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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Hyades - The Roots of Trash
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16/05/2020
( 1180 letture )
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Terzo sigillo della lunga carriera degli Hyades, The Roots of Trash continua con convinzione quanto intrapreso fino ad allora. Pubblicato nel 2009, il lavoro succede a And the Worst is Yet to Come di due anni prima, affinando e perfezionando il discorso di coerenza iniziato sul folgorante debutto Abuse your Illusion. Bisogna in effetti dire che novità e originalità sono componenti del tutto assenti nel suono dei Nostri. I loro punti di forza vanno ricercati altrove. La passione, l’attitudine, e soprattutto la capacità di scrivere brani devastanti. La band di Varese è infatti dedita a un thrash metal irruento e massiccio, che trova in Testament, Anthrax e Exodus i propri punti cardine. Pur riletti alla luce dei nostri tempi, è agli anni ‘80 che guardano i brani degli Hyades, senza nessuna concessione verso qualsiasi altra influenza.
L’album inizia in punta di piedi, una delicata intro strumentale condita da un bell’assolo melodico. Ma l’incanto non dura a lungo, ci pensa infatti I Belong to No One ad aprire le ostilità. Spigoloso e compatto come un carro armato, il brano restituisce una band in forma smagliante: la coppia Lorenzo Testa e Mark Negonda macina riff assassini dosando sapientemente tecnica, immediatezza, velocità e groove, evolvendo sulla spina dorsale fornita dalla devastante sezione ritmica. Assolutamente degna di nota la prestazione tentacolare e serrata del batterista Rodolfo Ridolfi, che irriga i brani con vigorose scariche di doppio pedale, mentre il basso trova purtroppo poco posto nel mix finale. Buona anche la prova del cantante Marco Colombo, in bilico tra un timbro sporcato e alcuni scream acuti. La seguente A.F.M.S. rallenta i battiti mettendo in mostra un tiro trascinante, che esplode nell’innodico ritornello, condito con i classici cori. Il testo del brano se la prende con i “fighetti”, ma dietro questa critica adolescenziale si cela un’amara riflessione sul consumismo e la sua assenza di valori (Ignorance is their golden rule, they only live to buy). Dietro le mazzate sonore è infatti presente una forte carica contestataria, riscontrabile fin dalla copertina, opera del mitico Ed Repka: i capolavori dell’arte e della storia d’Italia ridotti a rovine, sovrastati da una disgustosa creatura che potrebbe simboleggiare tanto la corruzione che la classe politica o il capitalismo tout court. Questa critica antisistema, che sarà poi amplificata nel successivo The Wolves Are Getting Hungry, emerge fortemente nei testi. Le liriche della violentissima Alive But Dead ne sono un esempio: Crush everybody who stands in your way/burn the martyrs burn the flags/clash against the police tank, stones in the air/the scuffles ain't dead yet, urla Marco Colombo sulla vorticosa strumentale, quasi faticando a imporsi sulla veemenza incontenibile degli strumenti. Una sassata clamorosa, egregiamente accompagnata da altri episodi efferati come The Problem is You, la più “pacata” United in the Struggle, non priva di un certo gusto melodico, o ancora la squadrata The Great Deceit. Presente pure l’immancabile brano autocelebrativo, The Moshing Reel, incentrato sulle gioie e i dolori della vita on the road. Chiude il cerchio all’insegna della leggerezza un’improbabile cover dei The Offspring, divertente ma riuscita fino a un certo punto. Bisogna comunque segnalare che, durante tutta la sua durata, l’album si mantiene su di un livello stabile, senza incontrare cadute di tono.
Avevamo iniziato la recensione evocando termini come “coerenza” e “passione”, opposti a “originalità” e “novità”. Ed è proprio nell’equilibrio tra queste due direzioni che va letto e piazzato il terzo album degli Hyades. Se la musica non può vivere di sola evoluzione, bisogna comunque poter distinguere tra le numerose uscite che ripropongono senza grosse variazioni quanto stato detto. Non è il caso di questo album. Eppure, talvolta, passione e attitudine prevalgono sull’originalità. The Roots of Trash è un album formalmente ineccepibile, ma c’è più di questo. I cinque musicisti riescono infatti a fare da vecchi ingredienti carne viva, a creare una materia incandescente e talmente vibrante da far dimenticare ogni altra considerazione. In altre parole, gli Hyades riescono semplicemente là dove la maggior parte dei gruppi della nouvelle vague thrash metal falliscono. Scusate se è poco.
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4
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ho consumato questo cd. bravi davvero. per me 80 |
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3
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Grande disco! Consumato negli anni, il loro migliore e più compatto. 90! |
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2
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Non li conosco se non di nome. Beh, bravini. |
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1
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Ottimo disco, thrash classico molto fresco, i pezzi scorrono veloci e invogliano il replay. Mi piace molto la voce in particolare |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Long Way Back Home 2. I Belong to No One 3. A.F.M.S. 4. United in the Struggle 5. The Problem Is You 6. The Great Deceit 7. Still in the Trash 8. Alive but Dead 9. Worse Than the Silence 10. The Moshing Reel 11. Come Out and Play
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Line Up
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Marco Colombo (Voce) Lorenzo Testa (Chitarra) Mark Negonda (Chitarra) Jerico Biagiotti (Basso) Rodolfo Ridolfi (Batteria)
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