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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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As I Lay Dying - Frail Words Collapse
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Siamo nell'anno 2000: Tim Lambesis, ex chitarrista di una band chiamata Society's Finest decide di buttarsi in un altro progetto, reclutando Jordan Mancino, alla batteria. È solo dopo un anno che il duo diventa un quartetto, grazie all'aggiunta di Evan White alla chitarra e di Noah Chase al basso. Nel frattempo, Lambesis decide di lasciare la chitarra per dedicarsi unicamente alle parti vocali: nascono così ufficialmente gli As I Lay Dying. I quattro procedono spediti, firmando, sempre nello stesso anno, con la Pluto Records, per la quale registrano il loro debut album Beneath the Encasing of Ashes che, a parte qualche piccolo episodio, non può essere definito un capolavoro di originalità, ma che si fa comunque ascoltare. Dopo uno split album con gli American Tragedy e qualche tour, ci vediamo catapultati nel 2003: il quartetto è diventato un quintetto, con l'aggiunta di Jasun Krebs alla chitarra. Mancino, White e Lambesis rimangono stabili in formazione, mentre assistiamo al debutto al basso di Clint Norris, che va a rimpiazzare Chase. Scaduto il contratto con la Pluto, i cinque decidono di firmare per la Metal Blade Records, label che li stava tenendo d'occhio da un pezzo. Ed è proprio sotto l'ala protettiva della loro amata Metal Blade, che li accompagnerà per tutta la loro carriera, che i cinque decidono di rientrare in studio per registrare quello che, secondo la maggior parte degli appassionati, viene definito il loro primo vero album: Frail Words Collapse. Registrato nel Febbraio del 2003 e prodotto dagli stessi White e Lambesis, l'album presenta una durata "nella media" del genere, poco meno di quaranta minuti, suddivisi in dodici tracce, tre delle quali provengono dallo split album con gli American Tragedy, mentre una è una ri-registrazione da Beneath the Encasing of Ashes.
Inserendo il cd nello stereo, si viene subito accolti da 94 Hours, primo singolo della band e loro pietra miliare. Ciò che colpisce, fin da subito, è la produzione dell'album. Lambesis e White hanno fatto un lavoro magistrale, creando un'atmosfera sporca e distorta, ma allo stesso tempo precisa, quasi chirurgica: gli strumenti si amalgamano alla perfezione, si riesce a carpire ogni singolo colpo di grancassa, ogni singola nota, che sia di chitarra o basso, anche se Lambesis ci sta urlando contro con tutto il fiato che ha in corpo. Le chitarre non si sovrastano mai, i piatti si sentono ma non eccessivamente, i cori ci sono ma hanno la facoltà di restare in disparte, quasi lontani ma comunque udibilissimi; il rullante è tirato quanto basta, la voce è livellata alla perfezione. Insomma, quest'album sa come farsi ascoltare. Nel frattempo, 94 Hours è finita e ci ha regalato tutto ciò di cui un fan del "core" ha bisogno: blast beat, break down ritmati e pesanti, armonizzazioni di chitarra, tappeti di pedali e, ultima ma non meno importante, la melodia creata dalla voce di Lambesis e dalla coppia White e Krebs, sorretta da un magistrale Norris, che fa sentire la sua presenza con delle plettrate potenti, energiche. Subito dopo ci troviamo faccia a faccia con Falling Upon Deaf Ears, che non aggiunge nulla di nuovo a quanto già scritto sopra, ma che scivola comunque via senza annoiare, data la sua durata poco al di sopra dei due minuti. Pochi secondi dopo, veniamo catapultati in un mondo malinconico, sofferente, grazie a Forever, secondo singolo estratto dall'album e altra pietra miliare della band. La traccia si distingue per le struggenti melodie di chitarra: sembra quasi che Lambesis canti non sopra alla coppia White/Krebs ma insieme, come se ci fossero tre cantanti, creando un effetto che non lascia assolutamente indifferenti. Altra novità portata dal brano