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Sigh - Scorn Defeat
15/10/2022
( 1089 letture )
Colonne portanti del metal estremo delle terre del Sol Levante, i Sigh sono forse, insieme ai Sabbat, la realtà giapponese che da più tempo e con maggior successo calca le scene e si fa apprezzare dal pubblico internazionale. Nati a cavallo tra gli ultimi due decenni del secolo scorso, in un periodo in cui i sottogeneri più estremi erano penetrati ancora ben poco nella scena del Giappone, i Sigh metteranno fin dai primissimi anni di carriera le basi per uno stile eclettico e aperto a ogni tipo di sperimentazione che li accompagnerà fino ai giorni nostri. I primi demo, Desolation e Tragedies, nonostante la solita terribile qualità audio, mostrano infatti una band che pur legandosi a quello stile thrash/proto-black che aveva spopolato nella scena underground estrema degli anni ‘80, prova già ad accennare sperimentalismi, inserimento di sprazzi di synth e armonie particolari.
Quando dall’altro capo del mondo Euronymous, chitarrista dei Mayhem e proprietario della Deathlike Silence Productions, ben inserito nella rete di corrispondenze che all’epoca collegava gli appassionati e i protagonisti delle scene metal di tutto il mondo, entra in contatto con Mirai e compagni e ne ascolta l’EP Requiem For Fools, uscito per la Wild Rags nel 1992, ne rimane positivamente colpito e si propone di farli firmare per la sua etichetta. Nell’allora trio giapponese Euronymous non trova solo una band dall’ottimo potenziale musicale, ma anche una sorta di comunione di intenti nella loro idea di fare e produrre musica. I Sigh, infatti, condividevano con la nascente scena norvegese la ricerca di un sound dotato di feeling oscuro, di atmosfere e soluzioni inusuali, che si allontanasse dallo stile death metal stereotipato dell’epoca, nonché dalla sua iconografia ormai vuota di significato, e che piuttosto si ricollegava al thrash prima maniera (soprattutto quello teutonico) e alla lezione dei vari Venom, Bathory ed Hellhammer.

Quando infine viene pubblicato il debutto sulla lunga distanza Scorn Defeat, alla fine del 1993, i Sigh si inseriscono in maniera quasi naturale, per atmosfere, testi ed immaginario visivo nella nuova ondata del black metal, ma si tratta di uno stile che ben poco ha a che fare con il black norvegese e scandinavo se non, come già accennato, per le propensioni per i synth, per le sperimentazioni e per toni maestosi e a tratti anche teatrali che daranno poi vita al fenomeno avantgarde. Come pure accadeva per tante altre realtà in tutto il mondo (basti pensare alle nascenti scene in Grecia, in Repubblica Ceca o in Brasile), il black dei Sigh si era andato sviluppando parallelamente a quello scandinavo, e non risente dunque degli stilemi che esso imporrà in maniera quasi egemonica sul genere negli anni a venire.
Il nucleo del sound che costituisce gli oltre 40 minuti di Scorn Defeat è caratterizzato da un riffing thrasheggiante ma ricco di melodie spesso oscure e ricercate, che si alterna in strutture mai banali tra ritmiche indiavolate e mid-tempos, e accompagnato dal timbro sporco e demoniaco di Mirai, ma che spesso lascia lo spazio ad arrangiamenti più complessi, passaggi dal sapore doom, dissonanze, orchestrazioni, synth e strumenti inusuali. L’ottima capacità che il combo dimostra sta proprio nel ben amalgamare tutti gli elementi del sound e le varie sezioni che compongono i brani, che sono spesso caratterizzati da atmosfere cangianti e variazioni quasi improvvise ma ben incastrate fra di loro.
L’opener A Victory of Dakini ad esempio, è costruita su un mid-tempo malefico, dal riff portante semplice ma efficace, che è però interrotto da rallentamenti in cui la chitarra elettrica si dedica a lunghi fraseggi e si lascia accompagnare prima dall’arpeggiare sommesso di un pianoforte e di una chitarra acustica e poi da un coro in clean e da un organo sul finale epico, quasi sognante. The Knell parte invece addirittura con un clavicembalo, che fa però solo da introduzione ad un thrash veloce e senza fronzoli, che lascia a sua volta spazio ad una seconda parte lenta, ricca di synth che creano un’atmosfera eterea, incantata. L’atmosfera angosciante creata dal riff in tremolo che apre At My Funeral, impreziosita dai soliti synth e da degli ottimi arrangiamenti di pianoforte, è interrotta solo momentaneamente, nel mezzo, da un passaggio più violento, ancora una volta dai tratti thrash. A concludere poi la “Side Revenge” del vinile originale troviamo Gundali, brano privo di chitarre e dalle percussioni ridotte al minimo, in cui a farla da padrone sono un organo dai toni grandiosi e la voce sussurrata di Mirai, prima di un finale ancora dominato da un pianoforte in stile quasi neoclassico. La “Side Violence” è invece costituita, oltre che dalla breve e feroce Weakness Within, anch’essa però resa ancor più bella e misteriosa dai brevi passaggi pianistici, da due brani più estesi, Ready for the Final War e Taste Defeat, entrambe costruite in linea di massima su tempi medi, ma che riservano sia rallentamenti che improvvise accelerazioni, nonché i soliti intriganti intrecci chitarra-synth.
Una menzione la meritano anche i testi, sia quelli dai toni più introspettivi, pessimisti ed esistenzialisti, sia quelli ricchi di riferimenti a tradizioni e antiche credenze giapponesi, come quelli che accompagnano brani come A Victory of Dakini, Gundali e Ready For the Final War, che ben si amalgamano sia con la musica sia con l’artwork e lo stile visivo con cui si presenta la band, che sarà poi col tempo sempre più ricco di influenze della cultura giapponese.

