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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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21/04/2021
( 1586 letture )
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La storia del debutto discografico come solista di Ronnie Atkins, splendida voce dei Pretty Maids, non può prescindere dall’urgenza del vocalist danese di mettere nero su bianco pensieri ed emozioni in risposta alla severa diagnosi di un carcinoma avanzato ai polmoni comunicatagli un anno fa. Molti al posto suo avrebbero reagito alla scioccante notizia erigendo un muro invalicabile e concentrando tutte le forze e le speranze sulle possibilità di cura, magari circondandosi soltanto dei familiari più cari ed escludendo tutto il resto, altri si sarebbero fatti assalire dall’angoscia vista anche la condizione di autoisolamento imposta dalla pandemia. Ronnie Atkins, la cui motivazione e tenacia vanno assunte come massimi esempi di resilienza verso quanto di più caro possediamo, ossia l’amore per la vita, ha scelto un’altra strada, assumendosi il rischio di essere tacciato di protagonismo o, peggio, di essere compatito con buonismi pietosi, quella cioè che l’ha spinto a rimboccarsi le maniche e rifugiarsi nella fedele compagna di una vita: la musica. Ad accrescere l’ispirazione per la composizione di inediti ha giovato il supporto dell’ex collega Chris Laney, in veste di produttore e arrangiatore, assieme ad una nutrita schiera di musicisti che hanno impreziosito la line up, fra i quali segnaliamo due vecchie conoscenze militanti nei Pretty Maids, Allan Sørensen alla batteria e Morten Sandager alle tastiere. Ciliegina sulla torta il mixing, curato interamente da Jacob Hansen il quale ha assicurato il necessario apporto in termini di esperienza e competenza; d’altronde per lui parla lo sterminato numero di collaborazioni con nomi di primissima fascia (Primal Fear, Epica, Volbeat, U.D.O, Amaranthe per citarne alcuni). Ma veniamo al sodo e addentriamoci nei meandri di questa interessantissima ed attesa release, distribuita peraltro dalla nostrana Frontiers Records.
L’opener Real rompe gli indugi regalandoci un pezzo di alta scuola AOR dalle tinte scandinave nel quale le componenti principali del genere, limpidezza del suono, chitarre scintillanti e cascata di tastiere, la fanno da padrone dosando i ritmi con eleganza fino al ritornello melodico e catchy: un chiaro esempio di padronanza dei mezzi a propria disposizione e tanto mestiere, retti dall’ottimo stato di forma delle corde vocali di Ronnie Atkins, per nulla appesantite dall’età o dai guai fisici. La successiva Scorpio si discosta dalla morbidezza dell’AOR configurandosi ben presto come un pezzo tirato e granitico nel quale il drumming di Sørensen si fa incessante e le chitarre ruggiscono sconfinando spesso e volentieri nei terreni cari al metal melodico. Alla grinta sanguigna di Scorpio ribatte la placida e atmosferica titletrack, intensa power ballad al piano che non disdegna accelerate in prossimità del bellissimo ritornello incalzato dai cori in controvoce che inspessiscono la voce di Atkins garantendo la giusta dose di epicità all’insieme. Subjugated si mette sulla scia dell’epic chorus già apprezzato in One Shot, andandone a rafforzare l’idea di fondo, in un crescendo di emozionalità culminante nell’energia messa in campo dal cantante danese, a proprio agio sia se si tratta di mantenersi grave sia se occorre scatenarsi sugli acuti. Ancora AOR sulle note in acustico della splendida Frequency of Love, traccia che difficilmente smetterà di ruotare nelle playlist degli appassionati, mentre con Before the Rise of an Empire si ritorna ad approdare nei lidi dell’hard rock Ottantiano che richiama alla memoria nomi blasonati quali i Dokken sebbene la canzone risulti fedele alla chiave di lettura offerta da Atkins & soci fin qui, volta a privilegiare la rielaborazione delle tendenze in un corpus unico e coerente, una sorta di filone che imparenta le melodie fra loro e ne cementifica i pregi slanciandoli in un climax ascendente. Si ha la sensazione, infatti, che One Shot migliori a vista d’occhio man mano che avanza nel suo minutaggio, a riprova dell’eccellente e minuzioso crafting operato nelle varie fasi di composizione, arrangiamento e missaggio. C’è spazio per un’altra ballad debitrice degli Eighties come Miles Away, prima di trattenere il respiro e reimmergerci nella magia sospesa nelle partiture orchestrali di Picture Yourself ove ci imbattiamo nell’ennesimo ritornello azzeccato e nell’assolo strappalacrime prima della chiusura che combacia puntuale con il refrain da gustare e assaporare a più riprese. Le ultime tre tracce regalano un finale coi fiocchi grazie all’adrenalina prorompente di I Prophesize, un’esplosione di heavy metal melodico sulla scia delle sonorità che hanno reso celebre un grande interprete come Jørn Lande, la cui influenza è qui più che palpabile, al riffing vivace disteso sulle keys onnipresenti protagoniste di One by One e alla velata malinconia che ci congeda con le suadenti progressioni di When Dreams Are Not Enough.
