IN EVIDENZA
Album

Avatarium
Between You, God, the Devil and the Dead
Autoprodotti

Darko (US)
Dethmask 3
CERCA
RICERCA RECENSIONI
PER GENERE
PER ANNO
PER FASCIA DI VOTO
ULTIMI COMMENTI
FORUM
ARTICOLI
RECENSIONI
NOTIZIE
DISCHI IN USCITA

30/04/25
ACHERONTAS
Νekyia – The Necromantic Patterns

01/05/25
VIRTUAL SYMMETRY
Veils of Illumination [Ed. digitale]

01/05/25
DEATH SS
The Entity

02/05/25
BLEED
Bleed

02/05/25
MAESTRICK
Espresso della Vita: Lunare

02/05/25
AMALEKIM
Shir Hashirim

02/05/25
PROPAGANDHI
At Peace

02/05/25
HATE
Bellum Regiis

02/05/25
FIRIENHOLT
Night Eternal

02/05/25
THE FLOWER KINGS
Love

CONCERTI

27/04/25
HEILUNG
TEATRO ARCIMBOLDI - MILANO

27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO

27/04/25
RHAPSODY OF FIRE
AUDITORIUM DI MILANO FONDAZIONE CARIPLO, LARGO GUSTAV MAHLER - MILANO

27/04/25
FRONTIERS ROCK FESTIVAL
LIVE CLUB - TREZZO SULL\'ADDA (MI)

27/04/25
DELTA SLEEP
REVOLVER CLUB, VIA JOHN FITZGERALD KENNEDY 39 - SAN DONÀ DI PIAVE (VE)

27/04/25
HUGH CORNWELL
LOCOMOTIV CLUB, VIA SEBASTIANO SERLIO 25/2 - BOLOGNA

27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)

27/04/25
DOOL
LEGEND CLUB, VIALE ENRICO FERMI 98 - MILANO

28/04/25
HUGH CORNWELL
LEGEND CLUB, VIALE ENRICO FERMI 98 - MILANO

28/04/25
ANNA B SAVAGE
ARCI BELLEZZA, VIA G. BELLEZZA 16/A - MILANO

Forgotten Horror - Aeon of the Shadow Goddess
( 2253 letture )
Lilith è una figura della mitologia ebraica. Originariamente sviluppata nel Talmud di Babilonia, trae origine molto probabilmente da un’antica classe di demoni mesopotamici, che ritroviamo in antiche iscrizioni e testi cuneiformi di Sumeri, Accadi, Assiri e Babilonesi.
La radice semitica L-Y-L, che mutua layil in ebraico e layl in arabo, significa “notte”. A layil si lega intimamente lilit che, appoggiandosi alla radice linguistica proto-semitica, vi aggiunge la nisba t, in modo da indicare il luogo di appartenenza della creatura che il nome descrive. La traduzione più comune, dunque, è “demone della notte”. Altri, tuttavia, associano il nome al vento e all’aria piuttosto che alla notte, considerando lo spirito un prestito dal sumero lil, “aria”, sulla base di una corrispondenza tra il demone accadico Lil-itu con la dea sumera Ninlil.

La figura di Lilith venne assurta quale incarnazione della lussuria, capace di deviare l’uomo, e come una strega che strangola neonati indifesi, come si evince dal proseguo della storia narrataci nell’“Alfabeto”, dove Lilith, richiesta e pregata di tornare da Adamo, asserisce di essere creata per portare il tormento agli infanti e stringe un patto con gli angeli Senoy, Sansenoy e Semangelof che, qualora avesse visto il loro nome su degli amuleti, avrebbe lasciato in pace il bambino che lo avrebbe portato.
I britannici Cradle of Filith hanno dedicato l’intero album Darkly, Darkly, Venus Aversa alla figura del demone, i Dissection ne hanno esplorato le caratteristiche nella canzone Dark Mother Divine.

