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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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06/03/2021
( 1886 letture )
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Nel 1996 ne sono successe mica poche di cose. Il teatro La Fenice di Venezia viene distrutto da un incendio; Pietro Pacciani è assolto dopo essere stato condannato in primo grado; viene arrestato Giovanni Brusca e i Behemoth incidono il loro secondo lp. Un lavoro -questo Grom- più nero della pece, pienamente black nel tentativo di proseguire quanto si era ascoltato nell’esordio, lo storico Sventevith (Storming near the Baltic) dal quale questa seconda fatica si differenzia per la presenza di un suono più pesante e di canzoni dal minutaggio più lungo. Eh sì, nel 1996 i Behemoth suonavano ancora puro black metal; avevano il moniker ripreso dai Bathory (così gotico e primitivo) e nulla lasciava sospettare che, a distanza di tempo, avrebbero fatto l’occhiolino al blackened death metal, lasciando storditi gli storici fans (che mai gli perdoneranno l’ammorbidimento), ma trovandone sulla strada tantissimi altri. Nella vita si cambia ed il trio slavo ha saputo uscire dall’underground fumoso delle cantine per giungere ad essere un fenomeno di portata mondiale, quasi senza pari nel mondo del black metal.
Nella sua biografia -che caldamente consiglio per averla divorata in una notte insonne- Nergal ha raccontato questo passaggio nei minimi dettagli. Ha rivissuto i momenti in cui la sua creatura si esibiva di fronte a dieci persone, per poi giungere miracolosamente a riempire i palasport nel mondo. Recensire questo lavoro è un’operazione bizzarra perché sembra quasi che si stia parlando non dei famosi ed osannati Behemoth, quanto piuttosto di una band lontana dalle sonorità a cui oggi gli stessi ci hanno abituato. Il sound di Grom è chiaramente e fortemente influenzato dal black scandinavo tanto che anche la stessa copertina risente di colori e grafica che strizzano l’occhio alle lande dei fiordi. Che poi a pensarci bene, se proprio vogliamo addentrarci in teorie musical-geografiche, Danzica -la città che ha dato ai natali ai nostri- si trova proprio lì, baciata dal mar Baltico, quello stesso mare che bagna le coste della patria di Burzum, Immortal ed Enslaved. Dopo una intro spettrale ed utile a creare l’attesa, il fuoco si accende con The Dark Forest (Cast me your Spell), un pezzo pieno di pathos la cui miscela esplosiva tra Satyricon e Celtic Frost lo rende pienamente convincente. Si alternano sfuriate sanguinarie a momenti più profondi cadenzati da un giro musicale azzeccato. Di certo più furiosa è Spellcraft and Heathendom in cui si erige monumentale la linea del basso calpestato da Les. Dragon’s Lair (Cosmic Flames and Four Barbaric Seasons) inizia come naturale prosecuzione del brano precedente salvo poi addentrarsi nelle foreste oscure dei Carpazi anche grazie all’aiuto, ancorché di supporto e giammai costante, del tappeto sonoro creato dalle tastiere. Quando al fondatore e mastermind è piaciuto raccontarsi ci ha rivelata una cosa divertente, quasi inaspettata: pare che i pezzi li componga suonando una chitarra acustica. Ha aggiunto che se la partitura lo convince in quel modo, vuol dire che certamente con l’effetto distorto sarà una figata. Questo segmento del suo racconto appartiene certamente ai “nuovi” Behemoth. Ascoltando brani crudeli come Lasy Pomorza la vedo davvero complicata a immaginare di comporli (e farseli piacere) in versione unplugged. L’anima nera di pezzi come questo sta nella valorizzazione di un ritornello oscuro, quasi lacerante. Effettivamente Grom difetta della presenza di brani che siano top. Badate, il lavoro è sporco e cattivo, ma il rimando costante ai canoni (sacri) del black nordico risulta alla lunga troppo passivo. La produzione poi forse patisce del fatto che l’album è stato inciso nei ritagli di tempo tra un concerto e l’altro, durante la tournee a supporto dell’amatissimo esordio pluridecorato. È un album fortemente underground, poco commerciale (semmai il black metal lo possa essere, ma il riferimento è -manco a dirlo- al nuovo corso della band bianco rossa) che trova in Rising Proudly Towards the Sky un altro tassello interessante perché è fusione tra la pietra ruvida e le sonorità più ricercate. Grom in polacco (una delle lingue più difficili del mondo) significa tuono ed effettivamente il titolo pare azzeccato per la costante ricerca dell’energia e della potenza. A dirla tutta, non sempre questo tuono colpisce il suolo per generare danni. Capita che resti lì a mezza altezza, illuminando a giorno la tenebra, rientrando a nascondersi tra le nuvole. Quella che preferisco è proprio Rising Proudly Towards the Sky, pezzo magnetico in cui la base Celtic Frost si palesa in modo evidente. La voce di Nergal è completamente diversa da quella cui ci ha ultimamente abituati. Il cantato è perverso, attorcigliato su sè stesso, quasi scomposto. A chiudere troviamo la omonima titletrack -cantata in polacco- in cui la combinazione tra la voce del leader e quella della signora Celina (all’epoca sua compagna) sembra un tantino azzardato, quasi adolescenziale.
Grom è un album che si fa ascoltare senza troppe pretese. È un passaggio importante nella storia della band di Danzica perché dopo l’esordio che li aveva fatti conoscere al mondo black ci si aspettava una prova che fosse corroborante rispetto a Sventevith. Ed invece, a fronte di un suono che si va facendo ancora più cupo e pesante, le idee rallentano ed il songwriting ne risente. Secondo parte della critica, questo album è il punto meno brillante della storia della band capitanata da Nergal. Giudizio troppo severo che certamente risente del fatto che, al netto di tutto, la produzione è un tantino scolastica e poco attenta (tanto che qualcuno aveva azzardato che le chitarre fossero state suonate con l’aiuto di un synth). Gli amanti del black metal durissimo e purissimo saranno grati, i fans dei nuovi Behemoth si guarderanno intorno smarriti.
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6
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Fin qui li apprezzo a livello attitudinale(musicalmente non più di tanto),e fin qui grazie di aver partecipato all\'epoca d\'oro del genere,ma poi è stato un declino graduale,che ne ha evidenziato la vera natura.Sopravvalutati rispetto ai reali meriti. |
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5
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Non mi ha mai fatto impazzire, preferisco l'ep And The Forest dream eternally come primissima fase. Questo lo trovo un pò sconclusionato, anche se non è male. Per me meglio sia prima di questo, che dopo. |
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4
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Un buon album, sebbene non mi faccia strappare i capelli la loro prima fase black. Anche per me comunque meglio Sventevith. Voto 77 |
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3
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Non sono mai riuscito ad apprezzare molto la prima fase dei Behemoth, quando suonavano true black metal erano una band mediocre. Hanno decisamente dato il meglio di loro da Satanica in poi, scrivendo album memorabili. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Intro 2. The Dark Forest (Cast me your Spell) 3. Spellcraft and Heathendom 4. Dragon’s Lair (Cosmic Flames and Four Barbaric Seasons) 5. Lasy Pomorza 6. Rising Proudly Towards the Sky 7. Thou Shalt forever Win 8. Grom
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Line Up
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Nergal (voce e chitarra) Les (basso) Baal Ravenlock (batteria)
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