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Trauma - As the World Dies
22/08/2018
( 1493 letture )
Avere una certa età, diciamo dai 50 in su, e provare ancora a fare metal classico al giorno d’oggi, confrontandosi con le nuove leve e le loro nuove idee, è un’importante presa di coscienza del proprio potenziale, una forte espressione di se stessi e probabilmente anche una piccola esibizione di orgoglio e sana incoscienza. I californiani Trauma sono stati semplicemente una delle poche band in cui ha militato al basso (registrando anche un demo di tre brani nel 1982) sua santità Mr. Clifford Lee “Cliff” Burton, leggenda che non ha certo bisogno di alcun tipo di presentazioni: perso il suddetto, entrato nei Metallica appunto subito dopo la registrazione di questo demo, la band ha registrato con un altro bassista il primo album e un successivo demo nel 1984, si è sciolta nel 1985, si è riformata nel 2013 per un come-back discografico alquanto anonimo nel 2015 per poi auto smantellarsi e ripartire da zero oggi, presentando al mondo il nuovo As The World Dies.

Dieci tracce di puro heavy metal guidate dalla voce sempre al top di Donny Hillier (uno per cui vocalmente il tempo sembra essersi letteralmente fermato al 1982), costruite sulle chitarre classicamente heavy ma dallo stupefacente mood moderno di Joe Fraulob (ex Danzig) e Steve Robello (già chitarrista dei Dublin Death Patrol) e impreziosite dalla presenza a quel basso dalla pesante eredità originaria di colui che personalmente ho sempre ritenuto (per il suo modo di suonare, di vivere il metal e ogni sua sfaccettatura più o meno mainstream, nonché per la sua magistrale storia in ambito thrash mondiale) come uno degli eredi naturali di Burton, cioè Greg Christian, storica colonna portante dei Testament dagli esordi fino al 1996 e dalla reunion della formazione originale fino a fine 2014, periodo post pubblicazione di Dark Roots Of Earth.
Dunque vecchie volpi cinquantenni che non solo non ne vogliono sapere di appendere gli strumenti in garage ma che piuttosto sfoderano una prestazione coi fiocchi senza nemmeno sforzarsi troppo di pestare sull’acceleratore. Si parte alla grandissima con The Rage, il cui arpeggio iniziale si apre a uno slow tempo granitico, roccioso e dal flavour spudoratamente ottantiano, con un Donny Hillier al microfono spudoratamente interpretativo e dal registro vocale altissimo, una sezione ritmica compatta e precisa e le due asce a sei corde decisamente a loro agio nell’economia del brano. Si continua senza sosta con le armonizzazioni heavy-thrash di From Here To Hell, il cui ritornello si stampa in testa al primo colpo, riportando alla mente i leggendari Metal Church degli esordi con una dose letale di U.S. Metal da antologia. I Trauma non nascondono minimamente le loro influenze musicali o la loro età, ne fanno piuttosto un punto di forza e un motivo di vanto sia in brani decisamente cadenzatici e monolitici come la titletrack, in brani sfacciatamente heavy ‘n roll, ricchi di cori e sovrapposizioni, come Gun To Your Head o in composizioni ariose e da elettricità nell’aria come la semiballad Last Rites. Come già detto sugli scudi si pongono Donny Hillier, con una voce pazzesca e senza alcun calo, e la coppia Fraulob/Robello, che passa con disinvoltura da uno stile heavy all’altro con una semplicità disarmante e una grinta da ragazzini, come dimostrato in pieno da Run For Cover: un brano fottutamente trascinante con Gustofson e Christian abili a muoversi tra i diversi registri ritmici come se suonassero insieme da tutta la vita, dando vita a un muro incalzante e travolgente. I brani scorrono senza sosta tra una sabbathiana Asylum e un’epica Entropy, tutte apparentemente anacronistiche ma invece decisamente attuali, magistralmente arrangiate e orchestrate e mai noiose ma anzi invitanti al canto libero e allo scapocciamento senza sosta. Chiudono l’album in maniera più che dignitosa Cool Aid, ricca di cori e stop ‘n go anche se con l’impressione di essere stata scritta per ultima e in tutta fretta, e l’heavy dalle tinte thrash di Savage, anch’esso con un ritornello diretto ma efficace nella sua semplicità.

Se cercate sonorità nuove, nuove mode e/o nuovi trend e idoli musicali allora state alla larga da qui; se invece amate l’aria da festival, l’heavy metal puro e libero, musicisti che sono un tutt’uno col loro strumento e si sentono liberi al 100% da costrizioni o etichette spazio temporali allora questo As The World Dies fa al caso vostro, riportando in auge un nome quasi dimenticato ma che merita di essere prepotentemente riscoperto: non tanto per per chi ci suona, quello è il meno, ma piuttosto per “cosa” questa band suona, con indiscutibile amore, padronanza e sincerità, senza far gridare al miracolo ma lasciando dentro una bella sensazione di appagamento.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
75 su 1 voti [ VOTA]
rik bay area thrash
Mercoledì 22 Agosto 2018, 17.44.41
1
Album sorprendente. Se non fosse scritto il nome della band sulla cover del disco si farebbe fatica a capire chi sono. La produzione è moderna indubbiamente, ma le song hanno un mood ottantiano incredibile. Sono molto varie ben strutturate e ben suonate. La voce del singer hillier, sembra effettivamente immune al trascorrere del tempo. A chi piace un certo tipo di heavy power thrash tipicamente americano sulla scia di metal church e vicious rumors ci faccia un pensierino. (Imho)
INFORMAZIONI
2018
The Orchard/Sony
Thrash
Tracklist
1. The Rage
2. From Here To Hell
3. As The World Dies
4. Gun To Your Head
5. Last Rites
6. Run For Cover
7. Asylum
8. Entropy
9. Cool Aid
10. Savage
Line Up
Donny Hillier (Voce)
Steve Robello (Chitarra)
Joe Fraulob (Chitarra)
Greg Christian (Basso)
Kris Gustofson (Batteria)
 
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