|
27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
|
|
Will`O`Wisp - Enchiridion
|
23/10/2021
( 1198 letture )
|
I Will 'o' Wisp, che devono il loro particolare nome al fenomeno dei fuochi fatui che ha da sempre intrigato e ispirato varie leggende, sono un monicker storico nel metal underground italiano. Formatisi a Rapallo, Liguria, nel 1992 e ancora attivi nonostante un lungo stop durante il primo decennio degli anni 2000 con conseguenti cambi di line-up che hanno lasciato ad oggi il solo Paolo Puppo, chitarrista e principale songwriter, a rappresentare la formazione originale, sono rimasti una realtà sempre di nicchia, seppure molto apprezzata, in parte forse per la particolarità della loro proposta, in parte per la scelta di suonare quasi per nulla live, fatta salva qualche breve esibizione a inizio carriera.
Enchiridion, debutto pubblicato nel 1997 per la veneta Pick Up Records, casa discografica dedita soprattutto al progressive, era in effetti forse un disco troppo avanti per i suoi tempi e non sufficientemente acclamato, eppure se correttamente metabolizzato non se ne può non riconoscere immediatamente quantomeno l'originalità assoluta della proposta. Seppure infatti in questa sede si impiegherà la definizione di “progressive death metal” per delinearne per quanto possibile le caratteristiche, e seppure sovvengano durante l'ascolto sporadici rimandi a band riconducibili a questo genere, in primis i Sadist, altra storica band ligure, nonché i padri americani del genere o i Pestilence, lo stile sfoggiato in questa prima fatica dal combo è davvero particolare e si fa fatica a paragonarlo a qualsiasi altro disco, oltre a contenere influenze tra le più disparate, dal gothic/dark alla musica elettronica. Enchiridion è però, prima ancora che ben congegnato ed eclettico, un disco stravagante, imprevedibile, variopinto, dalle atmosfere sempre cangianti e dalle sensazioni a volte spiazzanti, caratteristiche perfettamente rappresentate dai colori accesi e dal soggetto visionario del dipinto in copertina, opera del maestro surrealista Max Ernst. Le composizioni e il disco in generale sono relativamente brevi, non superando i cinque minuti le prime, e di poco la mezz'ora il secondo, eppure ognuna di esse è carica di idee, di riff e melodie la cui successione è quasi sempre inaspettata, improvvisa, ma ben inserita. Dal punto di vista musicale il drumming è forse l'elemento più stilisticamente distante dal metal, essendo privo di elementi classici quali doppia cassa e accelerazioni, che comunque latitano in un disco tendenzialmente su tempi medi, ma segue le chitarre con patterns e fills precisi e abbastanza variegati. Le tastiere rivestono un ruolo molto importante, non fungendo semplicemente da accompagnamento alle chitarre ma dialogando con esse all'interno delle armonie e talvolta costruendo melodie come strumento principale, con evidenti influenze dark e gothic; stesse influenze che si ravvisano talvolta nel cantato, quando alcune parti in clean intervallano il growl che predomina nel resto delle vocals, che tuttavia non abbondano in un'opera che si concede lunghe e gradevoli parti strumentali. Le lyrics risultano abbastanza criptiche da decifrare, ma sembra che abbiano come comune denominatore atmosfere riferibili alle divinità e alla mitologia egizia antica. Le canzoni, come accennato, hanno un andamento irregolare e evolvono in maniera inaspettata, di conseguenza l'affresco che ne viene fuori risulta di non immediato apprezzamento eppure stimolante e policromo. Così prendono forma piccoli gioielli come Circle of Isis, aperta da stop 'n go improvvisi che evolvono in un mid-tempo che presto lascia spazio a una seconda parte con riff più melodici, inserimenti di tastiera, pianoforte, clean vocals, e assoli di chitarra non eccessivamente tecnici, ma pieni di colori e belle armonizzazioni. Ancora, Sailing, in cui arpeggi sognanti si alternano con scioltezza a