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APOCALYPSE ORCHESTRA - Penitenziagite, o peccatores!
03/04/2025 (357 letture)
Gävle è una ridente cittadina della Svezia centrale e ha ricevuto lo status di città nel 1446. Poco meno di sei secoli dopo è luogo della fondazione degli Apocalypse Orchestra. In occasione dell’uscita del loro nuovo album A Plague Upon Thee non potevamo non intervistare Mikael Lindström, cornamusista e ghirondista della band per una chiacchierata a tutto tondo tra anacoreti, indulgenze e metal.

Vandroy: Ciao ragazzi, benvenuti su Metallized! Come state? Io sono Federico e sono felicissimo di potervi intervistare. Come prima cosa volevo porvi le mie congratulazioni per la pubblicazione del vostro nuovo album A Plague Upon Thee. Se non sbaglio, credo sia la prima volta che capitate sui nostri lidi, quindi vi lascio un po’ di spazio per raccontarci chi siete.

Mikael Lindström: Grazie per averci ospitati sulle vostre pagine e buona domanda! Siamo gli Apocalypse Orchestra, una band metal medievale dalla Svezia. Siamo stati fondati nel 2013 e finora abbiamo pubblicato due album.

Vandroy: Nonostante abbiate appena pubblicato il vostro secondo disco, sono già passati dodici anni da quando avete creato la band. Come ci si sente a guardarsi indietro, ora?

Mikael Lindström: Il tempo vola, nemmeno ci sembra siano passati dodici anni. Ne abbiamo passate di cose assolutamente folli insieme. Abbiamo suonato in così tanti paesi diversi, incontrato un sacco di persone splendide, preso tantissimo freddo mentre giravamo i nostri video e abbiamo passato infinite ore a scrivere e registrare la musica che amiamo.

Vandroy: Sono passati sette-otto anni di stacco tra il vostro disco di esordio The End Is Nigh e il nuovo A Plague Upon Thee. Come siete riusciti a gestire questi lunghi periodi di gestazione sia dal punto di vista creativo che da quello personale?

Mikael Lindström: Il nostro processo lavorativo è stato abbastanza costante: due sere a settimana a scrivere, registrare oppure provare. Tutti noi abbiamo una famiglia, un lavoro a tempo pieno e un certo desiderio di perfezionismo, quindi ci vuole molto tempo affinché venga pubblicato del nuovo materiale. Tuttavia abbiamo imparato diverse cose in questo lasso di tempo quindi per il nuovo album non ci dovrebbero volere altri sette anni.
Ci sono stati momenti in cui ci sembrava di essere completamente impantanati, ma con pazienza siamo riusciti ad andare avanti e a pubblicare A Plague Upon Thee.

Vandroy: Ascoltando il vostro disco si può notare una maggiore omogeneità e fluidità rispetto a quanto ottenuto su The End Is Nigh. Cosa pensate sia cambiato maggiormente tra i due dischi?

Mikael Lindström: Si, sono d’accordo anche io che le canzoni siano molto più consistenti e assomiglino di più a un’esperienza a tutto tondo rispetto a The End Is Nigh. In questi anni abbiamo imparato molte cose nei riguardi della scrittura dei nostri testi e le orchestrazioni sono più ambiziose. Sono anche stati aggiunti nuovi strumenti nel mix ed Erik Larsson (ndr: il chitarrista e cantante) si è dannato l’anima per organizzare dei cori che fossero più magnifici rispetto al disco precedente. Tuttavia ci sono comunque state molte similitudini perché è importante per noi non distaccarci troppo dalla formula principale della nostra musica.

Vandroy: Personalmente ho amato alla follia la copertina di A Plague Upon Thee. Cosa potete dirci delle intenzioni e delle ispirazioni che ci sono dietro? Parlateci un pochino anche dell’artista che l’ha creata.

Mikael Lindström: Abbiamo saputo fin dall’inizio che avremmo voluto lavorare nuovamente con Cezilia Hjelt Röstberg considerando lo splendido lavoro che aveva fatto con la copertina del nostro primo disco. Lei ha questa fantastica abilità di riuscire a catturare quelle antiche e strane sensazioni che si ritrovano nell’arte e nei marginalia medievali. Lei comprende appieno la nostra visione ma riesce comunque ad aggiungerci il suo tocco personale.
Una cosa che ci piace moltissimo dell’arte medievale è la grande abbondanza di piccoli dettagli e di trovare nuovi significati ogni volta che la si osserva. C’è tantissimo simbolismo e grande libertà nella sua interpretazione. Di conseguenza abbiamo chiesto a Cezilia di tenere questo aspetto in mente durante la creazione della copertina. Il risultato non poteva soddisfarci più di così!
Cezilia inoltre lavora come tatuatrice! Se in futuro vi capiterà di visitare Göteborg, vi consigliamo di fare un salto nel suo studio per lasciarle disegnare un po’ di arte sulla vostra carne!

