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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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PITTORI DELL`INCUBO - # 4 - Zdzislaw Beksinski
13/11/2018 (2324 letture)
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Nonostante l'idea di base sia quella di seguire un certo filo temporale e che fino ad ora quelli trattati siano stati pittori separati dal nostro secolo da centinaia di anni, dato che nessuno ci commissiona gli scritti, nulla ci vieta di passare temporalmente di palo in frasca seguendo soltanto l'istinto e l'ispirazione del momento. Veniamo dunque ai nostri giorni per parlare di un pittore dell'Est europeo che tanto ha dato al mondo dell'arte in varie forme e che tanto tragicamente è scomparso. Quel Zdzislaw Beksinski che più di una copertina di dischi metal ha ispirato.
IL SUPERVISORE DELLE BAMBOLE Zdzislaw Beksinski nasce nel 1929 a Sanok, nel Voivodato della Precarpazia (i Voivodati di metallica assonanza corrispondono alle nostre Regioni e sono governati dai Voivoda, termine di origine militare che riporta proprio a quello dei Voivod) e manifesta da subito tendenze artistiche spiccate. La famiglia, però, non vede affatto di buon occhio questa sua inclinazione e spinge invece per studi decisamente concreti. Zdzislaw è costretto ad assecondare le scelte paterne. Queste prevedono lo studio di Economia, il diploma in condizioni difficilissime (la Polonia è occupata dai tedeschi e lui conclude le Superiori in un Liceo ancora aperto clandestinamente. Perde anche parte del pollice e dell'indice di una mano a causa di un'esplosione) e poi, sempre per imposizione del Pater Familias, è costretto ad iscriversi ad architettura. Studi che, comunque, gli torneranno in qualche modo utili per la sua carriera nel mondo dell'arte. Si laurea e si sposa nello stesso anno, per poi diventare supervisore del cantieri edili di Sanok. Il suo rapporto col luogo di lavoro e con le incombenze ad esso legate saranno per lui motivo di profondissimo disagio interiore. Nel 1958 la nascita del figlio Tomasz, poi noto giornalista musicale, ma anche la sua prima mostra artistica. Come fotografo, però. In ogni caso, nonostante si tratti di fotografia e non di quei dipinti per cui la maggioranza lo conoscerà in seguito, l'approccio tematico è sostanzialmente uguale, dato che i soggetti trattati prevedono facce sfigurate, fotomontaggi che rendono i visi senza contorni, bambole con arti mancanti e paesaggi desolati e spogli decisamente inquietanti. Stesso discorso per le sue sculture in plastica, metallo e pietra, tenendo ovviamente presente la sua evoluzione stilistica nel corso degli anni. A dispetto del fatto che la Polonia sia posta dietro la Cortina di Ferro e che la sua posizione geografica ne faccia zona di confine del blocco Sovietico, con ciò che ne consegue in termini di chiusura verso l'Occidente, diventa comunque abbastanza noto anche all'Ovest, essenzialmente grazie ad alcune mostre collettive degli artisti inseriti nell'dell'Unione Artisti e Fotografi Polacchi.
GOTICO INFERNALE Dagli anni sessanta comincia a spostarsi verso la pittura, per arrivare nel decennio successivo al "periodo Gotico" che, probabilmente, è quello di maggiore interesse rispetto al nostro punto di vista. A contribuire in maniera determinante a fargli produrre quadri con una carica emotiva fortissima ed un sentore di morte aleggiante, da interpretare anche come continua seduta di autoterapia (ci torneremo in chiusura di articolo) è uno dei tanti fatti tragici che costelleranno la sua vita. Rimane vittima di un incidente che lo costringe e rimanere a lungo immobilizzato in auto sotto un passaggio a livello, isolato nella campagna polacca, dopo uno scontro con un treno. Poi entra in coma per circa venti giorni. Alla fine se la cava, ma il suo modo di essere uomo ed artista sarà da qui in poi diverso. Questa almeno la leggenda, dato che non risulta che l'artista abbia mai preso la patente e dalle biografie ufficiali non risulti nulla del genere, nonostante innumerevoli siti riportano l'episodio. Sta di fatto che da questo periodo in poi la sua arte prenderà connotati decisamente "infernali". Un quadro intitolato "Auto" che verrà dipinto in seguito sarà acquistato da un collezionista privato e mai più esposto. Difficilissimo anche trovarne riproduzioni valide in commercio. Trova anche una serie di riconoscimenti in Patria e continua a lavorare prevalentemente su masonite fino a quando, a fine anni 90, l'imporsi delle nuove tecnologie lo spinge ad interessarsi di grafica digitale. Di questo periodo, però, anche il suicidio del figlio che lo porta in uno stato di profonda depressione (era già vedovo da qualche mese). E' questo il suo interesse artistico principale fino alla tragica scomparsa avvenuta nel 2005, quando viene ucciso con enorme ferocia dal figlio del suo maggiordomo, che lo accoltella ripetutamente. Aveva rifiutato di prestargli 100 Euro. Le sue opere sono oggi in vari musei, principalmente polacchi, svedesi, statunitensi e giapponesi. Ma ecco una lista molto parziale di album che si sono giovati della sua opera per il loro artwork.