Dunque, i Forgotten Horror, con questo Aeon of the Shadow Goddess, sono solo l’ultimo gruppo, cronologicamente parlando beninteso, a parlarci del demone. Giunti alla loro seconda fatica, dopo l’esordio nel 2011 con The Serpent Creation, il gruppo finlandese nato dalla mente di Tuomas Karhunen ci propone un lavoro che, sia dal punto di vista musicale che da uno puramente lirico e filologico, è molto ambizioso.
Il concept si divide in tre diversi atti composti da tre canzoni ciascuno, seguendo l’ormai nota simbologia cabalistica ed esoterica che dà al numero tre significati particolari e magici.

Atto I: The Birth of a Shadow

1. The Adept
2. Behold a Shadow Goddess
3. … Of Man’s First Rebellion

Atto II: The Dreamer and the Dream

4. Lilithian
5. In Ravenous Darkness (The Shores of Mictlan)
6. Queen of an Ivory Moon

Atto III: Aeon of the Shadow Goddess

7. Babalon Emissaries
8. Her Crescent Horns
9. The Ghost of Time

Aeon of the Shadow Goddess, è un album multiforme e multicolore, capace di riprodurre, attraverso un panneggio delicato e sottile, melodie e ritmiche elaborate, luminose e oscure, rievocative, sensuali ed eleganti. A spaccati più intimamente acustici, fanno da contrappunto ritmiche squisitamente black, per sfociare in un riffing di matrice più vicina a un death metal più melodico che strizza l’occhio alla scuola di Göteborg, per tornare, dunque, a esplorare situazioni e atmosfere oniriche e oscure. Il lavoro, nel suo insieme, rappresenta perciò un essere in continua mutazione, che tuttavia tende a sfiorire così com’era iniziato, in un’architettura ad anello, quasi a rappresentare nascita, crescita e, dunque, morte del demone. Il lucido intelletto di Karhunen ha partorito una gemma che è delicato affresco dell’evoluzione di un death metal che fonde elementi puramente black, che trae ispirazione dai primi Dissection e, in parte, anche dai Lord Belial (la canzone Lilithian, nel suo finale, cita la meravigliosa Lamia del gruppo svedese). Una gemma che, scevra da barocchismi, essenziale e completa, pone fondamenta solide sui propri modelli d’ispirazione, ma che merita di essere approfondita e sviscerata da ogni punto di vista, lasciandosi da essa trascinare e avvolgere.

Più complesso è, invece, l’apparato narrativo che risulta alquanto enigmatico e scollegato. Karhunen ha presentato il disco come un lavoro “che è cresciuto insieme alla mia consapevolezza spirituale” e nel quale “ho riversato la mia devozione verso la Regina delle Anime, la bella Figlia del Crepuscolo”. Tuttavia, prestando uno sguardo attento ai testi, non si riesce a ritrovare una vera e propria trama che colleghi i vari testi, ad eccezion fatta per le prime due tracce, The Adept e Behold the Shadow Goddess dove, invero, il collegamento è più sottinteso che realmente apparente. I testi, dunque, si risolvono, spesso, in un continuo esercizio di dottrina, spesso appesantito da riferimenti filologici estranei alla realtà mitologica cui si collega il demone. Dunque, di fronte a una prova musicale sicuramente ottima, fa da contralto un processo lirico che, da un punto di vista puramente conoscitivo è profondo, accompagnato spesso anche da stralci poetici di grande efficacia, ma che non riesce né ad avvicinare l’ascoltatore al percorso di fede che ha portato Karhunen alla composizione del lavoro, né riesce a delineare in qualche modo il culto di Lilith. Dunque, anche se considerassimo l’intero album come una raccolta di idilli, privilegiando dunque, piuttosto che un aspetto narrativo, uno più soggettivo, concettuale e volta a tratteggiare brevemente vari aspetti del suddetto culto, si rimarrebbe in qualche modo delusi.