Vandroy: Per quanto riguarda il processo di scrittura dei testi, è tutto molto spontaneo oppure dietro c’è tanta ricerca che nasce anche dai temi prescelti, come per esempio gli anacoreti di Anchorhold?

Mikael Lindström: Riflettiamo molto quando si tratta di scrivere i nostri testi, quindi il processo non è molto spontaneo. Le tematiche hanno la necessità di essere sia adatte alla nostra musica, sia di possedere al proprio interno una connotazione strana, bizzarra oppure oscura. Quando ho scoperto dell’esistenza degli anacoreti ho immediatamente riconosciuto che avremmo dovuto parlare di loro in una delle nostre canzoni. Inoltre cerchiamo di scrivere i nostri testi in maniera il più possibile aderente alla realtà storica per poi aggiungere il nostro piccolo tocco personale.
Gli anacoreti erano dei cristiani profondamente religiosi che si facevano murare vivi, in maniera volontaria, in piccole celle che spesso si trovavano attaccate alle chiese locali e venendo considerati morti per il mondo esterno pur essendo ancora vivi. In questo modo, distaccandosi completamente dalla mondanità della vita, potevano dedicarsi completamente a Dio.
La nostra grande speranza è che una canzone come questa promuova la curiosità e l’interesse delle persone su questo argomento e non solo. C’è così tanto da scoprire su questo scorcio della Storia!

Vandroy: Quali sono state le maggiori difficoltà che avete incontrato nell’integrare il Doom Metal con le melodie della musica monofonica medievale e quali aspetti, allo stesso modo, ne hanno invece facilitato l’unione?

Mikael Lindström: Non è stato così difficile integrare le melodie medievali con questo tipo di Metal lento perché spesso si accoppiano molto bene in fatto di tempo e di sensazione. Ovviamente c’è, da parte nostra, la necessità di fare dei piccoli aggiustamenti visto che la musica medievale non doveva obbedire alle “regole” a cui siamo soggetti noi e – per questo – a volte può sembrare strana alle nostre orecchie. Le melodie autentiche del passato possono suonare estremamente accattivanti ma, all’improvviso, contenere al loro interno parti che al nostro orecchio stonerebbero.

Vandroy: Di solito, quando si parla della componente medievale nel Metal, la prima cosa che viene in mente è l’uso di strumenti musicali della tradizione – in generi soprattutto come il folk o il pagan metal – accoppiato a melodie molto più allegre derivate dalla tradizione trobadorica. Al contrario, le vostre influenze chiaramente derivano dalla musica liturgica e seguono il sentiero tracciato da una band come gli Obsequiae. Che cosa vi ha fatto scegliere di affidarvi a testi come le Cantigas de Santa Maria e il Llibre Vermell de Montserrat invece che adattarvi al luogo comune?

Mikael Lindström: Questa è una ottima domanda - io amo gli Obsequiae! – e credo che ciò sia stata una delle ragioni principali per cui abbiamo cominciato a suonare insieme. Io volevo tantissimo suonare un tipo di folk metal molto più legato alla tradizione storica e con delle tematiche un po’ più seriose. Ho cercato di evitare soprattutto il concetto di “Gloria nella Battaglia” perché sono fermamente convinto che la maggior parte delle persone dell’epoca se la facesse sotto dalla paura sui campi di battaglia.

Vandroy: Ogni aspetto del vostro album contiene al suo interno una forte connessione e ispirazione agli aspetti devozionali che erano parte fondamentale della vita di tutti i giorni nel Medioevo. Due di questi esempi possono essere trovate nel monasticismo estremo praticato dagli anacoreti - soggetto di Anchorhold – e nella vendita delle indulgenze – protagonista di Sacrament of Avarice - praticata dalla Chiesa cattolica. Paragonato al vostro primo album The End Is Nigh – dove vi siete concentrati più sulle fatiche dell’uomo medievale - sembra come se per A Plague Upon Thee abbiate scelto un diverso punto di vista da cui approcciare lo stesso soggetto. La mia impressione è corretta oppure ho esagerato nella sovranalisi?

