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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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One Year Delay - Deep Breath
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02/11/2015
( 1646 letture )
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Nu metal dalla Grecia: un’associazione quantomeno particolare. Se è vero che ormai non ci si sorprende più per le provenienze degli artisti (la globalizzazione a livello musicale è completa), è altrettanto vero che si è più propensi ad associare ai gruppi provenienti dal sud Europa stili musicali più classici e melodici. Invece, dalla terra del sirtaki arriva diretta questa nuova proposta, che si rifà direttamente alle sonorità d’oltreoceano degli ultimi dieci-quindici anni.
“Una sorprendente combinazione di metal, punk, grunge e rock n’ roll”: così il promo della casa discografica definisce l’album d’esordio di questo, a me sinora sconosciuto, quintetto greco che risponde al nome di One Year Delay. Un bel polpettone indigesto, lo definiamo noi. Perché un giudizio così secco e negativo? Effettivamente le sette tracce che compongono questa breve release (a metà strada fra l’EP e l’album completo, dal punto di vista della durata) possono essere definite come una sintesi fra più stili: c’è certamente il nu metal, esemplificato dai suoni secchi e compressi delle chitarre e dai ritmi sincopati, c’è una certa ricerca melodica nelle linee vocali, di chiara estrazione grunge (o meglio, post-grunge), c’è l’aggressività e l’irruenza del punk. Ciò che manca è l’insieme: sembra che le varie anime musicali siano state ammassate una accanto all’altra senza creare una vera amalgama, un vero stile proprio e personale. Il risultato è che vi sono parti valide, o quantomeno discrete, quelle evidentemente più congeniali ai nostri; ma, subito prima o subito dopo, ecco apparire altri segmenti decisamente meno riusciti, tali da inficiare il giudizio complessivo sui brani. C’è poi un’altra considerazione da fare: è vero che la musica, come il calcio, è lavoro di squadra, e il risultato finale si ottiene solo se tutti i componenti della squadra lavorano al meglio e coesi. È altrettanto vero però che, per fare i tre punti, per vincere le partite, serve, oltre al gioco di squadra, il finalizzatore, il “bomber” che mette la palla nel sacco e dà sostanza al lavoro dei suoi compagni. Fuor di metafora, nel rock, e di conseguenza nel metal, è necessario avere un frontman convincente affinché i brani, magari anche ben composti e ben suonati, riescano a centrare il bersaglio alle orecchie degli ascoltatori. Ed è qui che ritornano le note dolenti. Il vocalist degli One Year Delay ce la mette tutta, ma spesso risulta essere l’anello debole della formazione. Nelle parti più aggressive, la voce è spesso sforzata, quasi fuori registro, come se il cantante si sforzasse di utilizzare registri e modalità espressive per lui non congeniali, col risultato di prodursi in linee vocali involontariamente quasi caricaturali. D’altro canto, nelle parti più melodiche e di atmosfera, dove la voce sarebbe fondamentale per esaltare le caratteristiche emozionali dei brani, tende a limitarsi ad un mero “accompagnamento”, restando quasi in secondo piano senza riuscire a completare il lavoro preparatorio svolto in fase di composizione e arrangiamento. Dimostrazioni di questi problemi si trovano, purtroppo, in tutte le sette tracce di questo breve lavoro, a partire dalla non eccelsa opener Gunpoint. Meglio allora segnalare le tracce più riuscite, iniziando dalla buona Truth, Dare, Despair, dove il new metal delle strofe ben si unisce al ritornello di stampo punk-hardcore, passando al riff cupo e sabbathiano di Water Under The Bridge, la traccia decisamente più convincente dal punto di vista vocale, sino alla melodica e malinconica Miss You. La parte centrale del disco è decisamente la migliore se tutto l’album fosse stato del livello di questi pezzi, probabilmente i nostri una sufficienza, seppur stiracchiata, l’avrebbero meritata. Malauguratamente, i restanti brani affogano nella noia o nella confusione, e, alla fine dell’ascolto, rimane poco di significativo da ricordare.
Forse focalizzandosi maggiormente in un preciso genere, e dando maggior cura alle parti vocali, gli One Year Delay potranno riuscire a centrare meglio il bersaglio; così come sono ora, purtroppo, restano in un limbo non definito, e il dimenticatoio è dietro l’angolo.
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Un primo ascolto e non e' per niente male... Una mazzata d'apertura come da tanto non ne sentivo... solo Gunpoint vale il disco !! Minchia |
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INFORMAZIONI |
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Pavement Entertainment Records
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Tracklist
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1. Gunpoint 2. Headhunters 3. Truth, Dare, Despair 4. Water Under the Bridge 5. Miss You 6. Try to Stay Alive 7. 5m, 9k
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Line Up
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Orestis Alimonos (Voce) Nick Trimandlilis (Chitarra) Nick Koumoundouros (Chitarra) Steve Tsotras (Tastiere) George Manesiotis (Basso) Sotiris Papadeas (Batteria)
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RECENSIONI |
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