Nel momento più difficile della sua vita, Ronnie Atkins esorcizza i propri demoni imprigionandoli in un cassetto della mente, dando così libero sfogo alla tendenza benefica insita nella creatività musicale, forse la sola medicina capace di rendere meno amare le angustie del presente. Al frontman danese va riconosciuto il merito di aver confezionato un lavoro sublime, carico di significati personali che forse sfuggono alla comprensione di chi ascolta e scrive ma che allo stesso tempo hanno inciso sul risultato finale che ripaga ampiamente gli sforzi profusi nell’operazione di songwriting di One Shot. Le recenti dichiarazioni sul suo stato di salute purtroppo non sono rassicuranti, tuttavia non possiamo esimerci dall’augurare il meglio a Ronnie Atkins e di auspicare un imminente ritorno in studio carico di buoni propositi e forte di un debut che di punti deboli ne ha davvero pochi. In bocca al lupo, Ronnie!
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9
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sicuramente da ammirare per il coraggio e la tenacia... forza Ronnie! |
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8
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Veramente ammirevole! Soltanto applausi per Ronnie Atkins. |
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7
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Condividendo quanto scritto da @David qui sotto, va apprezzato come Atkins, con un disco scritto in una fase così delicata della vita, metta in risalto una forte voglia di vita, piuttosto che toni sommessi volti a dipingere un quadro cupo ed emotivamente involuto, il che sarebbe stato altrettanto legittimo e comprensibile.
Forza Ronnie! |
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6
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Durante l'ascolto, e leggendo anche i testi, mi è sembrato come una sorta di lascito. Come se sapesse che la sua ora fosse vicina, e volesse trasmettere tutte le sue emozioni in musica, sentitevi la Titletrack e poi ditemi voi. Diso che rientra nella mia top di fine anno, e non per del perbenismo, ma perchè si sente che è un disco fatto col cuore. In alcuni punti troppo moderno come sonorità, ma chi sene frega. Meglio di tutta la roba plasticosa e senza anima che si sente in giro. 85. |
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5
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Esempio di coraggio! Grande uomo e musicista! Onore a lui |
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4
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Un singer troppo sottovalutato. Per me nell'olimpo dei cantanti metal. |
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3
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Mi accodo ai commenti sotto. |
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2
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...un grande...come uomo e come artista.... |
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1
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Massimo rispetto e ammirazione. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Real 2. Scorpio 3. One Shot 4. Subjugated 5. Frequency Of Love 6. Before The Rise Of An Empire 7. Miles Away 8. Picture Yourself 9. I Prophesize 10. One By One 11. When Dreams Are Not Enough
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Line Up
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Ronnie Atkins (voce) Chris Laney (chitarra ritmica, chitarra solista, tastiere e cori) Pontus Norgren, Kee Marcello, Olliver Hartmann, John Berg (chitarra solista e cori) Anders Ringman (chitarra acustica) Morten Sandager (tastiere) Pontus Egberg (basso) Allan Sørensen (batteria)
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