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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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BRUTAL ASSAULT - Day 4 - Josefov, Repubblica Ceca, 11/08/2018
02/09/2018 (941 letture)
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DAY 4
COFFINS Mi sveglio prestissimo con l’ansia di non perdermi i Coffins, alle 11 sul main stage, una scelta dovuta alle necessità del tour dei giapponesi, che la sera stessa si sarebbero dovuti esibire a Berlino con i Sadistic Intent, e non a una grossolana svalutazione di un gruppo che, a dire il vero, è anche piuttosto raro da vedere in Europa. Li considero personalmente uno dei migliori gruppi doom/death in circolazione attualmente (assieme, per casualità, ai connazionali Anatomia), per la loro alchimia di death metal primitivo alla Cianide, riffing granitico alla Celtic Frost, atmosfere sludgecore alla Eyehategod (che hanno anche coverizzato, nda) e quando serve quel po’ di d-beat alla Discharge. E soprattutto, volumi live da Motorhead! Ed è forse in onore dell’orario di esibizione un po’ azzoppante e del fatto che vengono da un paese così distante che gli orari solitamente rispettati al secondo si sono ammorbiditi permettendo loro di iniziare un po’ prima e finire un po’ dopo, in maniera assolutamente meritata. La scaletta seleziona sapientemente pezzi più ritmati come Slaughter of Gods ed altri funerei (e letali, sotto al sole di Agosto) come Under the Stench. Il cantante, giovanissimo, sfoggia un gutturale impressionante e un incredibile coraggio esibendosi con una t-shirt sopra alla maglia a maniche lunghe, e facendoci sudare per empatia. I suoni sono peraltro perfetti a dir poco, soprattutto la chitarra del fondatore dei Coffins, Uchino, carica di pasta e ben amalgamata con il punch del basso. Davvero grandiosi! - Nicko
INTEGRITY Nome storico dell’hardcore punk statunitense e ormai prossimi al trentennale, gli Integrity sono stati tra i pionieri del crossover tra le sonorità hardcore e quelle metal, dando vita ad una forma primitiva del termine “metalcore”, ben diversa da quella attuale naturalmente. Sebbene immagino possano essere più esaltanti al chiuso, con un palco piccolo e vicino al pubblico, ho trovato la loro esibizione energica e divertente, raccogliendo le caratteristiche di spicco di entrambi i generi che si trovano a suggellare. Aggressivi, ma anche melodici al punto giusto, tanto da farmi domandare perché non godano di maggiore popolarità nell’ambiente metal (pur rimanendo, di fondo, una band punk). Rispetto ad alcuni colleghi si sono dimostrati un po’ statici sul palco, ma forse conformemente alla situazione e alle temperature. Le linee vocali e la timbrica del cantante danno veramente una marcia in più, e sembrano attaccare direttamente gli astanti, mentre direi che il gruppo si fa meno interessante sulle parti strumentali lunghe e su quelle solistiche. - Nicko
ORIGIN Uno dei nomi di punta del filone più tecnico e brutale una decina di anni fa, e attualmente approdati su Nuclear Blast, gli Origin hanno bisogno di poche presentazioni, da tanto sono preceduti dalla fama di mostri di tecnica esecutiva, tra sweep picking, gravity blast e gutturali impressionanti. Da un certo punto di vista mi verrebbe da dire che la band è invecchiata male negli anni: quella che era una proposta super-estrema oggi si è evoluta in qualcosa di più quadrato e meno schizzato, in quella che può considerarsi come una maturazione o come il passaggio a un death metal di più facile assimilazione. Quello che è certo è che la prestazione è azzoppata dall’assenza del bassista (comunque replicato in sample, dato che ovviamente suonano a metronomo) per via di ritardi aeroportuali. Ironicamente, il cantante (il cui continuo umorismo, lo dico ancora una volta, è finanche fuori luogo per il tipo di esibizione) invita un ragazzo del pubblico a salire e mimare il basso su Saligia ed esponendolo (a mio parere) al pubblico ludibrio. Si annovera anche un wall of death “in silenzio”, o meglio senza musica, tra le stranezze del loro set. Quello che è certo è che la band ha sempre un grande impatto e una coesione chirurgica, e non smette mai di impressionare per la propria preparazione tecnica. - Nicko