LE COPERTINE DEL DISAGIO Cominciamo da un gruppo italiano, ossia i Darkend i quali, sulla copertina del loro The Canticle Of Shadows utilizzano proprio un'opera del Nostro. Stessa scelta operata peraltro dai colleghi blacksters francesi Wolok per la copertina di Servum Pecus del 2006. Tornando all'Italia, ci imbattiamo nei Barbarian e nel loro esordio del 2011 e nei Vanessa Van Basten nell'ambito del Post-Rock, ma anche nei progsters RaneStrane con Shining del 2011. Ma lasciamo ancora i confini nazionali per occuparci degli inglesi Wode e del loro omonimo del 2016 ed ancora di Black Metal che usa le immagini dell'artista polacco nel caso dei Kampfar di Profan (ma non solo con questo), con la nostra Costanza Marsella la quale nella sua recensione dell'album scrisse:
Se Mare rappresentava un viaggio nel mondo della stregoneria e Djevelmakt una inquietante esplorazione dell’oscurità abissale, questo Profan ci conduce in un luogo in cui l’annichilimento dinanzi le sovrastanti e titaniche forze che governano le sorti dell’umanità raggiunge il suo culmine. Tutto ciò è incarnato dall’inquietante figura ieratica senza volto posta in copertina, che si staglia su un paesaggio post apocalittico, opera dell’artista polacco Zdzislaw Beksinski di cui i Kampfar propongono scientemente e programmaticamente un parallelo sonoro.
Non solo copertine, ma anche brani, ad esempio con i Descent Into Maelstrom che per il loro prossimo lavoro in uscita nel 2019 annunciano che ogni canzone sarà ispirata ai dipinti di molti artisti come Goya, Beksinski, Samorì e Bruegel (Goya è stato nostro ospite nella puntata numero 1 della serie), così come quelle della raccolta VV.AA. A Tribute To Zdzislaw Beksinski, che presenta un artwork eccellente. Sempre in tempi recenti segnaliamo i Plague of Carcosa di Rats In the Wall e di Hastur; meno recente e ancora di estrazione Black la copertina di Verräter dei Leviathan è ancora fornita dal Nostro, così come quella di Stoner Rock dei Bong. Il Funeral Doom è stile che certamente si attaglia molto bene alle atmosfere di Zdzislaw Beksinski, e gli Evoken ne hanno approfittato per la cover di Antithesis of Light, ma il Drone non è da meno, come dimostra il progetto Mizmor in Yodh. Per quanto riguarda il Death, poi, ne hanno fatto uso gli ungheresi Zharmaq per Humànkaptàr, così come gli indonesiani Freizin Terror per Bangkit Dan Menghantam del 2002. Proseguiamo in ordine sparso: gli Abyss e Taste the Bitter Vengeance; gli Antestor ed Omen, con l'immagine usata anche per la copertina di questo articolo, al pari degli Acid Sulfuric con Loss of the Body or Identity. Sempre allo sfortunato artista polacco si deve la copertina degli EP che seguono: Re-Occuring Times of Grief dei Decayor; Evoking the Pestilence dei Demonic Rage; Under Satan Kingdom dei Demon's Shade; il promo 2000 dei Defeated Sanity; Oracle of Infinite Despair degli Ævangelist; Where the Sun Is Silent... degli Ashdautas -anche per l'album Shadow Plays of Grief and Pain- Meno di Zero degli italiani Cryptic Theory e Disforic Agony degli Anomaly. Proseguiamo sempre col Black: i Benighted in Sodom con The Halls of Past Miseries 2006-2007; i Bloodfeast di Feasting On Dead ed i Blood of Kingu con Sun in the House of the Scorpion. Osservando il settore Grindcore sono da citare i Coffin Birth, i quali hanno usato il famoso "Auto" per veicolare (appunto) al pubblico Necrotic Liquefaction, mentre tornando al Metal tradizionale sono i Briar Rose ad essersi rivolti ai claustrofobici dipinti dell'artista polacco per il loro singolo Backstabbed, così come i suoi connazionali progster Collage per Moonshine del 1994 e per Safe del 1996. Proseguiamo con gli Ephemeral ed il loro En Route to Ephemeral - Euphoria Denied; con i Guadaña di Matar Por Matar; gli Incandescence ed Abstractionnisme e gli Khthoniik Cerviiks ed il loro Heptaëdrone, ma si tratta sempre di una piccola parte di quelli da citare. Cercando di sintetizzare al massimo per non sconfinare nel nozionismo e/o nel citazionismo puro, inseriamo ancora in questo parzialissimo elenco i Leech ed il loro Ten Black Hymns del 2011, i Malicious Damage con Sickness Amongst the Pure del 2007, i Near Death Condition con Evolving Towards Extinction del 2014, i Sarkus con Five Reasons for Not to Believe del 2001, gli Stormcrow di Wounded Skies del 2006 ed i Winterthrall con Nightmares for the Sleepless del 2005. Come detto, però, si tratta di un elenco parzialissimo, dato che le opere di Zdzislaw Beksinski sono state usate da un'infinità di altri gruppi e singoli artisti Metal e non. Discorso a parte per i The Legendary Pink Dots, i quali hanno usufruito di una lunga serie di copertine partorite dall'artista dopo il suicidio del figlio, quale atto di omaggio nei confronti del suo gruppo preferito e per ricordarlo in qualche modo. Per inciso, la band rilocata ad Amsterdam dal 1984 ha all'attivo qualcosa come 92 tra album in studio, live e raccolte.
