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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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04/05/2022
( 1521 letture )
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Un esoscheletro rivestito di acuminate stalattiti in ossidiana all’apparenza inscalfibile eppure incapace di celare giunture disarticolate e ingranaggi non comunicanti l’uno con l’altro: Obsidian rappresenta l’inevitabile metamorfosi della creatura sonora che ha preso vita in Alien (2019), disco simboleggiante una svolta all’insegna di un modern metal paragonabile ad un oscuro labirinto futuristico, nei cui vicoli si annidavano inclassificabili buchi neri composti da particelle elettroniche intersecate a tensioni industrial, pressioni djent e insinuazioni alternative/nu metal. Un’architettura sci-fi all’avanguardia radicalmente diversa dalla canonicità progressive metalcore degli esordi, un non-luogo dai confini immateriali e in ultima istanza un riparo sicuro per il frontman Marcus Bridge, disposto a svelare gli inediti retroscena di un passato giovanile che lo ha visto protagonista di un incubo ad occhi aperti, dovuto principalmente al rapporto disfunzionale con genitori schiavi del consumo di stupefacenti.
Era prevedibile che i Northlane -dopo un simile exploit- volessero dar continuità alle sperimentazioni intraprese ma Obsidian, pur essendo una germinazione diretta di Alien, non riesce a replicare quella mirabile fusione tra la componente metal e la matrice elettronica. Di certo gli anni che separano le due pubblicazioni non sono stati facili per il gruppo, obbligato a fronteggiare la rescissione del contratto con la UNFD e l’abbandono del bassista Brendon Padjasek, senza dimenticare la frustrante immobilità causata dal lockdown: una formazione ridotta a quattro elementi, nuovi equilibri da trovare, l’approdo su Believe Records che sa di ridimensionamento e il processo di autoproduzione sono tutti fattori che hanno in qualche modo corrotto il main core dello Xenomorfo A.D. 2019, il cui DNA è stato riconfigurato seguendo un credo più improntato alla valorizzazione dell’anima elettronica a discapito dell’amalgama con la controparte metal-oriented. Il proposito di andare oltre a quanto già realizzato in Alien è evidente e la band australiana non ha paura di gettare un guanto di sfida alla propria fan-base, la quale si trova a dover fronteggiare una tracklist imponente di tredici brani accomunati e allo stesso tempo differenziati dall’impiego di vicendevoli correnti elettroniche: i synth gestiti dal chitarrista Jon Deiley sono i veri protagonisti dell’album e se il dialogo con le ritmiche digitali e iper-ribassate di scuola djent/advanced metal funziona estrapolando le singole canzoni, nell’insieme la comunicazione risulta sfilacciata e dispersiva. Gli stessi Northlane hanno definito il loro nuovo lavoro “unresolved”, lasciando intendere di non aver voluto precludersi nessuna via ma, come spesso capita, libertà assoluta rischia di far rima con disordine e nel caso specifico non solo a livello sonoro bensì anche sul piano testuale. Delle angustie familiari raccontate nel capitolo precedente rimangono solo gli ultimi strascichi (Clarity), poi ci si addentra senza un chiaro fil-rouge tra l’essenza tossica dei social network, l’ansia provata durante la fase acuta della pandemia, la preoccupazione per l’uomo e il futuro della terra, la necessità di estirpare la piaga degli abusi sessuali, una fugace parentesi romantica e addirittura l’immedesimazione nel mondo virtuale di Matrix… insomma, una girandola tematica con troppi argomenti sul tavolo in mezzo ai quali non è immediato raccapezzarsi.
Il melting-pot a tinte electro-djent di Clarity (sei minuti di synth, blast-beat, riff compressi, punteggiature industrial e switch vocali) è già di per sé un bel grattacapo e ancora non sono entrate in gioco le pulsazioni ad alto voltaggio cibernetico di Clockwork e il battito synth-pop modernizzato di Echo Chamber, profusione a getto continuo di hook melodici semplicemente irresistibili. Le accordature ottundenti e ribassate all’inverosimile del djent ruggiscono assecondando il pathos dell’amara Carbonized e la più sinuosa Plenty, con l’incedere drum’n’bass di Abomination a frapporsi dispiegando in seguito un intermezzo techno che scuote le fondamenta della caverna sotterranea di Zion. Fino a qui il castello di carte regge, ma la deriva elettronica sancita a metà scaletta ingolfa il tessuto artificiale opacizzandone la superficie levigata: Is This a Test? gira a vuoto e la già non esaltante Xen si spegne in una coda strumentale ambient con disturbi rumoristici troppo prolissa. Il vorace cyber djent-core di Cypher spinge molto sulla trasfigurazione EDM e centra il bersaglio al primo colpo, ma è proprio questa carica di adrenalina selvaggia a farci sbattere contro il muro di Nova, un dolcissimo quadretto di idilliaco trip-hop accompagnato da un registro pulito in cui rimangono impigliati cromosomi Deftonesiani; un ottimo brano a sé stante purtroppo decontestualizzato. Le montagne russe in 3D si avvicinano alla discesa con il modern metal dal cuore pop della zuccherosa Inamorata terminando la corsa sui binari dalla marcata ostentazione djent di Obsidian e su quelli più scivolosi di Dark Solitaire, l’ultima traccia del lotto che lascia trasparire influssi elettronici affini ai Bring Me the Horizon di Amo e l’ombra degli Architects nel timbro vocale di Bridge.