SETLIST ORIGIN Expulsion of Fury Infinitesimal to the Infinite Accident and Error Saligia Redistribution of Filth Banishing Illusion Portal The Aftermath Unattainable Zero
UNLEASHED È passato qualche anno dall’ultima volta che ho visto gli Unleashed e la loro esibizione si è dimostrata ancora una volta estremamente convincente. Sanno tenere il palco, suonano bene e alzano un muro di suono schiacciante, e sebbene l’idea dietro a ciascun pezzo, da 30 anni a questa parte, sia rimasta più o meno sempre la stessa, al limite dell’autoreferenzialità, non si può non ammettere che il quartetto svedese riesca a coinvolgere tutti con pezzi potenti e comunque cantabili. Trovo particolarmente irresistibili i pezzi più recenti che, rispetto agli Unleashed rimati degli esordi, sfruttano più un blast beat alla black metal che fa subito presa quando accoppiato a un riff un po’ più melodico (non per niente Anders Schultz milita anche negli Unanimated). Apprezzo anche che rispetto alle altre band della scena death metal svedese non abbiano mai abbracciato la scelta dell’HM-2, estremamente funzionale per quei primi dischi e produzioni al Sunlight, ma che hanno condannato molte band alla ripetitività o ad una certa limitatezza stilistica – si presentano infatti con uno stack di americanissime ENGL sul palco. Anche nel loro caso si tratta di una line-up estremamente rodata e duratura, con nessun cambio di membri registrato da 23 anni a questa parte, e lo si vede da come ogni musicista si riconosce bene nel proprio ruolo e sa perfettamente cosa debba fare, come se fosse la cosa più naturale del mondo, mostrando una coesione praticamente perfetta. - Nicko
SETLIST UNLEASHED The Final Silence Dead Forever Black Horizon Don't Want to Be Born The Dark One The Longships Are Coming I Have Sworn Allegiance They Came to Die Into Glory Ride Before the Creation of Time
MESSIAH Mi avvicino nella parte centrale del parterre per attendere l’inizio dell’esibizione degli svizzeri Messiah. I brani selezionati per questo pomeriggio passeranno in rassegna in maniera piuttosto equilibrata i primi tre album, Hymn to Abramelin, Choir of Horrors ed il classico Extreme Cold Weather, un disco che personalmente adoro, reso iconico anche dalla glaciale copertina che ritrae un orso polare. La loro reunion non mi ha ispirato grande fiducia, tuttavia ho voluto sospendere il giudizio per farmi un’idea più concreta dopo la loro esibizione dal vivo. Resto quindi molto concentrata mentre scorre il concerto e, nonostante i pezzi fossero tutto sommato apprezzabili e astutamente scelti, il risultato finale purtroppo è stato abbastanza deludente: i Messiah sono apparsi poco amalgamati tra di loro, l’esecuzione è stata frammentaria e l’impatto scenico davvero poco carismatico. Probabilmente rimettersi in pista dopo tutti questi anni avrebbe richiesto più training, quanto meno per acquistare più dimestichezza in sede live. Invece l’incertezza che è emersa dal mio punto di vista ha ammortizzato molto l’appetibilità potenziale di un evento del genere e nel complesso mi sono apparsi un po’ goffi. - Selenia
SETLIST MESSIAH Hymn to Abramelin Messiah Space Invaders Living With a Confidence Choir of Horrors Akasha Chronicle Psychomorphia Total Maniac Prelude: Act of Fate Cautio Criminalis Extreme Cold Weather