ATTO I: THE BIRTH OF A SHADOW

The Adept è l’ouverture dell’intera opera. Composta con un gusto estetico tendente al gotico e all’esotico, la sua atmosfera è squisitamente evocativa. Con un tòpos letterario di faustania memoria, si descrive un adepto che invoca la dea dalle luminose oscurità.

I call thee, Malkath Lilith.
O Queen of shadows, come forth, –
Cipactli Na’amah,
The Scarlett Mistress of Babalon,
Coatlicue Gamaliel.

I call thee, Lilith, from lumenous darkness,
Bestir thee from the depths of sleep.
Iw ni isis nox Babalon,
Ama Tiamat jai Ma Kali.

T’invoco, Malkath Lilith.
Oh, regina delle ombre, vieni, –
Cipactli Na’amah,
La Rossa Prostituta di Babilonia,
Coatlicue Gamaliel.

T’invoco, Lilith, da luminose oscurità,
scuotiti dalle profondità del sonno.
Iw ni isis nox Babalon,
Ama Tiamat jai Ma Kali.


La musica, come ho già avuto modo di dire, è cambiamento ed evoluzione. La stasi compositiva è sempre risolta da un gusto particolare e cangiante. Un pezzo che è dichiaratamente ispirato ai Dissection di The Somberlain, ma che riesce comunque a vivere di vita propria, confondendosi e, in parte, esplorando nuove possibilità. Sviluppato forse in maniera eccessivamente superficiale, rappresenta, da un punto di vista prettamente lirico, un miscuglio disorganizzato di credenze che variano dalla mitologia azteca alla kabbalah, passando anche per credenze mesopotamiche e saggezza indiana. “Malkath” è, infatti, il “regno”, “Malkuth”, il decimo sephiroth nell’Albero della Vita della Kabbalah. Il sephirah è simboleggiato dalla Sposa e lo lega intimamente al Tif’eret, che è simboleggiato dallo Sposo. È il regno della materia, della realtà fisica, dei pianeti e del sistema solare. Pur rappresentando il sephirah più lontano dalla Fonte Divina, il Keter, esso è ciò dà forma tangibile alle altre emanazione e, quasi come il nodo di un circuito elettrico, è il nodo verso il quale tendono le emanazioni degli altri sephiroth. Cipactli e Coatlicue sono entrambe divinità della mitologia azteca: la prima, è un mostro femminile delle acque, in parte coccodrillo e in parte pesce, e il suo glifo rappresentava il primo segno dell’anno astrologico; la seconda, invece, era la dea del fuoco e della fertilità. Dunque, entrambe si legano insieme in un’intrinseca idea di cominciamento e di vita. Na’amah è un demone descritto nella Zohar, dove viene come una delle compagne dell’arcangelo Samael e, insieme a Lilith, è causa dell’epilessia nei bambini; Gamaliele, invece, di contrasto al misticismo cabalistico che lo vorrebbe come un eone, uno spirito benefico associato a Gabriele, Abraxas, Mikhar e Samlo, uno dei poteri celesti più forti e santi il cui compito è portare le anime degli eletti in Paradiso, segue chiaramente la lezione di Eliphas Levi, un occultista francese, che nel suo “Philosophie Occulte”, lo descrive come un’entità del male, contrapposta ai cherubini, e servo di Lilith. Per quanto riguarda Tiamat e Maha Kali, non credo ci sia bisogno di ulteriori digressioni, essendo già ampiamente note al pubblico metal.

Behold the Shadow Goddess è un pezzo più intimamente death rispetto al primo, pur rimanendo ben fissato sulle basi d’ispirazione che abbiano già approfondito lungamente in precedenza. L’apparizione di Lilith all’adepto è scandita dal ritmo forsennato della batteria di Kassara sul quale vanno ad inserirsi brevi staccati più propriamente melodici, riff in tremolo e brevi interludi solistici, ben supportati da una ritmica quasi mai scontata e banale, di quando in quando spezzato dall’intervento di sparuti cori femminili, magnifici e spaventevoli. La velocità e la violenza riprendono il sopravvento nell’episodio conclusivo del primo atto, … Of Man’s First Rebellion. Il titolo è chiaramente una citazione dal proemio del “Paradiso Perduto” di John Milton.

