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THE HEALING PROCESS - 100% fatto in casa
10/10/2024 (308 letture)
Il duo milanese The Healing Process ha appena pubblicato un secondo album all'insegna dell'autoproduzione più rigorosa; un lavoro realizzato con pochi mezzi ma zeppo di spunti interessantissimi. Ne abbiamo parlato con il frontman Carlo B..

Griso: Il titolo dell'album, Theme and Variations, è alquanto inusuale per un disco thrash metal. Che cosa significa?
Carlo B.: “Tema e variazioni” è un metodo di composizione tipico della musica classica. Da un tema si sviluppano diverse variazioni che richiamano in qualche modo il tema stesso. Io vengo da questo mondo qui, la chitarra classica è il primo strumento che ho preso in mano e quello per cui ho avuto una formazione accademica: grazie a questo percorso mi sono imbattuto in diverse opere strutturate a “tema e variazioni” e ho sempre trovato una qualche somiglianza con il metal.

Griso: In che modo?
Carlo B.: Se ci pensate, anche il thrash non è altro che una sequela di variazioni (ritmiche più che tonali) su uno stesso riff, che possiamo considerare il tema. Così ho deciso di prendere esplicitamente in prestito questa struttura dalla musica classica per costruirci sopra un intero album. Quindi non temete, non troverete assoli di violino o di clarinetto, quello che attingo alla musica classica è unicamente la struttura compositiva. Ovviamente, non si tratta di una strutturazione rigorosa come nella musica classica, quello che sentirete è più che altro un gioco di rimandi tra le varie tracce nonché una stessa tonalità di riferimento declinata nelle sue varie forme. Insomma, per rispondere alla domanda, le varie tracce, che funzionano anche da sole, viste nel contesto dell’album non sono altro che le variazioni sul tema (che lascio all’ascoltatore il compito di individuare).

Griso: Avete gestito tutti gli aspetti della produzione. Qual è stato il più difficile?
Carlo B.: Il mixaggio. Sempre perché quando le risorse sono limitate (e in questo caso anche le conoscenze), tutto diventa più difficile, in particolare gli aspetti di produzione.

Griso: Come avete affrontato la cosa?
Carlo B.: Come un esperimento scientifico. Siamo andati avanti a “tentativi ed errori” finché non è venuto fuori quello che è l’album. Sono davvero contento che tu e altri commentatori abbiate ritenuto, nelle vostre recensioni, la resa sonora soddisfacente, anzi persino migliore (per alcuni “di molto”) rispetto a quella del primo album.

Griso: E voi che ne pensate?
Carlo B.: Personalmente sono soddisfatto, perché la produzione è quasi esattamente come volevo che fosse. Certo, ci sono degli accorgimenti che mi sarebbe piaciuto integrare, ma a un certo punto mi sono anche detto che da una situazione come la nostra questo è il prodotto migliore che potesse uscire. E ne sono convinto e anche contento, è un sound potente e davvero soddisfacente da ascoltare.

Griso: Ascoltando i brani di Theme and Variations, sembra che abbiate molto da dire. L’album trasmette un tema o dei temi in particolare?
Carlo B.: Se stiamo parlando di testi, l’album in effetti ha un filo conduttore, che potremmo definire così: “tutto il marcio della società contemporanea”. Volevamo affrontare tutte le sfaccettature di situazioni in cui magari molti si sono trovati o a cui hanno avuto modo di assistere, non potendo però davvero esprimere tutto il proprio malcontento verso di esse. Insomma, nel nostro piccolo ci siamo prefissati l’obiettivo di esporre in maniera più cruda possibile tutti quei meccanismi subdoli che indirizzano le nostre vite in una direzione diversa da quella che vorremmo noi, senza che nemmeno ce ne accorgiamo.

L’unica forma di difesa che abbiamo nei confronti dello strapotere di questa società è quella di avere ben chiari i meccanismi su cui si regge per cercare di non andare alla deriva e di avere, per quanto consentito (non molto a dire il vero), il controllo della propria vita. Vorrei precisare che non si tratta di un discorso politico, non ragioniamo in termini politici, non proponiamo facili soluzioni, cerchiamo solo di fare luce da un punto di vista diverso, che è giusto per noi, ma potrebbe non esserlo per altri. Questo dovrebbe essere il compito di ogni controcultura, un ruolo che però oggi nessuno vuole più assumersi.



Griso: Tre brani sono cantati in italiano. Perché?
Carlo B.: Il thrash deve diventare sempre più una cosa europea. Da oltreoceano viene la storia, ma ora spetta a questa parte di mondo prendere lo scettro, e in quest’ottica dobbiamo anche “imporre” un nuovo modo di fare musica, sempre più “nostro”, quindi anche nelle nostre lingue madri. L’Italia ha una grande tradizione di hardcore punk in italiano, non vedo perché l’italiano non possa essere altrettanto efficace nel thrash, un genere affine. Spesso è solo a causa di una grande esterofilia che non si è sperimentato con le lingue madri nel genere, ma ora il momento è maturo.

Griso: Eppure, il thrash in italiano resta attualmente un'eccezione...
Carlo B.: Quei pochi esperimenti di thrash in italiano non hanno molto funzionato perché a mio parere non erano troppo ben pensati, ma ci hanno anche permesso di avere un metro di paragone, un punto di partenza da cui sviluppare questa idea. E poi, se ci pensate, anche a livello ben più alto del nostro, ci sono i Maneskin (sì lo so, che schifo, non è il vero rock ecc.) che riempiono i palazzetti all’estero con canzoni (anche) in italiano, quindi vuol dire che nel genere “rock” in senso lato forse finalmente ci stiamo staccando dalla “mammella” americana.