HIRAX Passiamo ad un altro grande nome per l’underground: i californiani Hirax sono un appuntamento quasi consuetudinario, grazie alla loro folta programmazione live che consente a noi europei di vederli piuttosto spesso sui nostri palchi. Il gruppo guidato da Katon, nonostante questo, è sempre un piacere da vedere, soprattutto per le grandi capacità che il frontman ha di catalizzare e stimolare le attenzioni ed il coinvolgimento del pubblico. Il concerto si apre con Baptized by Fire, un’apertura che già fa scaldare il numerosissimo pubblico che animerà il tendone del Metalgate. Gli show degli Hirax sono sempre divertenti e fisici, ma non intrisi di un’aggressività rabbiosa, piuttosto ricchi di un sentire passionale che è specchio della grande passione che dal 1985 ad oggi ha portato il gruppo ad essere tra le realtà thrash meno famose ma senza dubbio più apprezzate e sostenute. È proprio a più di trent’anni fa che Katon rivolge un pensiero incazzato, quando agli esordi di una carriera ancora incerta, nessuna etichetta voleva metterli sotto contratto, giudicandoli poco interessanti. E invece dopo tutto questo tempo gli Hirax sono ancora qui e sarà proprio dal debutto Raging Violence che verranno eseguite Bombs of Death e Destroy: il loro furioso incedere thrash fa scatenare un accorato mosh nel pubblico e sono un autentico schiaffo morale, un bel Fuck you! che gli Hirax dedicano a tutti quelli che non avevano creduto nelle loro qualità ed un’autentica prova di cosa voglia dire vivere l’underground e crederci fino alla fine. - Selenia
NOCTURNUS AD Sicuramente uno dei nomi più esclusivi di questa edizione del festival, i Nocturnus di Mike Browning tornano in Europa per una apparizione speciale al Brutal Assault in cui la band ripropone i classici di The Key, uno degli album più iconici nella storia del death/thrash “tecnico”, noto per essere stato uno dei primi esempi di incursione delle tastiere nel genere. Nonostante le sporadiche apparizioni live (che diventano praticamente rarissime se si intende fuori dal Nord America) l’esecuzione dei pezzi è eccellente – soprattutto considerando il livello tecnico, in particolare quello chitarristico, richiesto dai pezzi. Un vero e proprio tuffo nel passato che ha ben più che del nostalgico: due sono infatti le anticipazioni dal nuovo album in uscita l’anno prossimo per Profound Lore, etichetta che stupisce ma che fa ben sperare per il livello qualitativo del loro nuovo output. Dal canto mio posso dire che i pezzi mi sono sembrati estremamente convincenti e in linea con i classici del gruppo, come credo chiunque potrebbe sperare, ma non anacronistici, forse data la particolarità della proposta che ha sempre reso questa band una sorta di unicum. La voce di Mike Browning, assieme alle sue smorfie da posseduto mentre canta e suona la batteria, sono praticamente rimaste immutate, ed è stato impagabile sentirlo cantare (e vederlo eseguire) Chapel of Ghouls dei Morbid Angel, che – racconta brevemente prima di attaccare col pezzo – è stata la prima canzone mai scritta dai Morbid Angel quando solo lui e Trey facevano parte del gruppo. - Nicko
SETLIST NOCTURNUS AD Lake of Fire Standing in Blood Neolithic The Antechamber Destroying the Manger Aeon of the Ancient Ones BC/AD Chapel of Ghouls (Morbid Angel cover)
PROTECTOR Cancellati dalla scorsa edizione, proprio all’ultimo momento per problemi di salute del cantante, i thrasher tedeschi Protector sono stati tra i primissimi nomi confermati per questo Brutal Assault. Nati nel 1986, vestono con orgoglio tutti i tratti distintivi del loro notevole pedigree di “deathrasher”, quali smanicati ingialliti dal tempo e stempiature, ma sono autori di un concerto veramente ben suonato. Sebbene non fondamentali nella storia del genere, hanno pubblicato alcuni dei dischi più estremi del filone teutonico, e ancora dal vivo riescono a comunicarne la ferocia grazie a un drumming incessante e una voce ancora abrasiva. La scaletta pesca abbondantemente dai classici degli anni ’80, e tutti i personaggi più vintage (anche anagraficamente!) del festival sono presenti, pronti a incitarli. Tra gli estratti più riusciti, citerei quelli dei loro capolavori Urm the Mad e soprattutto A Shedding of Skin. Certo, ad esclusione del cantante la line-up è stata completamente rinnovata, ma questo contribuisce a svecchiare la forma di questa band del passato che si presenta ben più prestante di altri colleghi e connazionali anche più illustri (qualcuno ha detto Desaster?). - Nicko
