black metal ibridato con il punk ed intriso di tematiche sessuali più estreme. Sono molto entusiasta quindi nel momento in cui Nattefrost mette piede sul palco sulle note di Through Self-Mutilation, gettando arrogantemente per terra la sua sigaretta accesa e poggiando davanti alla batteria la sua personale bottiglia di vino bianco. Aver avuto questo quadro nei primissimi istanti del concerto, ha già fatto intuire quale sarebbe stata l’evoluzione (o involuzione) dello show: chi conosce Nattefrost oramai non si fa più problemi del fatto che abbia completamente abbandonato l’assetto da blackster per sposare il punk come stile di vita. Questo è evidente sia per il suo approccio estremamente scomposto nel muoversi sul palco, quasi fosse scocciato e si sentisse fuori luogo, sia nel modo di “cantare” in maniera del tutto priva di un’interpretazione degna del mood originalmente espresso dai brani. Nel caso della cover dei Cure, A Forest, l’effetto è quasi caricaturale: non viene conservato nulla di quella atmosfera che tanto mi aveva rapita con il suo essere spiazzante e fin troppo delicata per provenire da un gruppo norwegian black metal; oltre al fatto che da Black Shining Leather mi sarei quanto meno aspettata che al posto della cover eseguissero Sadomasochistic (il live in Poland del 2004 resta tra i miei video YouTube più guardati). Mi accontento tuttavia della titletrack, oltre ad una manciata di pezzi estratti proprio da Morbid Fascination of Death, anche se non mancheranno battute di introduzione che faranno calare un gelo di siderale imbarazzo misto ad una sana risata di partecipazione, soprattutto quando prima di The Suicide Song il frontman ci raccomanda con evidente sarcasmo di non pensare al suicidio, non nascondendo neanche la sua mancanza di stima nei confronti del death metal dei greci Dead Congregation che si esibiranno subito dopo di loro.
Fatto sta che per poter apprezzare i Carpathian Forest oramai bisogna distaccarsi mentalmente ed emotivamente da ciò che hanno rappresentato per la scena black metal scandinava, un’eredità di cui portano il peso ma che sembra non rispecchiare la personalità in cui Nattefrost si vuole identificare e che del resto era già abbastanza palese nelle sue produzioni soliste. È fondamentale operare infatti una conversione nei confronti del punk, perché è solo in questo modo che si può sorvolare sulla resa tecnica che ha fatto certamente impallidire e indignare i blackster più fedeli, per essere meno severi e poter godere anche di un’esibizione di questo tipo.
Del resto le cose sono state rese chiare fin dall’inizio: “We are Carpathian Forest and we play rock’n’roll!!”.
Seems legit. - Selenia

SETLIST CARPATHIAN FOREST
Through Self-Mutilation
One With the Earth
Knokkelmann
Likeim
Doomed to Walk the Earth as Slaves of the Living Dead
When Thousand Moons Have Circled
Black Shining Leather
A Forest (The Cure cover)
Rock'n Roll Glory Hole
Bloodcleansing
I Am Possessed
Morbid Fascination of Death
All My Friends Are Dead (Turbonegra cover)
Carpathian Forest
The Suicide Song


DEAD CONGREGATION
Giustamente premiati con il main stage, i Dead Congregation sono ormai diventati un’istituzione che mette d’accordo tutti… o almeno chi se ne intende! Frecciate a parte, chi non avesse ancora avuto modo di testare dal vivo la solidità di questa band, o di coglierne l’incredibile maturazione artistica seguendo le sue selezionate ed eccellenti release studio, farebbe meglio a rimediare al più presto. I greci in questione si distinguono per un’intensità musicale veramente impareggiata nella scena death metal revivalista odierna, rispetto alla quale sembrano porsi su un altro piano, un’altra dimensione di supremazia sonora che supera le barriere stilistiche in cui possono essere legittimamente inquadrati. La qualità dei riff e dei pezzi è superlativa e la loro esecuzione live si fa forte di una prestazione batteristica di primo livello; non si fatica a capire perché Anastasis, frontman e mente del gruppo, abbia preso in prestito questi musicisti dal brutal death (e nello specifico, dagli ottimi Inveracity) per realizzare questo progetto che, pur muovendosi in completa indipendenza, raccoglie consensi ovunque e da tutti. Inoltre la scelta della scaletta mette in luce un certo dinamismo che sarebbe altresì inaspettato da una band di questo tipo. Basti pensare che razza di contrasto riescano a ricreare una traccia aggressiva come Only Ashes Remains e l’immediatamente consecutiva Promulgation of the Fall, un pezzo doom solenne e arricchito da arpeggi, che riescono a ricreare una sintonia perfetta e una tensione musicale uniche. Unica pecca dello show: volumi ben mixati ma complessivamente bassi – anche se temo possa essere dipeso dalla sordità causata dal set dei Ministry poche ore prima! - Nicko

SETLIST DEAD CONGREGATION
Lucid Curse
Quintessence Maligned
Vanishing Faith
Nigredo
Morbid Paroxysm
Wind's Bane
Only Ashes Remain
Promulgation of the Fall
Teeth Into Red


MALOKARPATAN
Sono già quasi le 2 di notte quando, non curanti della stanchezza accumulata durante tutta la giornata, ci dirigiamo verso il Metalgate dove si stanno esibendo i Malokarpatan: il loro Nordkarpatenland è stato senza dubbio tra i dischi più originali ed interessanti pubblicati lo scorso anno, per cui non volevo proprio rinunciare a vederli. A quanto pare non ero l’unica a pensarla in questo modo: è stato molto entusiasmante infatti vedere la calorosa accoglienza ed il sostegno che il pubblico ha regalato alla band di Bratislava durante tutta la sua performance, superando tra l’altro in termini di numero le più rosee aspettative, data l’ora davvero molto tarda. Mescolando un black metal venomiano ma dai toni folkloristici a spruzzate di heavy metal à la Mercyful Fate, i Malokarpatan hanno creato davvero un ottimo prodotto artistico e la notorietà che sono riusciti a guadagnare in così poco tempo (la band è infatti attiva solo dal 2014) è specchio proprio di una proposta molto convincente sotto tutti i punti di vista, come testimoniano le numerose apparizioni in Europa e nei festival. HV interagirà poco con il pubblico per privilegiare uno show diretto al punto e che affronta brani dai titoli impronunciabili come Nedlho po púlnoci opacha sa doplazila z dzíry, uno dei pezzi migliori dell’ultimo album, nonché tra i più memorabili in generale per il suo sovrapporsi del doppio pedale furioso in contrasto con la melodia del motivo portante di chitarra.
Ne è valsa decisamente la pena restare svegli fino a quest’ora: i Malokarpatan rappresentano un unicum nel panorama musicale attuale e chi ancora non avesse avuto modo di approfondirli dovrebbe senza dubbio concedergli un ascolto molto più attento. - Selenia



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