sono i cori in pulito, ottimamente eseguiti dal bassista Chase. Dopo una non memorabile Collision, veniamo investiti da un treno in corsa, treno che risponde al nome di Distance is Darkness, uno degli episodi meglio riusciti del disco, che combina una batteria veloce e tiratissima a delle chitarre dissonanti, specie nel primo break down, con la voce di Lambesis, arrabbiata, cattiva, devastante che la fa da padrona. Dopo circa un minuto e trenta di randellate da parte dei cinque, veniamo soccorsi dalla voce di Chase. Con il suo arrivo, la canzone si "apre", diventa ariosa, e il nero mare di violenza che sentivamo fino a un secondo prima lascia spazio ad un'ampia distesa di malinconia. Lambesis si fa da parte e la voce del bassista ci culla, ma non troppo, con un pulito che sta per trasformarsi in un urlo, recitando ossessivamente: There is love, there is love, there is love fino ad arrivare a gridarcelo addosso, a fine canzone, come se non ne potesse più, come se fosse diventato pazzo. Ancora scossi dalla precedente canzone, troviamo White e Krebs che suonano una struggente melodia in pulito, che poco dopo si trasforma in un altrettanto struggente accompagnamento (rigorosamente distorto) alla voce di Lambesis, che ci recita il testo migliore dell'album, triste e arrabbiato allo stesso tempo, in puro stile As I Lay Dying. Si tratta di Behind Me Lies Another Fallen Soldier, ri-registrazione di una traccia che compariva nel precedente Beneath the Encasing of Ashes. È una canzone che, da sola, merita sicuramente più di un ascolto, capace di creare un'atmosfera veramente unica. Provare per credere. D'ora in poi, purtroppo, viene a galla il problema dell'album: Undefined, A Thousand Step, The Beginning e The Pain of Separation sono tutte, praticamente, tranquillamente "skippabili": non portano nulla di nuovo. La loro unica caratteristica è l'essere impregnate di un melodic death a la In Flames di Whoracle o Colony, ma niente di più. L'unica macchia bianca fra tutte risulta essere Song 10, traccia (quasi) interamente in pulito, che si pone appena prima di Pain of Separation, della durata sopra la media del disco (oltre i quattro minuti), considerabile la "ballad" di questo Frail Words Collapse. Se non altro, le canzoni non sono così lunghe da far cadere in noia l'ascoltatore e si fanno comunque ascoltare, grazie alla perfetta esecuzione e all'immancabile pesantezza. Va a chiudere il cerchio Elegy, che rialza il livello d'attenzione dell'ascoltare; pur essendo sempre intrisa di melodic death, riesce a diluirlo con una dose di metalcore ben riuscito, con tutto ciò che ne consegue, tra ritornelli malinconici, arrabbiati, strofe incalzanti e break down possenti.
E così, dopo esattamente trentotto minuti e quarantuno secondi, questo viaggio nel mondo degli As I Lay Dying è finito. Guardo l'orologio: c'è ancora tempo per riascoltarlo un altro paio di volte. Premo play e mi reimmergo nell'oceano di dolore, accompagnato da Tim Lambesis e soci, perché effettivamente quest'album potrà risultare noioso nella sua parte terminale, ma la perfezione dell'esecuzione e la produzione micidiale gli danno modo di farsi ascoltare più e più volte. Ve lo consiglio vivamente.
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Gran bel disco Metalcore, 94 Hours è una delle più cattive canzoni del genere e Behind Me Lies Another Fallen Soldier non scherza. 78 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. 94 Hours 2. Falling Upon Deaf Ears 3. Forever 4. Collision 5. Distance Is Darkness 6. Behind Me Lies Another Fallen Soldier 7. Undefined 8. A Thousand Steps 9. The Beginning 10. Song 10 11. The Pain of Separation 12. Elegy
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Line Up
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Tim Lambesis (Voce) Evan White (Chitarra) Jasun Krebs (Chitarra) Aaron Kennedy (Basso) Jordan Mancino (Batteria)
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