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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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20/08/2016
( 2461 letture )
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14 minuti e 43 secondi di musica. Verrebbe da dire: la durata media di un pezzo dei Dream Theater, per citare una delle band prog più celebri e chiacchierate dei giorni nostri. Tanto bastò ai britannici Discharge, nell'ormai lontanissimo 1981, per produrre un EP destinato a divenire una delle uscite fondamentali per lo sviluppo di quel sottogenere del punk, più veloce e violento dell'originale, noto come hardcore; l'importanza del gruppo di Stoke-on-Trent è oggi ampiamente riconosciuta ed è fuor di dubbio che i quattro abbiano costituito un'influenza fondamentale anche per il metal, in particolare per il thrash, dove i Metallica, non a caso, avrebbero reso loro esplicito omaggio con una cover di Free Spech for the Dumb. Benché, ufficialmente, il primo album del gruppo britannico sia Hear Nothing See Nothing Say Nothing, del 1982, sono infatti in molti a ritenere che proprio Why, lavoro che a breve analizzeremo in maniera dettagliata, sia stato l'album di esordio dei Discharge, quando in realtà esso costituì “solo” il loro quarto EP, benché si tratti senza ombra di dubbio del più importante e riuscito.
Come è facile immaginare, velocità ed impatto sono le caratteristiche peculiari di Why: la tracklist originaria, senza le numerose aggiunte in sede di ristampa, prevedeva infatti dieci brani per i succitati 14 minuti e 43 secondi di durata, senza un singolo brano che raggiungesse i 2 minuti di durata. Poco spazio per gli orpelli insomma e tanta, tanta violenza in pieno stile punk! Visions of War parte in maniera relativamente lenta ed esplode verso la metà, quando i musicisti iniziano a pestare duro e lo storico singer Kevin “Cal” Morris vomita nel microfono i suoi testi con quella voce rabbiosa che lo contraddistingue. Batteria priva di compromessi, riff muscolari, semplici e veloci e vocals sguaiate animano anche Does This System Work?, titolo che contiene una domanda retorica molto cara al gruppo, da sempre noto per i suoi testi antimilitaristi, anticapitalisti ed anarchici in generale. I Discharge sanno comunque anche quando inserire passaggi meno legati alla velocità strictu sensu, tanto da concedersi sporadici cambi di ritmo ed anche un breve assolo nella bella A Look at Tomorrow, che comunque nella sua seconda parte soddisferà i fan del punk più oltranzista. In tal senso, la spettacolare title-track offre sicuramente i momenti più memorabili, dato che tutti i suoi settantuno secondi di durata trasudano violenza da ogni poro: la batteria di Terry “Tezz” Roberts, in particolare, è meticolosa nel frantumare i timpani degli ascoltatori, mentre Morris, nello strepitare il ritornello che dà il titolo al brano ed all'EP, sembra quasi latrare. Deliziosa anche Maimed and Slaughtered, che si aggancia alla splendida Mania for Conquest, un altro degli inni antimilitaristi del gruppo ed uno degli highlights di questo breve, ma intensissimo lavoro. Ci si avvicina a grande rapidità verso la conclusione, senza riprender fiato, giacché Ain't no Feeble Bastards e la sua ritmica spezzaossa (chissà che gli Slayer non abbiano ascoltato questo brano agli albori della loro magnifica carriera) non lasciano il tempo di respirare. Is This to Be e Massacre of Innocents portano ancora alta la bandiera degli ideali della band, mai rinnegati in tantissimi anni di onorata carriera, prima che tutto si concluda con una reprise di Why.
Non c'è molto altro da dire su questo EP. La storia dell'hardcore è passata di qui tanti anni fa ed ascoltando gli assalti sonori che lo nobilitano è possibile, ancora oggi, ascoltare i primordi di un genere discusso e da parecchi anche assai criticato, ma semplicemente imprescindibile per la nostra musica preferita.
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9
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Un concentrato di rabbia sonora. I pezzi cortissimi hanno dato vita ad un filone molto particolare di HP apprezzato dalla mia generazione, che era passata prima dal Punk classico e dal Thrash, e che arrivò a loro tramite gli S.O.D. e le magliette D.R.I. di DAVE LOMBARDO. |
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8
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Negli anni 80 il Punk Britannico il meglio lo ha dato quasi sempre sugli EP.... questo disco é un buon esempio.
Chi non li conoscesse consiglio di recuperare Pledge of defiance (il loro disco migliore) dei Total Chaos e confrontare Fuck the system con Does this system work, sono quasi la stessa canzone. |
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7
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Storia del Crust - D beat
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6
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La storia , con la S maiuscola. |
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5
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Why? "Perche' " semplicemente sono stati seminali, un punto di riferimento per molti altri gruppi e generi per il segno indelebile che hanno lasciato, e per capire da dove viene un certo tipo di musica, bella recensione, questo lavoro e Hear Nothing sono il big bang dell'hardcore.Storia. |
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4
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aquando hear nothing see nothing say nothing ? |
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2
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Ritornato da poche ore dal concerto di Reggio E. e trovo la recensione di questo gioiello. Non l'ho ancora letta, dico solo la mia, disco fondamentale per il punk hardcore, manifesto del D-Beat, ha influenzato tantissimi gruppi thrash, Death, black, insieme al loro album più importante, cioè Hear nothing...Non voto perché questa è storia di un genere musicale, non servono numeri, per me. |
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1
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C'era un periodo in cui il mio pane quotidiano era questo Ep e il primo dei Minor Threat. Questo è hardcore senza mezzi termini, violentissimo. Adesso me lo vado a ripescare. Per come ci sono legato condivido appieno il voto. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Visions of War 2. Does This System Work? 3. A Look at Tomorrow 4. Why 5. Maimed and Slaughtered 6. Mania for Conquest 7. Ain't no Feeble Bastards 8. Is This to Be? 9. Massacre of Innocents (Air Attack) 10. Why (Reprise)
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Line Up
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Kelvin “Cal” Morris (Voce) Tony “Bones” Roberts (Chitarra) Roy “Rainy” Wainwright (Basso) Terry “Tezz” Roberts (Batteria)
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