LA DINAMICA IMMOBILITA' DELLA MORTE Che il rapporto del lavoro di Zdzislaw Beksinski col Metal sia molto stretto è fatto evidente, dato che solo riferendosi a questo articolo, l'elenco di album con suoi lavori in copertina avrebbe potuto essere davvero molto più lungo. Oltre a ciò, da non sottacere è anche l'influenza "visuale" sulla musica di molte band, tra le quali spiccano i Tool, la cui musica ed i cui video sembrano una efficace trasposizione dell'arte di Zdzislaw Beksinski. Ma da dove nasce questa corrispondenza tra musica pesante, specialmente Black, e dipinti del più che schivo artista polacco il quale ha trascorso gli ultimi anni di vita auto confinandosi in casa? Noto anche per dipingere su tele disposte orizzontalmente ascoltando musica classica in sottofondo e per aver distrutto molte delle sue opere degli anni 70 che non lo soddisfacevano, che l'ex fotografo e scultore abbia realmente ricavato la sua cifra stilistica dall'incidente occorsogli o meno, quello che ha dipinto per tanti anni è realmente l'Inferno.
ROSSI BRUCIATI E ANSIA SENZA NOME Lo ha dipinto per colori tramite i suoi rossi bruciati ed i gialli ed i marroni terrosi vagamente debitori nei confronti di William Turner, per atmosfere plumbee e prive di speranze nella loro ineluttabilità e nel loro immobilismo suggerito dalla paura che il movimento potesse scatenare forze malvage contro l'osservatore, per angoscia rappresentata dalla deformità di bocche affamate di carne e di anime che plachino un'ansia senza nome, per paesaggi disabitati e costruzioni monumentali e corrose sopravvissute all'uomo, per prospettive destabilizzanti tra sangue, putrida carne gotica e luoghi di sepolture innominabili. Insomma: un vero compositore (Black) Metal con un pennello in mano al posto di una chitarra od un basso. Senza contare il taglio da cinematografia psicorrorifica di molti suoi quadri. E come nel caso del Metal, la raffigurazione è anche e soprattutto terapia, esorcizzazione in una certa misura religiosa di quell'Inferno che altri esprimono con atti violenti e valvola di sfogo permanente dalla paura e dall'ansia del vivere. Ed è proprio questo, probabilmente, il magmatico punto di fusione tra una pennellata di Beksinski ed un riff degli Antestor o degli Evoken. Tutti surrogati di quell'urlo munchiano che ci devasta dall'interno e che riusciamo a proferire senza farci sentire da nessuno con l'aiuto del Metal. Oppure osservando un dipinto o, meglio ancora, facendo le due cose insieme. E dato che alla fine la paura suprema è quella di una morte senza che nessuno abbia notato la nostra esistenza e che la morte è punto di riferimento di questi quadri e di questa musica, servono anche a definirne i contorni e ad affermare che ci siamo, che in questa morte noi siamo vivi. Così, senza pensarci troppo, senza badare troppo alle sovrastrutture e coscienti dalla nostra incoscienza su noi stessi.
Il significato non ha senso per me. Non mi interessa il simbolismo e dipingo ciò che dipingo senza meditare su una storia. Semplicemente, non mi conosco. Inoltre, non sono affatto interessato a conoscere". Zdzislaw Beksinski
N.B. - Dato che il pittore non usava dare un titolo alle sue opere, quelle riportate a corredo dell'articolo sono indicate con numeri progressivi.
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Era una riflessione sulla musica in generale, questo grazie al tuo articolo.ciao |
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Sicuramente, il Black è citato maggiormente in quanto sono più i gruppi aderenti a questo stile ad essersi rivolti alle opere del pittore polacco, ma ogni strumento ed ogni stile può essere utilizzato in questo senso. |
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Raven permettimi un altra considerazione,è giustissima l'assonanza che fai con il black metal,ma credo che tutta la Musica abbia il potere di esorcizzare i propri mostri,interiori e quotidiani,penso per antitesi al jazz o alla musica classica, e forse,forse,alla fine la bellezza ci salverà,una bellezza non definita da standard commerciali di consumo,ma quella che ci può essere in un album blackmetal o in un solo di sax.l'importante è "sentirla". |
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hanno un che di reale,bellissimi. |
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Dillo al gestore del negozio a cui avevo ordinato tutti quegli album !! |
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Ma infatti il pesce d'Aprile globale è che nessuno di quegli articoli è un Pesce D'Aprile  |
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Bellissimo articolo!
(Il Voivodato della Precarpazia sembra uno di quei posti di cui Raven ogni tanto ci parla il primo di aprile) |
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