riff tipicamente death e agli stravaganti tocchi di colore del pianoforte, sovente in modi maggiori, che tuttavia nel finale vengono interrotti da un break a metà tra la musica elettronica e la colonna sonora di un film horror, che seppure quasi disorientante all'inizio, unito a un riffing nuovamente deciso e pesantemente effettato conclude in maniera perfetta il brano. Through the Sign of the Gods, quasi slayeriana nel suo incedere iniziale, con l'ingresso delle tastiere e con un riffing stranamente dissonante e melodico allo stesso tempo, si lancia anch'essa in melodie più ricercate ed atmosfere misteriose. Atmosfere che sono tra le più ricorrenti all'interno del disco e che ammantano altre canzoni come Maat in cui ancora si alternano parti più melodiche e compassate ad altre in cui il riffing si fa più aggressivo, dosando sempre dissonanza e gusto melodico. Non mancano vere e proprie bizzarrie sonore come lo strano suono di tastiera che per un attimo fa capolino nella stessa Maat, una sorta di orchestra synth che tanto può sembrare fuori luogo a primo acchito, quanto bene poi risolve nel solito ottimo mid-tempo death; o ancora il rumore disturbante che introduce Sokaris, la quale prosegue con arpeggi del synth/organo a creare ancora una volta un'atmosfera sospesa e vagamente inquietante, davvero da film horror, per tutta la durata della canzone, quasi interamente strumentale; senza dimenticare infine la fisarmonica che apre e chiude Born Again, nonché l'intero disco, in maniera quasi beffardamente allegra, mentre al suo interno la canzone si svolge dapprima dinamica e aggressiva, poi lenta e onirica, con il riverbero delle chitarre in stile quasi shoegaze e le progressioni discendenti delle tastiere.
Insomma, Enchiridion è un disco originale, creativo e pieno di qualità, con forse la sola strumentale Akh a brillare leggermente di meno nonostante il buon guitar work gentilmente offerto da Tommy Talamanca dei Sadist e il riferimento del titolo alla concezione dell'anima degli antichi egizi legata proprio ai fuochi fatui. Un lavoro pieno di ottime idee e che infatti avrà più di qualche successore, sempre su buoni livelli, a cominciare dal “sophomore album” Unseen, i quali tuttavia non ricalcheranno le atmosfere particolarissime e, perché no, un po' folli di Enchiridion, che rimane un album unico e un gioiello da riscoprire del metal italiano.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
4
|
Grazie a voi per il vostro speciale apprezzamento. Per noi è un piacere e un onore poter trattare certe opere e, nel nostro piccolo, dare loro il lustro che meritano. Le vostre parole mi e ci spronano a continuare su questa strada, e non mancheremo di scrivere anche di "Unseen". Un saluto! |
|
|
|
|
|
|
3
|
Mi associo a quanto detto da Paolo, è stato davvero un piacere che, ancora dopo tanti anni, ci ripaga di tante e tante ore di studio, prove musicali e, ovviamente, sacrifici. A questo punto manca solo il secondo CD "Unseen" nelle recensioni
Grazie ancora !
|
|
|
|
|
|
|
2
|
Grazie mille per questa recensione inattesa e bellissima. Mi e ci riporta indietro di tanti tanti anni e di tutto il cuore che si mette nella musica e nell'amato metal!
Un caro saluto! |
|
|
|
|
|
|
1
|
bello e particolare, anche se ci sono dei passaggi che non mi fanno impazzire (la già citata parte finale di Sailing, non tanto a livello melodico ma di batteria), nel complesso, per i miei gusti, il voto è corretto |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Circle of Isis 2. Sailing 3. Though the Sign of the Gods 4. Osymandias 5. Moon of Darkness 6. Maat 7. Sokaris 8. Akh 9. Born Again
|
|
Line Up
|
Guido Affini (Voce) Paolo Puppo (Chitarra) Loredana Canepa (Tastiera) Fabrizio Colussi (Basso) Giancarlo Pancrazi (Batteria)
Musicisti Ospiti Andy Marchini (Basso fretless) Filippo Curti (Fisarmonica) Tommy Talamanca (Chitarra su traccia 8)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|