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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Morticula Rex - Autumnal Rites
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19/07/2021
( 1316 letture )
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Sebbene si identifichi ufficialmente il termine del nostro anno solare con l’ultimo giorno di dicembre, per certi aspetti si considera la fine dell’anno con l’arrivo dell’autunno, che porta via l’estate e per molti significa il ritorno alla propria routine consolidata. Quantomeno per noi individui assuefatti dalla società moderna. Per gli antichi invece, l’autunno rappresentava una fase di cambiamento ed era un simbolo di rinascita, celebrata attraverso riti pagani. Non so onestamente se questa è l’interpretazione a cui fa riferimento la band analizzata oggi, nel titolo dell’album. Quello che è sicuro, però, è che il disco farà contenti molti adepti della musica oscura. Loro sono i Morticula Rex, la cui proposta viene etichettata in lungo e in largo come death doom che, diremmo, lascia però intravedere anche una mai troppo celata componente black. Vengono dall’italia e non è certamente il primo caso di una realtà nostrana o mediterranea che si dedica a generi concettualmente oscuri e tenebrosi, genericamente considerati lontani da quello che è il nostro bacino culturale. Si inseriscono nel calderone anche questi Morticula Rex, passati da essere una one man band ad un duo, con l’ingresso in formazione di Pavor Nocturnus, inserito in pianta stabile con lo scopo di aggiungere altra carne al fuoco grazie all’apporto di una chitarra solista. Il centro creativo però rimane Alessandro Fede, meglio conosciuto nel settore come Wermacht, titolo che lascia spazio a molte interpretazioni. Proviene dalla Sicilia, dalla quale ha ereditato il clima rovente che troveremo nelle sue composizioni, ma ben poco altro ha a che spartire con l’ambiente solare dell’isola, preferendo abbracciare l’oscurità in tutta la sua tenebrosa magnificenza. Infatti, è da band come Celtic Frost che hanno tratto ispirazione i Morticula Rex nel loro primo album autprodotto. Nonostante le apparenze, tra cui uscire per un’etichetta come la Satanath, con un nome non nasconde una certa somiglianza, l’obiettivo dei nostri non è quello di evocare “Ir diavolo”, ma piuttosto mostrarsi dediti al versante del paganesimo e quindi al culto delle entità ancestrali. Come si può evincere dalla cover tra l’altro, che raffigura un circolo di persone attorno a dei roghi, con due figure incapucciate, una a cavallo sopra un ponte ed una sulla sponda del fiume, che brandiscono due torce. Non resta quindi da vedere se i Morticula Rex riusciranno a portare avanti la torcia dopo che altre band sicule avevano già aperto la strada per certe sonorità.
Si parte subito forte con Scars, introdotta da un arpeggio magniloquente, ma questo non deve trarci in inganno, perchè nemmeno una manciata di secondi dopo i nostri tengono fede alle loro promesse, iniziando a incendiare e devastare tutto come avrebbero fatto gli Unni con l’impero Romano. Difatti la batteria comincia ad accellerare e mentre il growl diventa sempre più voce dell’oscurità che si sta formando, i riff diventando pesanti come macigni. In mezzo a tanta distruzione, intorno al quarto minuto, c’è tempo per una breve tregua che riprende l’arpeggio iniziale, ma è bene sapere che durerà molto poco. Nel giro di qualche secondo difatti non tarderà una spianata di batteria, che precede la conclusione. L’apporto della chitarra solista menzionato prima non tarda a farsi sentire, sguinzagliando un assolo al fulmicotone che ha lo scopo di spargere il sale, mentre nel cielo si sentono i tuoni che annunciano l’arrivo della tempesta. Se l’opener di indica una partenza forte, con The Great Devourer iMorticula Rex si spingono ancora oltre, arrivando ad accellerare ulteriormente. La sezione ritmica martella che è un piacere ed il growl profondo e cavernoso rende l’idea di quello che il grande divoratore del mondo avrà in serbo per noi una volta giunto nella nostra dimensione. La tempesta sembra davvero arrivata, investendoci in pieno con tutta la furia che solo una forza della natura può avere. La carica ferale di chitarra e batteria è devastante, mentre i brevi ma intensti rallentamenti doom si attorcigliano come spire pronte a strangolare. La title track riprende l’operato dove lo aveva lasciato la traccia precedente, non lesinando la presenza di qualche riff melodico in più. Growl e sussurri si alternano lasciandosi spazio a