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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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16/12/2017
( 3207 letture )
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A 10 anni dall’esordio, e dopo vari cambi di scuderia, i norvegesi Dødsengel si ripresentano sul mercato con Interequinox, il loro quarto full-length, il primo licenziato dalla Debemur Morti, label francese sempre attenta a selezionare realtà di avanguardia. Pur essendo passati ben cinque anni dal precedente album Imperator (pubblicato quella volta per la norvegese Terratur Possessions), il marchio di fabbrica del duo Kark-Adrian Johansen Rinde (in arte Malach Adonai) non è stato alterato in alcun modo, sebbene la violenza iconoclasta del passato sia stata in parte mitigata da un’evoluzione tesa a sperimentare soluzioni diverse.
Pur conservando i tratti tipici del black di matrice norvegese, Interequinox sposa difatti soluzioni meno intransigenti e più melodiche, dal momento che la struttura dei pezzi è rappresentata da un impianto che si affida, oltre che alle coordinate tipiche estreme, anche a tempi quasi doom. Il drumwork di Malach Adonai è spesso inoltre cadenzato, contraddistinto da un incedere battagliero che sfocia solo a tratti in blast beat o in accelerazioni violente. Anche se in alcuni frangenti il ritmo si alza notevolmente, il cuore delle singole composizione pulsa quasi sempre su tempi mai tirati, sotto un muro di chitarre compresse e a tratti noise, e su arpeggi distorti dalle melodie oblique e molto interessanti. La violenta cattiveria black non è mai fine a sé stessa e sposa una certa dose di melodia senza cadere in una contraddizione. I due mondi coesistono perfettamente, grazie alla scelta intelligente di affidare la componente melodica ad alcuni ricami di chitarre e soprattutto al lavoro di Kark, le cui parti vocali alternano classico screaming furioso e cattivo, a tratti supplichevole e malato, alienanti parti urlate, momenti recitati che danno un tocco teatrale a tutto il lavoro, e parti pulite dai tratti decadenti e grotteschi. La melodia è, come detto, dosata sapientemente, in modo parsimonioso e intelligente, come collante tra i due volti di questo disco: è presente sia nei momenti più violenti (Ved Alltings Ende), sia in alcuni break più riflessivi, ma sempre angoscianti come accade nelle prime battute di Illusions, o in Palindrome dai suoni quasi acid-rock Il disco si apre con una vera e propria dichiarazione di intenti, Pangenerator, che parte come una litania occulta, e cresce su un arpeggio malinconico ed ossessivo, adagiato su un tappeto doom dal suono freddo e spettrale. La di poco successiva Vaerens Korsvei dà invece voce all’anima più estrema del duo, che qui appare chiaramente rimanere in territori tipicamente Norse. Ma in quest’album c’è molto di più. Le tinte malinconiche di Rubedo o l’atmosfera dark di Emerald Heart, ad esempio, sono magnetiche ed affascinanti, pur rimanendo coerenti nel contesto alienato di tutto il lavoro. In realtà, in casi come questo, parlare di tracce singole, seppur possibile, può risultare fuorviante: Interequinox si configura come un unico organismo che si evolve lentamente lungo i 56 minuti di durata, monolitico e indivisibile, nonostante le molte sfumature presenti, merito anche della produzione tipica di una certa scuola norvegese, buia, asfittica e compressa, molto old school, a tratti al limite del low-fi che riesce ad amalgamare tutto in maniera perfetta.
Se nei decenni il black metal è sopravvissuto, lo ha fatto anche grazie a chi non ha tradito i dettami del genere, pur riuscendo ad evolvere verso “contaminazioni” che hanno dato nuova linfa ad un genere che rischiava altrimenti di diventare una caricatura di sé stesso. E per farlo non è necessario svendersi e tradire il ‘manifesto’ di uno dei generi più intransigenti di sempre. Serve affrontare la scrittura di un disco con personalità e maturità, onestà intellettuale e grande ispirazione, deviando dall’antico sentiero senza snaturare il percorso, senza perdersi nel viaggio. Un disco di grande spessore, scritto da un gruppo che raccoglie i frutti di anni di lavoro ed entra di diritto tra i “nomi importanti” della scena black contemporanea. Kark e Malach Adonai danno dunque vita da un lavoro imponente, dal sapore squisitamente “retrò”, dimostrando di saperlo arricchire con tocchi di classe che consegnano questo Interequinox alla storia del black metal moderno.
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11
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Grande album e grande band. E finalmente trovo la coincidenza tra il commento e la valutazione finale. Il risultato è una recensione che si fa leggere con un esito finale onesto e condivisibile. |
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10
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Mi ero completamente dimenticato di averlo in wishlist. Rimedio al più presto. |
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9
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Accademia della Crusca: "In conclusione, sebbene negli attuali testi di grammatica per le voci rafforzate se stesso, se stessa e se stessi non sia previsto l'uso dell'accento, è preferibile considerare non censurabili entrambe le scelte, mancando in realtà una regola specifica che ne possa stabilire il maggiore o minore grado di correttezza. Si raccomanda di tener conto di questa "irrilevanza" specialmente in sede di valutazione di elaborati scolastici e affini". |
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8
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SE STESSO peró senza accento. Questo magazine fa brutto, ma cerchiamo di non diffondere il verbo dell' ignoranza |
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7
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@Luca: non hai scelto il modo migliore di presentarti. Così, giusto per fartelo notare. |
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6
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@lisablack... bla bla bla |
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5
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Pienamente d'accordo..chi usa parole come "frocio"dimostra solo ignoranza di basso livello. Tornando alla recensione, sono incuriosita perché non conosco la band e trattasi di black, l'ascoltero' senz'altro.. |
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4
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@Luca: "da frocio"? Prego la redazione di rimuovere il commento. |
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3
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Anche Mirium occultum è un grandissimo disco da recensire |
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Era ora arrivassero su metallized. Altro ottimo album, tra l'altro sempre molto vario come nelle loro corde. La cosa bella che pur essendo norvegesi si distaccano alla grande dal tipico Black della loro terra. Bentornati. Ora attendo la rece tra i rispolverati di quell' opera piena che è il clamoroso predecessore "Imperator". |
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1
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Tra i migliori rappresentanti del Black metal allo stato attuale.. isolazionisti ai massimi livelli, nessun atteggiamento da frocio per vendere qualche copia in più (vero Hoest?), nessun finto atto depressivo ma solo oscurità come deve essere la musica estrema |
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INFORMAZIONI |
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Debemur Morti Productions
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Tracklist
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1. Pangenetor 2. Prince of Ashes 3. Værens Korsvei 4. Emerald Earth 5. Opaque 6. Illusions 7. Palindrome 8. Ved Alltings Ende 9. Rubedo 10. Gloria In Excelsis Deo 11. Panphage
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Line Up
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Kark (Voce, Chitarra, Basso) Malach Adonai (Batteria)
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RECENSIONI |
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