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Serpents of Secrecy - Ave Vindicta
19/02/2021
( 1129 letture )
Serpents of Secrecy, ovvero sia serpenti della segretezza. Questo è il nome scelto per il moniker del nuovo progetto nato dalle ceneri dei Sixty Watt Shaman, band che negli anni novanta aveva lasciato il segno nel panorama underground. Questa band annoverava tra le sue fila Jim Forrester o, come si faceva chiamare lui, "Reverend" al basso e Chuck Dukehart III alla batteria. Una volta sciolta, il venerabile reverendo forma un nuovo progetto, che ha Mark Lorenzo dei Crawler come cantante, mentre come chitarristi l’ex King Giant Todd Ingram e Steve Fisher. Si prepara così a realizzare il primo album della nuova band dal nome che richiama l’occultismo, con tanto di occhio onniscente messo bello in copertina. Le circostanze attorno alla realizzazione del debutto sono però tragiche e molto più complicate del previsto, dal momento che la release era già pronta tre anni fa, ma Jim Forrester viene ucciso prima della pubblicazione. Come molto spesso accade in questi casi, la band rimane talmente segnata dalla vicenda che per molto tempo la decisione di abbandonare tutto e sciogliere il gruppo sembra incombente, ma a fine 2020 decidono di pubblicare il lavoro. Siccome le parti di basso del Reverend sembra siano già state incise prima della sua scomparsa, possiamo a conti fatti parlare di un album post mortem, vedendolo come una sorta di tributo al loro fondatore. Vediamo quindi come suona questo Ave Vindicta e qual’era l’idea di stoner che il reverendo aveva in mente per il suo nuovo progetto.

Ad inaugurare il disco ci pensa la title track, con un riverbero prolungato e crepitante, dando al tutto un suono ovattato che prosegue anche nel momento in cui si inserisce la voce. Il suo incedere è cadenzato ma allo stesso tempo grooveggiante, con un Mark Lorenzo che dondola volentieri tra le parti più ruvide e le timbriche del grunge che fu. Sembra proseguire tutto su queste coordinate ma a metà canzone ecco che fa capolino la vena southern, con chitarre che partono all’arrembaggio e si occupano anche di dare man forte alle urla. Lungo tutta la seconda metà fanno nettamente la differenza e si fermano solo per far sentire le rullate tra un riff stoppato e l’altro. Per sentire invece un assalto frontale e diretto basta arrivare a Break the Way, con un fenomenale frontman che si esibisce in una delle sue migliori performance, con la voce che trascina il resto della band, impegnata in ritmiche veloci e la sei corde viene sguinzagliata in un assolo funambolico che precede la conclusione di questo brano breve ma intenso. Di ben altra pasta Heel Turn, composta da una struttura più lenta ed articolata, che si fonda su un mid tempo roccioso ma non lesina incursioni più veloci ed accentuate, con dei passagi di batteria più tribali ed un altro assolo sempre efficace ma più improntato verso la psichedelia dei ruggenti anni settanta. Time Crushes All si preannuncia con una tematica complessa e maggiormente riflessiva e ciò si rispecchia anche nella sua esecuzione, con un tempo nettamente rallentato ad accompagnare una voce flemmatica. Il che ci farebbe pensare che i nostri si siano dedicati ad un brano più intimista, ma è tutta una finta perchè nella seconda parte i Serpents of Secrecy attaccano di nuovo con la voce che ruggisce ed una sezione ritmica a manovella come ci hanno abituato finora. Bellissima in praticolare la chiusura, con il titolo ripetuto ad oltranza ed un crescendo di pathos sempre maggiore, fino all’esplosione finale. The Cheat si rifà molto al groove che siamo abituati a sentire nel sud degli Stati Uniti, con una voce aggressiva che si lancia in sfuriate, un basso rombante ma che non sovrasta mai la centrifuga avviata dalle sei corde. Bleeding Still si apre con un approccio diverso, con delle chitarre più cristalline ed una batteria più riservata, ma prendete la definizione con le pinze, anche perchè avranno modo di rifarsi più avanti. Nella prima parte il frontman si abbandona in momenti malinonici e depressivi, interrompendoli solo in fugaci sbalzi accentuati dai piatti della batteria, ma dopo il secondo ritornello la chitarra prende in mano la situazione, prima con uno slide southern che più southern non si può e poi con dei riff rocciosi e marziali, galvanizzata dall’accellerazione della batteria, mentre anche in questo caso le urlate del cantante ripetono il refrain. Orphan’s Dream si differenzia fin da subito rispetto al restante della tracklist, essendo l’unica ballad del disco, ma il fatto di essere il brano lento non significa non sia esso interessante, perchè comunque oltre all’arpeggio onnipresente, ci regala un ritornello energico con delle sbacchettate di batteria precise e mirate. Nel finale la premiata ditta Ingram / Fisher ha anche la possibilità di esibirsi in un assolo incendiario che termina con dei passaggi armonici. Tuttavia, ci sono delle tracce dove lo stoner torna a farla da padrone, come abbiamo già avuto modo di vedere in Heel Turn. Una di queste è Warbird’s Song (ben sapendo a cosa vado incontro devo dire la verità: l’attacco iniziale mi ha ricordato Blind dei Korn, possiate mai perdonarmi), dove un Dukehart in gran spolvero si districa tra passaggi assassini ed altri all’insegna delle cowbell, mentre le chitarre roboanti mettono a ferro e fuoco gli amplificatori. Sempre le cowbell danno il benvenuto a Dealer’s Choice, altro dei brani più stoner, che in questo caso si rifà relativamente anche al rock degli anni settanta. Con Broke the Key si torna nella palude mefitica, dove i tempi sono rallentati e pesanti, ma non senza il supporto prima di una buona dose di groove, che oltre a permetterci di non sprofondare a piè pari dentro la palude medesima, trova il modo di regalarci dei passaggi davvero straordinari e trascinanti. In particolare molto riuscita è la seconda metà, dove la voce prosegue imperterrita, l’assolo è travolgente e si accellera senza ritegno, non lasciando prigionieri.

In conclusione, il lavoro dei Serpents of Secrecy sembra la netta prosecuzione di quello che Jim Forrester avrebbe realizzato sulla scia del post Sixty Watt Shaman, con notevoli somiglianze ma anche molti aspetti differenti. Il voto potrà sembrare leggermente esagerato e fin troppo generoso, ma la solidità di base c’è, le tracce si dimostrano tutte in grado di reggersi autonomamente, alcuni passaggi sono memorabili e agli ascoltatori più attenti potrebbero ricordare momenti di Reason to Live dei Sixty Watt Shaman.
Non si può sapere con certezza cosa accadrà nel futuro dei Serpents of Secrecy, con tutta probabilità si arriverà allo scioglimento e anche nel caso decidano di proseguire, sarà necessaria prima una lunga fase di assestamento. In ogni caso, che rappresenti la fine o un nuovo inizio, questo Ave Vindicta lo fa nel migliore dei modi.



VOTO RECENSORE
82
VOTO LETTORI
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INFORMAZIONI
2020
Moving the Earth Records
Stoner/Sludge
Tracklist
1. Ave Vindicta
2. Heel Turn
3. The Cheat
4. Time Crushes All
5. Lament
6. Warbird's Song
7. Orphan's Dream
8. Dealer's Choice
9. Bleeding Still
10. Broke The Key
11. In The Lock
Line Up
Mark Lorenzo (Voce)
Todd Ingram (Chitarra)
Steve Fisher (Chitarra)
Rev. Jim Forrester (Basso)
Chuck Dukehart III (Batteria)
 
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