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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Scream Arena - Scream Arena
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( 2227 letture )
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Inglesi, al debutto con una label che ha grandi progetti per loro, ecco giungere gli Scream Arena. Già dalle note partorite dall’ufficio stampa, la deriva di act super pompato e paraculo si intuisce nitidamente, cito testualmente: gli Scream Arena giungono dal Regno Unito come gli Stones, i Led Zeppelin, Deep Purple, The Who , Black Sabbath, Def Leppard e Iron Maiden. Occhio che avete dimenticato i Saxon, eh! Insomma, con tutto il rispetto, solo ed esclusivamente la terra d’origine può essere ritenuta una garanzia di qualità per un combo nuovo di zecca? Sinceramente no. E poi accostare i nuovi virgulti a leggende che hanno reso l’hard immortale, mi pare eccessivamente e pretestuosamente azzardato. E allora andiamo ad ascoltare la nuova mitologia in erba che sta per invadere il mondo, sempre dando retta alla parola ferrea della loro etichetta, che certamente vorrebbe ritrovarsi tra le mani calibri indistruttibili e leggendari. Sai che vendite!
La copertina è davvero suggestiva e pregnante, ma voglio la musica, gli inutili orpelli mi lasciano indifferente. Paul Sabu, figura importantissima dello US Rock, ha preso sotto la sua ala potente la band e ha convinto i pard a pubblicare la celeberrima cover di Elvis, Heartbreak Hotel. Via si parte. Born Ready apre le danze con un discreto ritmo molto pestato, agghindato di chitarre avvolgenti e voce raschiante, melodie oscure che sinceramente non fanno brillare il cielo sopra di loro, e allora riproviamo con il secondo scalino in tracklist, quella The Price Of Love in cui spicca la voce di Andy Paul per il non riuscire ad esibire registri alti e codificare, ahimè, un singing abbastanza piatto, l’atmosfera è cupa, con striature dark, le chitarre taglieggiano nell’oscurità e la batteria mena sassate, stratificando un ritornello che sa di antico richiamando alla mente pezzi di storia del passato. Sinceramente mi attendevo qualcosa di più pungente, ma andiamo oltre. Racing To The End of Night ha un incedere maestoso con un perfetto equilibrio di key accattivanti, batteria e basso sguscianti, chitarre ora elettriche ora acustiche, ma la voce basata su registri bassi e profondi non da mai il colpo di grazia, non si eleva mai accentando toni esaltanti e questo, a parere del sottoscritto, è un problema non da poco: il singer in una band è il trademark sempre, nel bene o nel male. House of Pain, molto effettata con un attacco di batteria in rullata da mezzo minuto cadenzato, risulta piacevole, la produzione tutt’altro che lucida e cromata ma con elementi vintage e darkeggianti, quasi horrorifica nello sviluppo alla Alice Cooper e Lizzy Borden, insomma un bel pezzo finalmente, così come la sopraccitata cover elvisiana di Heartbreak Hotel, resa pesantissima, vestita in pura ghisa, con toni da film thriller e strumenti aggrovigliati ma pulsanti, in sostanza quasi irriconoscibile dall’originale, ma risulta una bella mattonata sulle falangi. Another Night in London Town, all’improvviso, parte come una track smaccatamente scintillante con una produzione sensibilmente brillante, abbandonando i toni scurissimi adottati sino al pezzo numero 5, e si mostra come una song creata per sfoggiare inflessioni da classifica o aspirazioni da chart, condita da melodie propriamente britanniche e di buon impatto, però la voce, ancora una volta, mostra limiti e un’estensione rauca e circoscritta; ottimo invece il solo dell’ascia che si lascia andare senza briglie, mentre sovviene il chorus martellante e di facile presa. Knave of Hearts è posseduta da un riff molto maideniano, forse pure troppo, un hard saltellante con un solo di guitar che conquista metri, ma la vocalità di Andy Paul non convince, sebbene il quintetto si dia un gran da fare per differenziare la composizione e la scrittura. Se Goodnight LA sfoggia un ottimo ritornello che si contrappone alla voce principale, un po’ troppo dimessa e con lacune evidenti, Forever parte spedita, caotica, per assumere un flavour che ricorda, senza dubbi, il grande Alice Cooper e si basa su un inciso non memorabile e sottolineato da un brandello corale che rimembra gli AC/DC di Thundestruck. Si va verso le note finali, quando irrompe Somewhere, song brutta, segnata da una vocalità strampalata, deludente e sfasata che condiziona il timing, anche se la chitarra punge in maniera assillante e piacevolmente intrigante, la riuscita del singing sconcerta per la pochezza. Si chiude il platter con Queen of Dreams, un mix in bilico tra Iron e Whitesnake, ma qui il registro canoro si manifesta inadeguato per tentare di avvicinarsi, anche solo lontanamente, alle vette scalate da epopee come Coverdale e Dickinson/ Di Anno, senza contare che la traccia si palleggia tra steccate elettriche ed arpeggi acustici che convivono ma non fanno gridare al miracoloso.
Gli Scream Arena hanno un problema serio: Andy Paul è il loro uomo simbolo ma il suo ruolo all’interno della band è palesemente manchevole e affossa alcuni buoni spunti che caratterizzano il reticolato musicale. Il dilemma è lacerante, ma con un frontman diverso dotato di estensione ed espressività maggiore, parecchie cose potrebbero cambiare. Ovviamente in meglio. Un cantante è la base di un gruppo, piaccia o non piaccia, girls and boys!
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Born Ready 2. The Price of Love 3. Racing to the End of Night 4. House of Pain 5. Heartbreak Hotel 6. Another Night in London Town 7. Knave of Hearts 8. Forever 9. Goodnight LA 10. Somewhere 11. Queen of Dreams
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Line Up
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Andy Paul (Voce) Alex Mullings (Chitarre) Phil O’Dea (Chitarre) Lincoln J. Roth (Basso) Michael Maleckyj (Batteria)
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RECENSIONI |
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