SETLIST PROTECTOR Misanthropy Apocalyptic Revelations Holy Inquisition A Shedding of Skin Kain and Abel Golem Urm the Mad Xenophobia Protector of Death Calle Brutal Space Cake
ABYSMAL GRIEF Tra i fautori del nostro dark sound, gli Abysmal Grief sono gli apripista di una doppietta tutta italica a base di oscurità. Anticipando i Goblin, riescono ad attirare a sé un discreto pubblico nel piccolo palco Oriental. L’ultimo Blasphema Secta, prodotto da Terror from Hell, è stata tra le release che ho più apprezzato negli ultimi mesi, che conferma la caratura di un gruppo che vanta una produzione discografica che si attesta sempre su livelli molto alti. La conferma arriva anche dal vivo: i genovesi si rendono protagonisti di uno show assolutamente perfetto, che riesce a riprodurre tutte le note violacee che impregnano il mood dei loro brani. Certamente a molto ha contribuito il set scenografico che si impone con i suoi riferimenti elegiaci: candele, teschi, statue con lacrime di sangue, crisantemi, grandi croci e drappi neri concorrono a creare un’atmosfera ferale ed al tempo stesso a farci calare nei ritmi cadenzati dalle ipnotiche tastiere. Labes C. Necrothytus da dietro il suo maestoso ambone ci evangelizza modulando la voce in modo da sembrare sinistro ed al tempo stesso persuasivo: senza neanche accorgercene infatti ci troveremo a sostenere il suo discorso con un ripetitivo dondolìo delle teste, quasi a voler inconsciamente sottolineare una fidelizzazione nei confronti di quelle parole, e personalmente mi è venuto spontaneo chiudere gli occhi nell’atto di un ascolto completamente immersivo. A giudicare dalla calorosa risposta del parterre, gli Abysmal Grief sono riusciti pienamente a conquistare il pubblico del Brutal Assault, esaurendo il loro live con una cover storica dei Death SS, la bellissima Chains of Death da Evil Metal del 1983: un vero peccato che in pochissimi l’abbiano riconosciuta, ma è stato emozionante calarsi verso l’oscurità della sera recitandola. - Selenia
GOBLIN I più illustri rappresentanti della componente di artisti italiani al festival non è propriamente una band metal: trattasi infatti dei Goblin di Claudio Simonetti, gruppo prog rock italiano noto al mondo per aver musicato alcuni classici del cinema horror italiano (tra cui gran parte della filmografia di Dario Argento, Buio Omega di D’Amato ecc.) e non (come Dawn of the Dead di Romero). Dal vivo ripropongono alcune parti di queste colonne sonore, accompagnate dalla proiezione di alcuni estratti dei film in questione, assieme ad altri lavori in studio dei Goblin (quali Roller, per citare il più celebre). Data la popolarità che la band ha accumulato nell’ambiente metal e che li ha portati ad apparire recentemente in moltissimi festival, anche estremi, il Maestro ha riarrangiato il suo repertorio in una forma più “heavy”, accompagnandosi ad un batterista dal background decisamente più oscuro (Titta Tani è stato incredibilmente il batterista dei Necrophagia per diversi anni) e scegliendo suoni su palco decisamente più intensi – una scelta in parte molto riuscita e in parte un pochino volta a snaturare l’atmosfera settantiana delle musiche. Assistere al set è veramente appagante sia musicalmente che visivamente (oltre che essere una boccata d’aria in un festival completamente estremo, lo ammetto), ma non riesco a presenziare per tutta la durata del concerto perché intenzionato a prendere posizione davanti al palco per il concerto dell’headliner più singolare (e per me più atteso del festival, Danzig). - Nicko