Of man’s first disobedience, and the fruit
Of that forbidden tree, whose mortal taste
Brought death into the world, and all our woe,
With loss of Eden, ‘till one greater Man
Restore us, and regain the blissful seat,
Sing, Heav’nly Muse.


Della prima disobbedienza dell’uomo, e del frutto
dell’albero proibito, il cui gusto fatale condusse
la morte nel mondo, e con ogni dolore la perdita
dell’Eden, fin quando non giunga un più grande
un Uomo a risanarci riconquistando il seggio benedetto,
canta, Musa Celeste.


La canzone, tuttavia, è una delle meno riuscite dell’intero lavoro, risultando un po’ troppo sconclusionata nel suo svilupparsi e nella sua costruzione, per niente accattivante se non in rari punti in cui alla forza ritmica viene ad aggiungersi un bell’interludio melodico. Da un punto di vista lirico, la canzone risulta troppo ermetica per poter dare un senso alla trama. Il titolo, con il suo chiaro riferimento al capolavoro di Milton, ma soprattutto la citazione che, nel booklet anticipa il brano

Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.
(Vangelo secondo Matteo, 10:34)


suggerirebbe la narrazione di un’ipotetica ribellione dell’uomo nei confronti di Dio, ma piuttosto risulta essere ridondante accademia di termine dotti e di nomi di disparate divinità (si citano Apopi, Tifone e così via), che appesantisce la narrazione.

ATTO II: THE DREAMER AND THE DREAM

Lilithian è uno dei capolavori del disco. Con questo pezzo si apre il secondo atto di questo Aeon of the Shadow Goddess, “The Dreamer and the Dream”. La narrazione, che si era complicata con il precedente … Of Man’s First Rebellion, rimane piuttosto enigmatica anche all’aprirsi del tema iniziale di questo quarto episodio. In ogni caso, il testo rimane uno dei più riusciti e belli dell’intero lavoro, non risultando appesantito da varie nomenclature, ma descrivendo con un gusto poetico decisamente unico un pellegrinaggio verso i cancelli di Babilonia.

Aeonic void, dreaming in silence,
Awakes in darkness supernal:
The old world is burning,
Charnel ashes of the ghosting past.

Stellar jewels, obsidian glow,
Nocturnals garments of lustrous evil,
Lead the pilgrim from the vestal dawn
To the crescent gates of Babalon.

Vehement pulse of an unknown reality,
Trascendental euphoria,
Drowning in raving darkness lucid inertia,
Lost in celestial emptiness and utopia.


L’abisso degli eoni, sognando in silenzio,
si risveglia in celestiali oscurità:
l’antico mondo sta bruciando
le ceneri morenti di un passato spettrale.

Gioielli stellari, brillanti di ossidiana,
notturni indumenti di un lucente male,
guidano il pellegrino dall’alba vestale
ai cancelli a mezzaluna di Babilonia.

Il veemente pulsare di una realtà ignota,
una trascendentale euforia,
affoga nelle deliranti ombre di una lucida inerzia,
si perde nella vuotezza celestiale e nell’utopia.


