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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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08/05/2021
( 1718 letture )
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”L’araba fenice è un uccello mitologico che rinasce dalla proprie ceneri dopo la morte e proprio per questo motivo, simboleggia anche il potere della resilienza, ovvero la capacità di far fronte in maniera positiva alle avversità, coltivando le risorse che si trovano dentro di noi.”
Nella precedente recensione del primo lavoro dei Sur Austru ci eravamo chiesti se questo nuovo progetto nato con molto coraggio dopo l’enorme vuoto lasciato dalla dipartita del cuore pulsante dei Negura Bunget, Negru, sia la fenice che rinasce dalle proprie ceneri, una reincarnazione o ancora soltanto una blanda riesumazione. Effettivamente nel precedente album Meteahna Timpurilor i musicisti superstiti della band rumena hanno cercato di metabolizzare la tragica perdita, non osando, ma mantenendosi su un sound fortemente debitore agli ultimi album, ma smorzando la componente black, dilatando molto i tempi, confezionando un lavoro discreto, ma musicalmente non coeso.
Il cantante e chitarrista Tibor Kati racconta:
"Intendiamo rendervi consapevoli del deterioramento della natura era soltanto l’inizio del nostro viaggio, adesso con Obârşie continuiamo con l’introduzione dei Solomonari, le magiche entità che radunano pioggia, fulmini e vento, e che possono sollevare tempeste e guarire anime perdute. Così come la natura ha dato forma alle nostre credenze, abbiamo creato il nostro personale mondo di fantasia, dove la realtà si fonde e le leggende sono intrecciate con i simboli sacri e le esperienze personali. In definitiva Obârșie è la rappresentazione musicale nella nostra percezione della mitologia sui Solomonari".
La parola romena Obârșie si può tradurre in italiano come origine, nel suo senso più ampio del termine includendo anche le origini naturali come una sorgente montuosa, ed anche una cerimonia di iniziazione. La copertina completamente sui toni del verde presenta al suo interno un ovale lanceolato in cui un anziano viandante con un bastone cammina fra i boschi. Il lavoro presenta sette brani per quasi un’ora di ascolto. La strada che hanno deciso di percorrere i Sur Austru è di una sempre più maggiore ricercatezza musicale, aggiungendo elementi musicali sempre più studiati appartenenti alle suggestioni della cultura locale. I primi due pezzi Cel din Urmâ (Colui che segue), da cui è stato tratto un bellissimo video e Taina (Segreto, mistero), i più lunghi dell’album, richiedono all’ascoltatore un’attenzione molto alta e hanno un andamento decisamente progressive, in cui si alternano cambi di tempo, di tonalità, esplosioni di black metal atmosferico, riff chitarristici di black metal tradizionale che lasciano poi posto a riff e assoli più variegati, fino a arrivare ai soli assoli degli strumenti folk caratteristici. Il canto si trasforma dallo scream fino a un recitato poetico in una decina di minuti e più volta anche al suo interno. Sicuramente l’attenzione viene mantenuta sempre alta. Codru Moma è un quadro in musica di puro folk dove soltanto il suono del flauto di Ionut Cadariu è protagonista in un’esplosione di tranquillità di un piovoso paesaggio incontaminato. Cant Adânc (Canto profondo), è indubbiamente il brano più oscuro con la voce che da pulita arriva a trasformarsi un sussurrato quasi disturbante, per poi esplodere in un riuscitissimo scream. Notevole anche l’evoluzione strumentale del brano. Caloianul è sicuramente il brano più particolare che si snoda attraverso una nenia folkloristica che pare un incrocio fra una melodia archetipica e primordiale e una suggestione medio-orientale, per poi a metà del brano sfociare in un gioco davvero suggestivo fra chitarre e batteria. Il Caloian nella cultura romena è un rito propiziatorio primaverile nel quale i contadini seppelliscono il terzo giovedì dopo Pasqua una bambola o un idolo d’argilla, per invocare la pioggia. Di origine pagana, era diffuso specialmente nel sud della Romania, dopo l’arrivo del Cristianesimo, è stato associato con la Pasqua ortodossa. Secondo l'antica e abbandonata tradizione della filologia romantica, il nome è legato al nome di Giovanni I o Caloioannes, zar dei romeno-bulgari all'inizio del secolo XIII. I due pezzi finali presentano lo stesso titolo - Ucenicii din Hârtop - che può essere tradotto come “I discepoli del villaggio di Hârtop”, sono un viaggio sonoro e probabilmente