DANZIG La scelta di Danzig come headliner di questo Brutal Assault è stata per me tanto sorprendente quanto apprezzata, e ha aggiunto quella sensazione di attesa da grande concerto che altri headliner estremi non riescono più a darmi, considerate le molte volte in cui li ho visti. Vedere Danzig invece mi è sembrato un avvenimento ben più unico e “once in a lifetime”, come si suol dire. Già molto prima che il concerto inizi davanti al primo main stage c’è già una notevole moltitudine di persone, anche se ancora più numerose sono quelle che stanno seguendo il set dei Sepultura sul palco attiguo. Mentre il concerto sta per iniziare, viene comunicato al microfono, prima in inglese e poi in ceco, che non è permesso fare foto né tantomeno video durante l’esibizione. Addirittura uno della crew, sbraitando e gesticolando animatamente, allontana tutti i fotografi posizionati tra la transenna e il palco, a cui è generalmente concesso di fotografare la band durante i primi 3 pezzi del set. Una vera cafonata da rockstar che non fa che alimentare la mia esaltazione! In effetti, il concerto entra nel vivo soltanto dopo i primi 3 pezzi, quando la scaletta comincia a ripercorrere, in ordine cronologico, i primi 4 capolavori della carriera solista di Glenn, con una selezione che direi ottimale, e che lascia qualche minuto perché i suoni siano regolati in maniera ottimale. I più grandi dubbi si avevano sulla forma vocale del cantante, che in realtà si dimostra molto più forte del previsto, con l’unica debolezza di una voce molto roca sulle parti più “fievoli” dell’esecuzione (come l’inizio di How the Gods Kill, in cui infatti invita caldamente il pubblico a partecipare cantando). Ma quando c’è da tirare fuori la voce, letteralmente di petto, Danzig non manca di fare emozionare il pubblico. L’intera line-up (che conta membri di Prong e Type O Negative) tiene il palco con professionalità e attitudine, ed è perfetta per il tipo di concerto rock qui inteso, praticamente privo di orpelli scenici e/o scenografici, ma crudo e diretto come ci si aspetterebbe che fosse. Addirittura Glenn lancia una frecciata del tipo “Questo concerto non si serve di sample o parti pre-registrate, come certe band finte heavy metal fanno!”, che non sembra essere colta (perlomeno da me). Tra cori e applausi il set arriva al finale, con l’attesa Mother, ma l’incitamento a un bis è tale che anche una finalissima She Rides viene concessa prima del saluto finale (tra moltissime fotografie scattate clandestinamente!). - Nicko
SETLIST DANZIG SkinCarver Eyes Ripping Fire Devil on Hwy 9 Twist of Cain Not of This World Am I Demon Her Black Wings Tired of Being Alive How the Gods Kill Left Hand Black Dirty Black Summer Do You Wear the Mark Bringer of Death Mother
Encore She Rides
FULL OF HELL Mettono insieme una delle esibizioni più estreme e caustiche del festival, e anche una delle più brevi a conti fatti – i Full of Hell, quartetto di Ocean City, sono un misto veramente schizzato di powerviolence, grind e musica noise, sebbene il loro disco più recente, Trumpeting Ecstasy lasci trasparire chiare influenze death metal specialmente sui riff e sul modo di costruire i pezzi, comunque generalmente molto brevi. Sezioni grind tiratissime, voce abrasiva e molto effettata, riff convulsivi, spesso difficilmente decifrabili, repentini stop and go, rallentamenti improvvisi e alienanti sezioni noise sono tra le componenti principali di uno show che si fa violento anche in termini visivi, con la band a muoversi convulsivamente su un palco completamente illuminato di rosso, spendendo pochissime parole (quasi nessuna) se non per fare un brindisi – ironico – a Danzig che ha suonato poco prima sui palchi principali. Anche in questo caso i suoni del tent stage non tradiscono e sono dalla parte dei Full of Hell, per un risultato tremendamente annichilente. Nota a margine: Ross Dolan degli Immolation (che mi ha detto essere al festival “in vacanza”, nda) segue tutto lo show da lato palco, e aveva menzionato i Full of Hell stessi come “la migliore live band con cui avessero mai fatto un tour”. - Nicko