Non credo di essere mai stato così indeciso nella valutazione di un album: Obsidian ad ogni ascolto mette in luce pregi e difetti che fanno oscillare pericolosamente il giudizio numerico da un estremo all’altro. In linea di massima il nuovo full-length non bissa gli alti standard fissati da Alien per la (lunga) serie di ragioni elencate, dalla poca coesione interna alla prevaricazione elettronica passando per un riffing djent speculare in parecchi brani, l’eccessivo range coperto dai testi e il corposo minutaggio. Detto questo la maggior parte delle canzoni (ribadisco, prese una ad una) sono di buon livello e la miscela electro-metal regala comunque discrete soddisfazioni all’appassionato delle ramificazioni più oltraggiose del metal contemporaneo. In definitiva possiamo considerare Obsidian come uno stadio interlocutorio nella carriera dei Northlane, alla stregua di un fiore bionico non completamente sbocciato; le attenuanti ci sono, ma ciò non toglie che la corazza in ossidiana ha mostrato delle crepe di cui non avremmo mai sospettato.
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5
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Ciao Jacopo, ci incontriamo anche qua dopo la recensione dei 3DG haha. Purtroppo sono d'accordo con te. Mesmer è un album stupendo, Alien ti porta in un altra dimensione. Ma uno dei punti di forza di Alien è proprio il fatto che è preciso, concreto, diritto al punto. Quando finisci di ascoltare Obsidian ti lascia con un senso di...okay. Sembra chenon inizia e non finisce mai, stai sempre lì a pensare "Okay ma quando inizia veramente". Che poi le canzone prese una ad una sono anche buone, infatti sarebbe criminale andare sotto il 70, perchè si sente che il prodotto è curato. Mi dispiace tantissimo perchè i nostri australiani si sono anche impegnati nel volerlo autoprodurre e fare un album super proprio, però non è andata benissimo. Che amarezza. |
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4
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@Indigo: l'ho ascoltato Alien, ma come dici tu non rientra nei miei gusti. Per me il futur metal lo avevano già fatto trent'anni fa i Fear Factory. |
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3
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@Graziano, anche io considero Alien un disco di altissima qualità (il migliore dei Northlane con Marcus Bridge) ma Obsidian purtroppo rappresenta un brusco passo indietro: questo non significa che non ci siano brani di valore (Echo Chamber è forse la più vicina allo spirito "rivoluzionario" di Alien, Abomination e Cypher spingono sul pedale dell'electro metal nel modo giusto e Nova è un sorprendente trip-hop), il problema è la mancata coesione interna e se vogliamo anche l'assenza di pezzi da novanta sulla falsariga di Bloodline, Details Matter o 4D; alla fine è una prova discreta anche se da una band come loro era lecito aspettarsi di più.
@Shock, il già citato Alien era davvero un ottimo esempio di advanced/"future" metal: non penso rientri nei tuoi gusti però se vuoi giudicare meglio i Northlane ti suggerisco di ascoltarlo, se non altro per comprendere meglio la parziale delusione che ha generato Obsidian.
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2
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Peccato leggere di un calo così marcato. Alien era un disco molto riuscito con quel giusto mix di generi per risultare fresco e dinamico. Comunque prenderò pure questo, perché i Northlane rimangono una band interessante e decisamente sopra la media. |
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1
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Ascoltato per curiosità. Mah. Un buon metal moderno in alcune canzoni, soprattutto nella prima parte del disco, ma niente di sconvolgente, poi ci sono alcune canzoni proprio tra il pop e l'elettronica che personalmente non mi dicono niente. Il problema per me è la voce: va bene quella scream, ma quella pulita è proprio irritante (come tante altre del genere che ho sentito), senza alcuna qualità da spiccare. Mi spiace ma per me se questo è il futuro del metal, resto nel passato. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Clarity 2. Clockwork 3. Echo Chamber 4. Carbonized 5. Abomination 6. Plenty 7. Is This a Test? 8. Xen 9. Cypher 10. Nova 11. Inamorata 12. Obsidian 13. Dark Solitaire
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Line Up
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Marcus Bridge (Voce) Jon Deiley (Chitarra, Basso, Programming) Josh Smith (Chitarra) Nic Pettersen (Batteria)
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