anche umano (peccato non avere sotto mano i testi), ancora una volta variegatissimi, finché all’ultimo la tensione si sfoga tutta nei momenti più black e intensi dell’album. Gli strumenti a fiato, in particolare il flauto si ritagliano davvero il loro momento di gloria, l'uso della voce risulta davvero variegato e tocca davvero diversi registri, dal cantato scream tipicamente black, a quello pulito, al recitato, per non parlare poi dei cori davvero suggestivi sicuramente frutto di una trasposizione davvero fascinosa del folklore locale. In questo Obârşie sicuramente ci sono molte idee, e indubbiamente è superiore al precedente Meteahna Timpurilor e finalmente le due componenti quella black e quella folk trovano il loro equilibrio in un saggio uso dell’una e dell’altra all’occorrenza e senza il bisogno di dover stupire a tutti i costi con soluzioni raffazzonate fuori luogo, solo per il gusto di dover inserire il “momento black” a tutti i costi, facendolo risultare forzato come era successo nel disco precedente. Tutto scorre fluido, naturale come un fiume tranquillo che nel suo percorso crea cascate più o meno alte e rumorose e poi sfocia in mare aperto. Vengono toccate vette emotive molte alte c'è da dirlo: chi ha amato i Negura Bunget troverà ancora musica in grado di scuotere la sua anima, sì perché parliamoci chiaro, questo progetto si rivolge direttamente a quei fan rimasti sconvolti dalla dipartita di Negru, per trovare un po’ di consolazione e in un certo senso qualcosa che possa dare una continuazione alla band. Dunque, i Sur Austru sono una fenice che rinasce dalle proprie ceneri, una reincarnazione o soltanto una blanda riesumazione? Per quanto abbiamo potuto ascoltare sinora sono una band ancora in evoluzione indubbiamente, e il salto di qualità fatto con questo album dimostra che le premesse per scrivere ancora buona musica ci sono tutte. Chiaramente gli echi agli ultimi Negura Bunget ci sono, come è giusto che sia, ma gli estremi per trovare un proprio equilibrio e una propria strada ci sono tutti. E quindi riprendendo la definizione iniziale di reincarnazione, gli estremi per una reincarnazione sono più che presenti.
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5
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Penso che l'ombra dei Negură Bunget seguirà questa band a lungo ma trovo intelligente proseguirne il lavoro fatto, anche se introdurranno di sicuro, sempre più elementi personali. Non penso sia negativo, avere una eredità dai Negură Bunget, gruppo di altissimo livello e grande originalità. Questo album mi è piaciuto molto e trovo la combinazione tra black e strumenti etnici e melodie folkeggianti, molto azzeccata. Il tutto di notevole suggestione e atmosfere coinvolgenti. Decisamente migliore dell'incerto esordio. Très bien. Jusqu'à la prochaine fois. |
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4
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Album che mi è piaciuto molto.. Non ho ascoltato il precedente quindi non posso fare confronti, ma qua effettivamente le varie anime del Lavoro convivono in maniera naturale ed i momenti intensi sono svariati, sia nelle parti più Evocative che in quelle Black.. Suggestivi... |
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3
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Buon album, meglio del suo predecessore, ha la sfortuna di essere uscito quasi in contemporanea con l'ultimo Dordeduh, dal confronto con cui ne esce con le ossa rotte... |
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2
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mah, sarà anche un buonissimo disco nel panorama attuale, ma li ritengo distanti anni luce dalle magiche e genuine atmosfere dei vecchi negura... |
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1
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....questo lo devo proprio ascoltare.... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Cel din Urmă 2. Taina 3. Codru Moma 4. Cant Adânc 5. Caloianul 6. Ucenicii din Hârtop I 7. Ucenicii din Hârtop II
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Line Up
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Kati Tibor (Voce, Chitarra, Tastiere, Tulnic) Ovidiu Corodan (Basso, Voce, Toacă) Mihai Florea (Chitarra, Tulnic, Voce) Sergiu Nădăbam (Batteria, Percussioni, Toacă) Petrică Ionuțescu (Strumenti tradizionali) Ionut Cadariu (Flauto, Tastiere)
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RECENSIONI |
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