SETLIST FULL OF HELL Burst Synapse Branches Of Yew Bound Sphinx Vessel Deserted Bez Bólu Amber Mote Barb and Sap Thrum in the Deep Digital Prison Crawling Back To God Ashen Mesh Gnawed Flesh Fox Womb The Lonely Path of the Cestoda
PERTURBATOR Sarò onesta, non avevo intenzione di assistere alla performance di Perturbator: sono un’appassionata anche di musica elettronica quindi non è affatto per una questione di pregiudizio che mi sono sempre sentita un po’ distaccata rispetto al quasi maniacale interesse che si è generato attorno al musicista francese. Non ne faccio neanche un problema di contaminazione tra generi: spesso gli incroci generano sperimentazioni d’avanguardia e originali... piuttosto non riesco veramente a comprendere come si sia originata la sua perfetta integrazione all’interno dei grandi festival metal, dove per altro ha anche ricoperto posizioni di rilievo in scaletta. A prescindere da ciò, mi sono convinta ad assistere alla sua performance e ne sono rimasta positivamente colpita. Certo, è stato molto disorientante vedere il live set sullo stesso palco dove poco prima si era esibito Danzig, ma il modo in cui si presentano James Kent ai synth e il musicista che lo accompagna alla batteria elettronica è di forte impatto: la parete di luci che si eleva alle loro spalle si modula sul tempo dei pezzi e tutto il pubblico che all’inizio sarà piuttosto timido nel partecipare, progressivamente si farà coinvolgere. Riesco a riconoscere gli estratti di Uncanny Valley, l’unico disco che ho ascoltato con più attenzione, e, dovendo valutare in maniera oggettiva il concerto, non posso non ammettere che sia stato molto coinvolgente. Anche esteticamente è stato un bello spettacolo e la dinamicità con cui il batterista ha suonato i pad è indice di una modalità compositiva che, nonostante dia come esito un tipo di elettronica dal gusto ‘80s e con tematiche d’ispirazione horror/cyberpunk, ha chiaramente un’impostazione compositiva metal. Forse è questo l’ingrediente che lo rende affine a questo “mondo”, oltre alle radici musicali dello stesso Perurbator che hanno proprio nel metal le loro origini. Permangono i dubbi che ho espresso in incipit e, nonostante non abbia seguito il live fino alla fine, le strutture dei pezzi molto catchy hanno reso il passare dei minuti piacevole. - Selenia.
ESOTERIC Ultimo concerto del festival, anche il più solenne e il più “lento”: ai giganti inglesi del funeral doom spetta l’onore e l’onere di chiudere il Brutal Assault, anche quest’anno come 3 edizioni prima, su uno dei palchi principali, davanti a una schiera a dire il vero non troppo nutrita di sopravvissuti. La band non è di facile approccio ma è tra le più singolari del genere, che approcciano con una certa attitudine progressiva e un piglio quasi psichedelico. Forti di ben tre chitarre con cui costruiscono architetture melodiche da strappare il cuore, e di un gutturale profondissimo, ci vuole pochi minuti perché lancino la mente degli astanti nello spazio profondo. Ad un orecchio attento non sfuggiranno le sottigliezze geniali che rendono gli arrangiamenti degli Esoteric così particolari, nonché il fatto che le loro composizioni siano tra le più dinamiche del genere, pur mantenendosi sempre su tempi lenti, se non lentissimi, ma variandone l’intensità con la frequenza degli strumming di basso e chitarre, o dei fill di batteria, costruendo dei crescendo anche di diversi minuti che poi si dissolvono in melodie eteree e ipnotiche – si prenda come esempio Abandonment, la opener del set. - Nicko
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