Il pezzo, da un punto di vista musicale, è originato da diversi prestiti più o meno predominanti, risultando un’unione tra Dissection (la strofa ricorda un po’ The Thorns of Crimson Death) e Lord Belial (Death As Solution e, come abbiamo già ricordato in precedenza, Lamia). Tuttavia, il pezzo riesce comunque a prendere una propria posizione, riuscendo a suonare fresco nelle orecchie dell’ascoltatore nonostante il citazionismo sia, in Lilithian, più marcato che altrove. Molto ben curata anche la sezione acustica che assolve un compito d’interludio, comunque supportata da una ritmica distorta, prima della melodica sezione solistica.
In Ravenous Darkness (By the Shores of Mictlan) propone atmosfere meno melodiche e più d’assalto rispetto al precedente episodio. Il pezzo è musicalmente ben curato e approfondito, le sue evoluzioni non sono mai banali. Il risultato è uno dei pezzi più personali dell’intero lavoro, un pezzo in cui le influenze dei propri modelli ispiratrici filtrano in maniera minore e che, all’orecchio dell’ascoltatore, risulta più soggettivo. Vi sono anche passaggi che mettono in mostra anche un gusto più propriamente tecnico, rispetto all’estetica della violenza, della melodia e delle atmosfere che abbiamo potuto apprezzare fin qua. Molto bella ed evocativa, inoltre, la chiusa con il pianoforte. Sulla stessa lunghezza d’onda è anche il seguente Queen of an Ivory Moon che, dopo un’introduzione acustica delicata e tremendamente stupenda, sulla falsariga degli eterei e vasti interludi acustici che contraddistinguono gruppi quali gli Insomnium e i Noumena, assale la giugulare dell’ascoltatore con inaudita ferocia e violenza. Anche qua, emerge il lato più espressamente personale di Karhunen che, anche in sede lirica, consegna uno splendido idillio, una squisita preghiera di stampo classico che, pur non risolvendosi in alcuna richiesta, caratterizza molto bene la figura del demone, descrivendola nei suoi accenti più cupi e oscuri con reale ammirazione. Tornando, invece, alla musica, è sicuramente da sottolineare lo stupendo interludio finale, uno dei più riusciti dell’intero lavoro.

ATTO III: AEON OF THE SHADOW GODDESS

Il terzo e ultimo atto si apre con Babalon Emissaries, un pezzo che fonde alla spinta ritmica del black metal, un gusto melodico di stampo orientale. Anche qua, da un punto di vista musicale, non vi è molto altro da dire che non sia già stato lungamente espresso in precedenza: il pezzo è continuo cambio di atmosfere e di tematiche musicali sviluppate in un continuum che è incapace di ripetersi. La traccia seguente, Her Crescent Horns, è un altro degli episodi più riusciti dell’intero concept. Le melodie s’inseguono in un intreccio armonio stupendamente ordito, valorizzato dagli stupendi cori e dalla voce di Karhunen che, mai come in questo pezzo, risulta alle orecchie dell’ascoltatore così evocativa. Stupendo, inoltre, il testo, nel quale si tratteggia con delicata ermeticità l’invocazione di Eva a sua sorella Lilith, alla quale sembra chiedere perdono per la sua cacciata dal Paradiso che ha causato la sua dannazione.

“Lilith, Lilith? thy sister calls!
My emanation far within
Weeps incessantly for my sin.

Truly, my Satan, thou art Prince:
My eternal Man set in repose,
The Female from his darkness rose,

And She found me, beneath a Tree;
A mandrake in her veil hid me
In fathomless and boundless deep,
Where we wonder, where we weep…”


“Lilith? Lilith? Tua sorella ti chiama!
La mia anima, fin nel profondo,
piange incessantemente per il mio peccato.

Invero, mio Satana, tu sei un Principe:
il mio eterno Sposo si addormentò
e la Donna s’innalzò dalle sue oscurità,

e mi trovò, all’ombra di un Albero:
una mandragora mi nascose sotto il suo velo,
in profondità infinite e insondabili,
dove ora vaghiamo, dove ora piangiamo…”


Questo che è puramente un espediente narrativo, dal momento che in nessuna tradizione abbiamo una lezione che ci dica che Lilith sia stata cacciata da Eva dalla lingua di serpente (Serpent-tongue Eve), risulta, nella sua soggettività, un piccolo idillio all’interno di una formula d’invocazione volta a “schiacciare gli agnelli di Cristo” (Snatching the lambs of Christ). Da evidenziare, da un punto di vista puramente filologico, come sia simpatico l’utilizzo del verbo “to snatch” piuttosto di un più abusato “to destroy” o altri suoi sinonimi, dal momento che il sostantivo a cui il verbo si riferisce, “snatch” appunto, è usato spesso in modo volgare per indicare le parti sessuali femminili. Dunque, la distruzione passa necessariamente attraverso la penetrazione violenta del Cristo intesa in senso carnale, rendendo dunque impuro ciò che prima era puro.