Griso: Parliamo della copertina, che a mio avviso rappresenta l’unico punto debole del lavoro. Cosa dovrebbe rappresentare?
Carlo B.: Nella tua recensione hai ben compreso l’intento “politico” del nostro progetto. Ora, ho detto poco sopra che il nostro progetto non è politico e lo ribadisco, ma credo che tu abbia usato questa parola in senso lato e cioè che questo disco vuole essere una sorta di manifesto al “fatto in casa” e al fare musica con poche risorse a disposizione.

Griso: Esattamente.
Carlo B.: Tutto giustissimo, infatti la copertina rientra in quest’ottica: si tratta di un foglio accartocciato su cui ho disposto logo e titolo (il primo stampato, il secondo scritto a mano), poi l’ho incollato sul cartoncino e scannerizzato. Inoltre, il logo questa volta è giallo, perché la stampante aveva finito i colori per il verde. La versione cartacea originale era un po’ più bella di quella scannerizzata, ma va benissimo così, è una copertina molto distintiva (tant’è che ha attirato la tua attenzione per la sua bruttezza!). Tutte le copertine degli album thrash che escono in questi tempi sono ultra sature, inconfondibilmente digitali e poco originali, volevamo andare in una direzione totalmente opposta, un concetto minimalista, grezzo e riconoscibilissimo.

Griso: La scelta di un’autoproduzione totale rispecchia esclusivamente delle considerazioni di ordine economico, o è anche motivata da questa volontà politica in senso lato della quale abbiamo appena parlato?
Carlo B.: Principalmente considerazioni economiche. Ma nel momento in cui prendi questa strada e ci costruisci sopra tutta la narrazione del tuo progetto, automaticamente diventa anche una visione “politica” (sempre in senso lato). In effetti, il “fatto in casa” è un po’ il nostro manifesto: in un’epoca in cui si tende sempre di più alla perfezione e, quasi conseguentemente, all’omogeneizzazione, noi abbiamo voluto (e dovuto) prendere la strada opposta.

D’altronde, gli album fondativi del nostro genere avevano tutti un po’ questo spirito, che però si è totalmente perso. Chiaramente è sempre bene puntare a pubblicare un prodotto della qualità più alta possibile, però non bisogna lasciarsi scoraggiare dall’assenza di risorse e dall’impossibilità di raggiungere la “perfezione”, qualunque cosa significhi. Ricordiamoci sempre che questo genere si fonda su album come Hell Awaits, Infernal Overkill ed Endless Pain, che non mi pare che abbiano una produzione impeccabile, anche perché neanche loro avevano grandi risorse, perciò cerchiamo di tenere sempre a mente da dove veniamo. Detto questo, un giorno mi piacerebbe avere un album prodotto professionalmente, ma senza snaturare il nostro sound.

Griso: Se un’etichetta dovesse proporvi un contratto, cosa rispondereste?
Carlo B.: Guarda, ha chiamato la Universal l’altro giorno, ho risposto “Fuck the system” e ho sbattuto il telefono. Cazzate a parte, dipende. Fino a prima della pubblicazione di questo album ti avrei detto di no, ma ora, se dovesse esserci qualcuno che ci aiuti a smaltire, anche minimamente, un po’ del lavoro che ad ora grava tutto sulle nostre spalle (dalla produzione alla promozione alla distribuzione), ci penserei seriamente. Ovviamente, dovremmo essere sulla stessa lunghezza d’onda dal punto di vista della filosofia, questa sarebbe la cosa più importante. Ad esempio, fino ad ora ci siamo tenuti lontani dalle principali piattaforme di streaming e il nostro album è disponibile solo su Bandcamp: non so quale etichetta (anche indipendente) accetterebbe una condizione del genere. Quindi dipende, mi piace avere il controllo della mia musica, ma doversi occupare di tutto comincia a diventare estenuante e forse anche controproducente. Vedremo!

Griso: Il nome del gruppo è relativamente inusuale. A che cosa fa riferimento?
Carlo B.: Preferivi che ci chiamassimo i “Nuclear Holocaust from Hell?”. Scherzo, meno male che è inusuale! The Healing Process è un album di una band deathcore chiamata Despised Icon, che ascoltavo molto da adolescente. Il nostro genere non c’entra nulla con quello dei Despised, ma mi sembrava un bel nome per una band, considerando che noi crediamo molto nel potere “curativo” della musica da un punto di vista puramente sociale. Cioè, crediamo che la musica e l’arte possano effettivamente influenzare la società più di ogni altra cosa.

Griso: Avete mai pensato ad ingaggiare nuovi membri?
Carlo B.: Sì, siamo alla costante ricerca di nuovi membri, ma se non li troviamo ce ne faremo una ragione. Per ora, il nostro obiettivo principale è quello di sfornare musica e a quello scopo bastiamo noi. Ma la risposta è sì, ci abbiamo pensato, anche perché siamo curiosi di provare i pezzi così come li abbiamo intesi.

Griso: La vostra musica sarà suonata dal vivo?
Carlo B.: Ricollegandomi alla domanda precedente, senza band non esiste live! Per il momento l’attività live è in sospeso, ma stiamo lavorando anche su quel fronte.




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