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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Inquisition - Into the Infernal Regions of the Ancient Cult
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05/11/2016
( 3393 letture )
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Prima di ascendere allo status di band black metal di massima caratura, prima di intraprendere tour in tutto il globo e aver prodotto alcuni tra gli album che meglio hanno incontrato i favori della critica, quasi sempre all’unanimità, la storia degli Inquisition inizia come tante altre in un panorama strettamente underground, laddove la prima incarnazione del gruppo (prima battezzato Guillotina) risiedeva a Cali, in Colombia, e impiegò alcune release minori prima di spostarsi da un suono decisamente più thrash-oriented a quello che sentiamo sul debutto Into the Infernal Regions of the Ancient Cult. Quest’ultimo vede la luce nel 1998, quindi una decina d’anni dopo la fondazione del progetto da parte del chitarrista e cantante Dagon, tutt’ora frontman degli Inquisition. Sebbene ora sembri andare per la maggiore questo tipo di approccio al black metal, a quel tempo risultava decisamente in controtendenza, anche all’interno di quel dato filone: generalmente più vicino alla prima scena scandinava (Immortal e Burzum principalmente), soprattutto per quanto riguarda il riffing, mentre la varietà di tempi di batteria avvicina più il plotter ai gruppi più rappresentativi del filone proto-black (Bathory o Hellhammer), da cui ereditano quella vena black-thrash che non è raro udire in questo album (e che è invece andata scemando sulle successive release), ma anche al contempo un taglio più cupo e cadenzato. Insomma, dovesse l’ascoltatore intraprendere l’ascolto aspettandosi un album sugli standard del black metal di fine anni ’90, resterebbe di certo interdetto, trovandosi alle prese con un disco essenzialmente mid-tempo, con linee melodiche di certo singolari per il genere.
Into the Infernal Regions of the Ancient Cult ha infatti un approccio più atmosferico e ritualistico, meno furioso e nettamente meno veloce della tendenza del tempo, mentre gli sprazzi più violenti fanno proprio pensare ad un’ibridazione di black, thrash e death metal come nei primi Absu o The Chasm, con blast beat piuttosto primordiali alla Beherit. Questi sono però mitigati dalla presenza costante di aperture melodiche rafforzate da un uso piuttosto singolare della chitarra, laddove Dagon tende ad esplorarne il ventaglio espressivo estendendosi su accordi aperti e dissonanze che si discostano dal minimalismo scandinavo, e che piuttosto ricordano più i contemporanei greci quali Rotting Christ o Varathron, ma con un risultato nettamente diverso. Addirittura, talvolta l’uso di particolari melodie e cadenze heavy-oriented, su un plotter come quello descritto, rimandano alla mente la scena Ceca (Master’s Hammer in primis, o i Root), mentre difficile negare di sentire una vaga vicinanza anche ai Mortuary Drape, soprattutto negli stacchi dalle sezioni più speed/black a quelle marcatamente più doom e ritualistiche (sebbene questo possa essere determinato da un bias geografico, data la provenienza del recensore).
Insomma, è innegabile che il debutto degli Inquisition sia da considerarsi uno degli episodi più singolari della loro carriera, e uno tra i più originali tra le produzioni black metal della seconda metà degli anni ’90. Questa seconda affermazione è avvalorata certamente dal successo riscontrato dal gruppo negli ultimi 10 anni, che probabilmente ha portato ad una generale rivalutazione di questo album dalle origini piuttosto umili, anche in termini discografici. La prima, invece, dipende dal fatto che successivamente a questa primordiale incarnazione musicale, la formazione avrebbe definitivamente perso il bassista, e fatto proprie sonorità più vicine a quelle del raw black metal statunitense (à la Judas Iscariot e simili) - anche in termini di produzione, come si può facilmente sentire sul secondo Invoking the Majestic Throne of Satan del 2002, o ancor più su Magnificent Glorification of Satan del 2004. Chiaramente gli elementi chiave, diciamo pure distintivi, degli Inquisition, erano già presenti e sarebbero permasti: il guitar work molto personale, la predilezione per sezioni atmosferiche più cupe e cadenzate, e la voce decisamente particolare dello stesso Dagon, contributo innegabilmente importante per decretare l’originalità del gruppo: una sorta di cantato gracidato che degenera più che altro in una sorta di parlato monocorde che ben si accorda con la musica.