vicenda, come se stessimo assistendo ad una congrega di streghe e demoni che dialogano tra loro, ed il break centrale aggiunge solo qualche secondo di atmosfera prima di un’altra ondata di crudele rappresaglia. Altro momento dedicato alla chitarra solista che arriva nel finale con un altro assolo incendiario, a cui fa eco in lontananza un’apertura sinfonica. Avvisando l’arrivo delle potenze oscure, esattamente a metà tracklist si inserisce la strumentale They Come Out at Dusk che funge da anticamera per l’inferno di The Silence Within, accogliendoci con il suo riff dal vago retrogusto di cenere e zolfo. Sarà importante l’utilizzo della sei corde sia nelle sue parentesi soliste, sia per accompagnare il growl nelle parti narrate. Impossibile a tal riguardo non sentire in alcuni pasaggi lo spettro dei Paradise Lost di Draconian Times. Da non dimenticare il contributo della batteria, che sarà sicuramente programmata, ma la cosa si sente fino ad un certo punto. Si giunge adesso nel cuore delle tenebre: Days of Darkness viene annunciata da un’intro lugubre alla Mr Crowley, a cui fa seguito un ululato che si staglia sopra la vallata, lasciando poi spazio ad un monito maligno, che promette cose non troppo simpatiche per l’imminente futuro. Dalla minaccia si passa ai fatti in pochissimo tempo, riff e doppio pedale danno il via ad un attacco mortifero che non lascia prigionieri. In questa traccia emerge più che mai l’aspetto death della creatura di Wermacht, debitrice certamente al death old school ma che spazia anche a soluzioni riconducibili a band di blackened death moderno. Riff malati e dissonanti creano la giusta cornice per la sanguinosa indole dei testi, mentre ripeture raffiche di batteria preparano il finale dove il frontman ripete come un mantra di essere un vampiro insolente. Sleeping Among the Dead conclude le atrocità perpetrate durante il platter, la vena doom si fa più marcata lasciando maggior spazio a rallentamenti, quasi a voler illustrare la decadenza postuma alla distruzione delle forze oscure. Non mancano alcune sfuriate in growl, ma in generale durante tutta la traccia si sentono meno passaggi serrati e più mid tempo, per quanto macabri e carichi di rabbia. C’è da dire, in effetti, che in mezzo a tutta questa devastazione non si ha mai l’impressione di trovarsi ad ascoltare momenti truculenti dove regna una brutalità fine a sè stessa, perchè i nostri sanno gestire magistralmente l’insieme giostrando con dei riff sì oscuri, ma che lasciano respiro alla melodia, un po' come se invece di essere scotennati e fatti a pezzi fossimo avvolti dalle tenebre un pò alla volta e ghermiti senza accorgercene.
A chi aveva nostalgia dei primi periodi del genere troverà molti spunti notevoli nell’ultimo album dei Morticula Rex, i quali riportano in auge un death doom come si faceva più di vent’anni fa, concedendo spazio a tinte gotiche e ricami di tastiera non abusandone mai. L’atmosfera è scura ma mai opprimente, senza sfociare nel doom più puro nonostante sia elemento imprescindibile nella composizione. Ci troviamo di fronte quindi ad un ottimo disco, con tanti elementi diversi ben amalgamati tra loro, che si tratti di passaggi segnati dalla violenza così come gli assoli frenetici. Ovviamente l’esecuzione è impeccabile e la capacità compositiva non manca, così come la perizia tecnica. I Morticula Rex vanno quindi annoverati tra le realtà nazionali da seguire con molta attenzione, soprattutto dagli appassionati del genere ma anche dagli adepti del metallo in generale.
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4
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Comunque il Pavor Nocturnus dei Morticula Rex e quello dei Malevolent Promulgation non sono la stessa persona.
Purtroppo Metal Archives è un sito pieno di stupidaggini... |
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3
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Disco molto interessante. Probabilmente se fossero usciti su un'etichetta non di merda si parlerebbe molto più di quest'album in giro, peccato |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Scars 2. The Great Devourer 3. Autumnal Rites 4. They Come Out At Dusk 5. The Silence Within 6. Days Of Darkness 7. Sleeping Among the Dead
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Line Up
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Wermacht (Voce, Chitarra, Basso, Batteria) Pavor Nocturnus (Chitarra)
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RECENSIONI |
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