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LEGEND CLUB, VIALE ENRICO FERMI 98 - MILANO

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Green Carnation - Acoustic Verses
28/08/2020
( 920 letture )
A cavallo tra la fine degli anni ’90 e i primi del 2000 i Green Carnation hanno rilasciato diversi album che hanno esplorato generi non molto affini tra loro, ma che mantenevano visibile il segno della band. Dopo il celebre Light of Day, Day of Darkness del 2001, disco contenente un’unica traccia lunga un’ora, il gruppo non si è fermato nonostante le energie che sicuramente ha richiesto la produzione di quello specifico lavoro. Nel 2003 e nel 2005 sono vennero rilasciati due dischi hard rock ai quali è seguito Acoustic Verses nel 2006. Come suggerito dal titolo si tratta di un album progressive rock interamente acustico, dai toni molto intimi. La chitarra acustica è preponderante, così come la voce, ma il disco supera largamente l’idea dell’identità acustico=essenziale. Pur suonando limato e in certi punti quasi minimale, è in realtà molto elaborato anche grazie alla ricchezza di strumenti che hanno preso parte alla registrazione: vi sono infatti archi come il violino, il violoncello e la viola, e ancora il theremin, il mellotron e l’E-bow che contribuiscono a modulare atmosfere altrimenti molto solide. Ogni traccia è a suo modo drammatica e leggera: la prima, ad esempio, narra della caduta di una foglia con la decisione e la tenerezza che il folk, richiamato dalle percussioni, riesce ad evocare.

Oh dear father
Let me tell you
I'd love to sway in the wind
Under stars and moon
And sunrise gloom
Clinging on to you
.

Dalla prospettiva della foglia si passa dunque all’io, invocando una madre e un padre per interrogarli su questioni che rimandano alla caducità e alla partenza, alla sicurezza immersa nel pericolo massimo e alla ricerca di identità. Le voci riescono a delineare in modo plastico la storia e le riflessioni che si formano osservando la foglia ondeggiare. Molto introspettiva è anche la traccia seguente, The Burden Is Mine… Alone, scritta e suonata interamente da Sordal: si entra immediatamente in sintonia con il pezzo, semplice e orecchiabile. I Green Carnation negli anni precedenti ci avevano abituato a sonorità doom, gothic e simili. Non si può pertanto non menzionare la militanza di Tchort negli Emperor, nonché la concomitante parentesi principalmente black metal (in particolare agli inizi, per poi dirigersi verso altri lidi) che la band ha intrapreso sotto il nome di In The Woods…. Concetti pregni di oscurità che sembrerebbero essere pienamente legittimati solo da uno stile estremo o dalla distorsione che rende esplicita, in molti casi, la sofferenza o la non concordanza tra il sé e il resto dell’universo, vengono proposti invece in chiave acustica spesso a metà strada tra il folk e il prog rock. Ciò non sminuisce affatto la complessità delle tematiche affrontate o la tecnica dei musicisti, i quali riescono a valorizzarsi anche in questo modo inedito. Il quinto brano, 9-29-045, dura complessivamente una quindicina di minuti ed è suddiviso in tre parti: My Greater Cause, Home Coming e House of Cards. La prima di esse è riflessiva e riesce a imbastire sull’accompagnamento di chitarra acustica degli interventi psichedelici di strumenti solisti. La tastiera influisce molto sulla resa del brano e si creerà ancora più spazio all’interno della seconda parte che è totalmente strumentale. La transizione avviene repentinamente ma dopo poco risulta possibile e naturale assimilare le due parti, e lo stesso accade con la terza e ultima parte. Essa alterna dei caldi momenti acustici ad uno sviluppo da ballad e annovera dei soli di theremin. Il pezzo successivo si intitola Child’s Play Part III: nell’album The Quiet Offspring, uscito un anno prima di Acoustic Verses, si trovano i due brani, non presenti consecutivamente, Child’s Play Part I e Child’s Play part II, dunque si può supporre che vi sia un legame tra i tre pezzi e che in Acoustic Verses la composizione giunga al termine. Nelle canzoni citate dell’album precedente le tastiere dominavano con un grave suono di pianoforte, e ciò si ritrova in questa terza parte, esclusivamente strumentale. La melodia è struggente, si staglia elegantemente sull’arpeggio conducendo la narrazione. Gli archi rinforzano l’insieme.

Il disco forse in alcune parti si dilunga eccessivamente e, pur non ostentando ridondanza, non mostra un’effettiva necessità che guidi ogni pezzo. Punto eccezionale nella discografia dei Green Carnation, comunque, ne esalta la versatilità riuscendo a discostarsi da molti cliché del mondo acustico portando elementi propri di altri generi. L’ascolto dell’album non è fondamentale per apprezzare in generale la band ma ai fini di un approfondimento può rivelare sfumature inaspettate del gruppo, il quale è estraneo a nette classificazioni.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
93 su 5 voti [ VOTA]
Rob Fleming
Domenica 27 Marzo 2022, 9.55.33
2
Io ho preso la ristampa del 2021. Che dire? Un album meraviglioso. Tre pezzi in più e Maybe? In grado di annientarmi ogni volta che l'ascolto. Gruppo veramente di un'altra categoria. 90
Entropy
Lunedì 31 Agosto 2020, 11.24.26
1
Per me quest album è grandioso, Commovente ed ispirato. Per me capolavoro. Voto 90
INFORMAZIONI
2006
Sublife Productions
Prog Rock
Tracklist
TRACK LIST
1. Sweet Leaf
2. The Burden Is Mine… Alone
3. Maybe?
4. Alone
5. 9-29-045
6. Child’s Play Part III
7.High Tide Waves
Line Up
Kjetil Nordhus (voce)
Bjørn Harstad (Chitarra elettrica)
Tchort (Chitarra acustica)
Michael S. Krumins (Chitarra acustica, Theremin)
Kenneth Silden (Pianoforte, Mellotron)
Stein Roger Sordal (Basso, Cori, E-bow)
Tommy Jackson (Batteria, Percussioni)

Musicisti Ospiti:
Leif Wiese (Violino)
Gustav Ekeberg (Viola)
Bernt Andrè Moen (Violoncello)
 
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