Non mi dilungo di proposito su un commento più dettagliato dei vari pezzi, onde evitare di ripetermi, senza contare la notevole lunghezza dell’album (oltre un’ora) e la corposità di molte delle tracce, innegabilmente ricche di idee, molte delle quali estremamente uniche anche all’interno dell’album stesso. Sebbene le tematiche occulte, sataniche e iconoclaste siano tutto meno che una rarità nel black metal, anche in questo caso gli Inquisition si distinguono in positivo arricchendo questo aspetto con un approccio appassionato e arricchito da una conoscenza tematica che va oltre le basi note a tutti per osmosi dalle decine di album metal dedicate (più o meno) a tali argomenti. Se ci si prende la briga di leggerli con attenzione, soprattutto unitamente ai molti sample del film Inquisition del 1976, si scopre anche una sorta di sviluppo tematico, o concept, che si conclude proprio con l’ultima traccia.
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Corretto pure quello, grazie della segnalazione  |
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9
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Scusate, ormai mi odierete eh... però il titolo é "Into the Infernal Regions of the Ancient Cult"  |
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Certo che i titoli dei loro album sono una roba terribile |
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@Area, capito! Comunque quei due piacevano anche a me..grandi! |
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@Doomale Mi informerò! Anche se a dirti la verità, sono anni che non ascolto più tanto Metal estremo quindi di conseguenza le copertine le trovo un po troppo "Pacchiane". Ti dico solo che quando ancora me ne importava qualcosa le copertine che preferivo erano quelle di Wes Benscoter (vedi "diabolical summoning" dei Sinister) o Necrolord su tutti. |
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@Area, sono d'accordo con te! Se ti capita dai un sguardo alle cover di Girardi, ottime..le riconosci da un miglio. Ha fatto anche quella dei cileni Ripper per rimanere nel 2016. Ciao |
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4
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@Doomale Sono andato a vedermi l'ultimo artwork spinto dalla curiosità e dico che é migliore sia di quello del 2010 che dell'originale. Di solito non mi piace quando cambiano le copertine dei dischi, ma in questo caso si é trattato di scelte azzeccate in quanto quelle originali secondo me non piacevano nemmeno a loro. |
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Si ha ragione @Area, hanno fatto una ristampa del 2010 con la copertina che vedi qui..Poi nel 2014 quella con la versione di Paolo Girardi ( sempre più richiesto) voluta dalla Season of mist. Anzi per dirla tutta gli hanno fatto "rivedere" anche quelle degli album successivi a questo. |
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Comprai questo disco in CD ormai diversi anni fa e all'inizio ricordo che mi erano piaciuti, mi ricordavano gli Immortal degli inizi, ma più grezzi. Ma finirono con lo stufarmi presto, forse anche per via della voce di Dagon. Comunque quello mostrato qui non é l'artwork originale dell'album, se non sbaglio é quello di una ristampa successiva per un altra label. E da quel che leggo nel commento precedente sembrano averne fatto un altra ristampa con un ulteriore artwork nuovo. Qualcuno conferma? |
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Gran disco st'esordio degli Inquisition...sicuramente il mio preferito di loro. E infatti ho ripreso da poco l'edizione con l'artwork nuovo di Paolo girardi. Se la gioca tranquillamente con tanti altri dischi usciti nello stesso anno in Europa. Per me un 8,5 ci sta tutto. Grandi |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Unholy Magic Attack 2. Those of the Night 3. The Initiation 4. Empire of Luciferian Race 5. Summoned by Ancient Wizards Under a Black Moon 6. Journey to Infernukeorreka 7. Into the Infernal Regions of the Ancient Cult 8. Mighty Wargod of the Templars (Hail Baphomet) 9. Solitary Death in the Nocturnal Woodlands 10. Hail the Cult
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Line Up
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Dagon (Voce, Chitarra) Debandt (Basso) Incubus (Batteria)
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