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The Flower Kings - By Royal Decree
27/04/2022
( 1677 letture )
A distanza di due anni dal precedente Islands, i The Flower Kings son tornati nel 2022 con il loro quindicesimo lavoro in studio: By Royal Decree. Un doppio album di ben un’ora e mezza spalmata in diciotto tracce di progressive derivativo e in cui figura il ritorno di Michael Stolt alle quattro corde dopo oltre vent’anni di assenza. La premessa è insomma di tutto rispetto e Roine ha certamente dimostrato di saper produrre musica di buon livello. In questo caso, però, abbiamo davanti un disco che soffre la sua stessa natura, trascinandosi al finale con qualche affanno e non mostrando appieno la stoffa di questa formazione quasi trentennale.

L’impatto dell’iniziale che si ha con The Great Pretender è ottimo, senza troppi giri di parole. Le linee di basso e le linee vocali imbastiscono un’opener efficace ed elegante, arricchita da una conclusione solistica sofisticata. Da qui, da questi primi sentori alla Genesis, il percorso si mantiene stabile nella funky World Gone Crazy e nella groovy Blinded. In quest’ultima il guitarwork è compatto, la struttura ritmica jazzy impavida nelle sue complessità mai spocchiose e, come ciliegina sulla torta, il sassofono di Rob Townsend calza alla perfezione tra i fraseggi del brano. Basta così? No, la struttura è ascendente e dunque solo giungendo al finale ci si può godere la quintessenza del genere, sciorinata in una variazione strumentale da spolpare ascolto dopo ascolto. I problemi, o meglio, il problema della monotonia e dell’assopimento del songwriting si respira a partire dalla quarta A Million Stars che, salvo il buon guitarwork floydiano, si impegna troppo nel voler ricreare atmosfere evocative, dimenticando la qualità delle partiture. Più studiate The Soldier e The Darkness In You, ma l’offerta complessiva è intrisa di sonorità piuttosto ruffiane. Il punto più basso viene toccato da We Can Make it Work, dove la riproposizione delle sonorità classiche del progressive vorrebbero apparire goliardiche e scanzonate, ma finiscono per essere così naïf da annebbiare la grande originalità compositiva sullo sfondo. L’infantilità del sound, non ben calibrata, trasmuta quello che poteva essere un intelligente richiamo al prog più variopinto alla Yes in un brano mellifluo che difficilmente metterà d’accordo tutti.

L’offerta del disco è singhiozzante e la band svedese rialza l’asticella qualitativa in più di un’occasione. Ne sono un esempio Peacock on Parade e Revolution, nelle quali figura tutto ciò che di buono c’è nel genere, proposto poi da musicisti top di gamma per classe esecutiva e tecnica. Pathos, strutture poliritmiche, melodie ben calibrate -soprattutto chitarristiche- assoli strumentali e fill batteristici alla Portnoy definiscono infatti questo grandioso duetto. La montagna russa è però fatta per avere salite e discese e By Royal Decree non smette di sballottolare l’ascoltatore. Le successive tre tracce sono tutto sommato dimenticabili, nonostante alcuni arrangiamenti indubbiamente interessanti. Si risale con Silent Way e i suoi arpeggi medievaleggianti scuola Genesis. Le linee di basso impreziosiscono il sound e sono mixate con il calibro: pulite e mai sbavate. Moth propone un convincente inizio atmosferico dall’aere sinistro, tirato però un po’ troppo per le lunghe sino al middlepoint, dove il tono acquisisce obiettivamente carattere evolvendosi in climi ben più concitati. The Big Funk, nonostante il nome, stupirà con il suo sound alla Queen, soprattutto nell’ottimo climax che ci getta sufficientemente appagati nel trittico finale.
Qui l’ottovolante compie un giro della morte. La sdolcinata Open Your Heart è vittima di un “già sentito”, se non per lo special sulla metà. Shrine è un elegante intermezzo di piano a dir poco delizioso e Funeral Pyres conclude il viaggio con un feeling blues perseguito con coscienza, soprattutto nel suo groove sincopato prima, e nelle tastiere poi.

Ma tirando le somme, i The Flower Kings hanno intrapreso con questo By Royal Decree una strada fin troppo rischiosa per delle sonorità come quelle proposte dal gruppo. La realizzazione di un doppio disco non è stata supportata sufficientemente dalla corretta oliatura dei suoi ingranaggi e, dunque, l’ora e mezza dell’album non fila via liscia come dovrebbe. Alcuni pezzi avrebbero potuto essere tagliati, appellandoci alla schiettezza. La noia sopraggiunge infatti in più di un’occasione e lo fa soprattutto dinanzi a composizioni “banalotte” o naïf come We Can Make it Work, che sembrano voler far breccia a tutti i costi nel cuore nostalgico degli ascoltatori. Nonostante ciò, però, una buona metà del disco è composta da pezzi complessi ed eleganti, motivo per cui, con una giusta selezione dei pezzi, la longevità di questa nuova release degli svedesi è comunque assicurata.



VOTO RECENSORE
68
VOTO LETTORI
73.16 su 6 voti [ VOTA]
Graziano
Giovedì 28 Aprile 2022, 15.02.24
3
I Flower Kings sono un gruppo che adoro, eppure non posso che trovarmi d'accordo con l'ottima recensione. Quasi tutti i loro album soffrono di un'eccessiva lunghezza, a volte superflua nell'insieme. Più volte sono stati ad un passo dal capolvaoro senza quasi mai arrivarci....un peccato.
JC
Mercoledì 27 Aprile 2022, 21.48.20
2
Il disco è molto buono e i TFK sono stati un tempo una tra ls mie band preferite. Però anche loro condividono con molti altri illustri colleghi progressive una eccessiva prolissità che ostacola la ripetuta fruizione del disco. Consiglio agli appassionati del gruppo.
McCallon
Mercoledì 27 Aprile 2022, 8.54.32
1
"Con una giusta selezione dei pezzi, la longevità di questa nuova release degli svedesi è comunque assicurata." Mi trovo perfettamente d'accordo, e la penso così anche riguardo il precedente Islands: la qualità c'è e si sente, ma perchè affogarla in questo mare di tracce? 70 per me, perchè appunto ci sono qua e là dei brani veramente godibili e sicuramente la bontà dei musicisti non permette scivolate e cadute dal punto di vista del gusto musicale. Avrei dato volentieri di più ma più che troppo lungo ci sono troppe singole tracce, le quali non risultano tutte memorabili e questo inficia la qualità generale del disco.
INFORMAZIONI
2022
Inside Out Music
Prog Rock
Tracklist
CD 1:
1. The Great Pretender
2. World Gone Crazy
3. Blinded
4. A Million Stars
5. The Soldier
6. The Darkness in You
7. We Can Make It Work
8. Peacock On Parade
9. Revolution

CD 2:
10. Time the Great Healer
11. Letter
12. Evolution
13. Silent Ways
14. Moth
15. The Big Funk
16. Open Your Heart
17. Shrine
18. Funeral Pyres
Line Up
Roine Stolt (Voce, Chitarra, Tastiere)
Hasse Fröberg (Voce, Chitarra)
Zach Kamins (Pianoforte, Organo, Tastiere, Mellotron)
Michael Stolt (Basso, Voce, Chitarra)
Jonas Reingold (Basso)
Mirko DeMaio (Batteria)

Musicisti Ospiti:

Rob Townsend (Sassofono)
Hasse Bruniusson (Percussioni)
 
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