Nam sublata uirum manibus tremibundque ad aras
deductast, non ut sollemni more sacrorum
perfecto posset claro comitari Hymenaeo,
sed casta inceste nubendi tempori in ipso
hostia concideret mactatu maesta parentis.


Allora, portata da mani di uomini, tremante, agli altari
fu condotta: non perché – pia, empiamente – nel tempo stesso delle nozze
dolente vittima cadesse d’un sacrificio paterno.
(De rerum natura, vv. 96-100; Lucrezio)


Inceste ci tramanda, infatti, Lucrezio raccontandoci il sacrificio di Ifigenia: ovvero, la negazione di ciò che è casto, etimologicamente; lo stupro delle regole della Natura (nel caso di Lucrezio, dei rapporti tra padre e figlia, nel caso della canzone in esame la violenza contro il Cristo).
La traccia The Ghost of Time chiude l’atto e l’intero disco. La traccia è un substrato melodico che ruota intorno al riffing principale che, ora s’acquieta in spaziati staccati melodici sempre mutuati da gruppi più melodici, a passaggi più furiosi, prima di spegnersi su un arpeggio intessuto dalla chitarra distorta.


CONCLUSIONI:

In definitiva, posso ribadire solamente quanto già detto in inizio di recensione. La parte musicale è completamente riuscita, solida e completamente avulsa da veri e propri passaggi a vuoto, dal momento che, alla fine, … Of Man’s First Rebellion, risulta essere un unicum all’interno dell’intero full-lenght. Anche nei punti di più chiara derivazione dai propri modelli d’influenza, riusciamo a quel barlume, quel fuoco di personale interpretazione che riesce a farci godere il pezzo.
Dal punto di vista del concept, se si eccettuano alcuni passaggi lirici, come quelli già citati, ci troviamo di fronte a un grande punto interrogativo. I testi rimangono per lo più scolastici, manieristici nei loro calchi d’inglese aulico di metà ‘800, e ciò che voleva essere lo scopo dell’intero Aeon of the Shadow Goddess, sfocia in un esercizio di conoscenze che non permette né di riconoscere una vera e propria continuità narrativa né un concreto e soggettivo sviluppo della figura di Lilith. In ogni caso, considerando che l’approccio al testo cambia da persona a persona, da ascoltatore ad ascoltatore, il mio giudizio non può che essere positivo, al netto dei problemi appena elencati.



VOTO RECENSORE
85
VOTO LETTORI
84 su 3 voti [ VOTA]
Pacino
Mercoledì 23 Settembre 2015, 19.15.20
3
gran bell'album, tra le migliori cose di musica estrema uscite quest'anno! voto 89
Francisarbiter
Giovedì 27 Agosto 2015, 12.35.28
2
Grazie mille Beastman! Però, fossi in te, un ascolto glielo darei !
Beastman
Giovedì 27 Agosto 2015, 8.58.04
1
Recensione sontuosa. Non credo ascolterò il disco, ma complimenti.
INFORMAZIONI
2015
Woodcut Records
Death / Black
Tracklist
1. The Adept
2. Behold a Shadow Goddess
3. … Of Man’s First Rebellion
4. Lilithian
5. In Ravenous Darkness (The Shores of Mictlan)
6. Queen of and Ivory Moon
7. Babalon Emissaries
8. Her Crescent Horns
9. The Ghost of Time
Line Up
Tuomas Karhunen (voce, chitarra)
Kassara (drums)
 
RECENSIONI
 
[RSS Valido] Creative Commons License [CSS Valido]