Mikael Lindström: La nostra non è stata una scelta fatta consciamente ma, ora che lo hai menzionato, potresti avere colto qualcosa di interessante. A me piace moltissimo questo, cioè che tu, ascoltatore, puoi trovare la tua chiave di interpretazione della nostra musica. Noi cerchiamo di lasciare sempre un poco di ambiguità per favorire questo tipo di processi mentali. Mi ricordo di questo commento trovato sulla piattaforma di YouTube – che riguardava una delle nostre canzoni – che è arrivato a farci dubitare persino del significato dei testi delle nostre stesse canzoni.

Vandroy: Come avete approcciato, sia come musicisti sia – come posso supporre – appassionati di storia, il soggetto del Medioevo e del suo riutilizzo moderno?

Mikael Lindström: Il nostro approccio prende forme molto diverse. Spesso ci capita di trovare l’ispirazione in fonti primarie come la ”Historia delle Genti et della Natura delle cose settentrionali” scritta dal geografo e arcivescovo di Uppsala – vissuto tra il 1490 e il 1557 – Olaus Magnus. È un librone piuttosto voluminoso che contiene tantissime e diversissime informazioni “importantissime”: da come combattere mostri mitologici al perché le api attaccano la gente ubriaca! Lo approcciamo anche attraverso l’arte e, per me, anche attraverso la rievocazione. Ogni anno visito Visby, una cittadina svedese che si trova nell’isola di Gotland, che ospita la “Medieval Week”. Una settimana di performance, tornei, conferenze, musica e cibo. Per quanto riguarda l’aspetto di musicista, non sono sicuro di come poterti rispondere. Ognuno nella band trae ispirazione da cose diverse, quando si tratta di approcciare l’argomento; sia che si tratti di musica Symphonic-progressive sia che si tratti del Black Metal delle origini.

Vandroy: La riscoperta e il riutilizzo del passato premoderno europeo da parte della musica metal, all’interno della sua storia, non è mai stato un processo diretto. Solitamente i musicisti evocano il periodo medievale in maniera primaria come un’estetica astorica e solamente in maniera sporadica come un punto di riferimento storico. In questo modo viene a crearsi un Medioevo che non è veramente connesso al passato, ma viene usato più come una fonte di immagini e idee da cui i musicisti metal traggono ispirazione. Cosa ne pensate come Apocalypse Orchestra e come persone?

Mikael Lindström: Non sono sicuro di essere d’accordo con te su questo argomento. Per me è molto difficile speculare su come le altre band usano questo periodo storico come ispirazione. Forse la nostra musica dà l’impressione di essere più connessa al passato perché usiamo strumenti e melodie storiche ma alla fine si riduce tutto a come ciò ti fa sentire. Ci sono probabilmente migliaia di persone che, nella loro immaginazione, si sentono all’interno dell’epoca vichinga ogni volta che ascoltano gli Amon Amarth, per esempio.

Vandroy: Solo un’ultima curiosità prima di separarci. Come abbiamo già abbondantemente sottolineato, c’è un sacco di Medioevo incastonato nel vostro disco; eppure possiamo almeno trovare un elemento – come il poema “A Litany in Time of Plague” di Thomas Nashe – che è stato scritto nel XVI secolo. Come vi siete imbattuti nel suo lavoro e cosa in particolare vi ha convinto in maniera tale da includerlo in A Plague Upon Thee?

Mikael Lindström: Si, certamente il Medioevo è stata la nostra principale ispirazione ma anche materiali più “nuovi” si rivelano interessanti, quindi sicuramente non ci siamo posti dei limiti temporali invalicabili per quanto riguarda le fonti da usare. Per esempio, il medico della peste a cui noi siamo assai attratti, viene descritto per la prima volta al più tardi nel 1619. Spesso ci affidiamo ai poemi medievali come materiale, però casualmente ci siamo imbattuti in quello di Thomas Nashe. Ci abbiamo messo poco tempo a realizzare che avevamo la necessità di inserirlo nel nostro disco in qualche modo. Abbiamo avuto la sensazione di come se fosse stato scritto per noi, spoglio, freddo e bellissimo allo stesso tempo.

Vandroy: Siamo arrivati alla fine ed è purtroppo il momento dei saluti. Grazie per il vostro tempo e spero di vedervi presto a qualche data!

Mikael Lindström: Grazie per le domande riflessive e interessanti! Speriamo di vedervi tutti presto in uno dei prossimi concerti!



Darma C
Sabato 19 Aprile 2025, 14.55.53
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