Scorn Defeat è dunque un disco che, pur avendo le sue radici nella tradizione del metal estremo anni ‘80, si distingue subito per l’innovatività e la freschezza della proposta, per la ricchezza di momenti carichi di pathos ed atmosfera, per la capacità di manipolare la materia musicale in modi inaspettati ed originali soprattutto per l’epoca.
Il debutto del combo di Tokyo segna l’inizio di una carriera che riserverà ancora ottimi dischi nel futuro e in cui la natura sperimentale della band evolverà sempre più e in modi diversi, già con il successivo Infidel Art e poi in maniera esponenziale a partire da Hail Horror Hail.



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
78 su 4 voti [ VOTA]
Immolazione
Venerdì 21 Ottobre 2022, 15.22.40
4
Sì @Area, tutto vero quello che dici, intendevo in generale. Poi è chiaro che parliamo di fasi molto diverse all'interno della stessa band, ma di loro mi piace più o meno tutto alla fine
Area
Mercoledì 19 Ottobre 2022, 15.31.31
3
@immolazione: Quello che dici tu fu il loro disco di rottura anche a livello di immagine con tutto quello che avevano fatto prima. Dei Sigh più Black con Corpse paint (o come si dice) e con tutto l'immaginario asiatico malvagio secondo me il migliore era Infidel Art.... per il resto i loro dischi avevo i CD e tutti assolutamente originali anche quando si trattava di ristampe (originali nel senso di ufficiali eh quindi niente bootleg o repliche russe)... li ho venduti tutti a un ragazzo che ama il genere.
Immolazione
Martedì 18 Ottobre 2022, 19.41.10
2
Bell'esordio, sicuramente significativo per l'epoca e tutt'ora godibile. Penso però che il meglio l'abbiano dato successivamente, personalmente trovo il loro apice compositivo in Imaginary Sonicscape
Area
Lunedì 17 Ottobre 2022, 12.49.34
1
Avevo questo si CD e anche i due successivi della Cacophonus quando mi piaceva il genere. Di questo avevo una versione Americana del 2009 con una copertina diversa e più bella ... ne ricordo una ormai famosa con la foto del chitarrista con la Katana e la mano col guanto che prende fuoco jajajaja Il disco mi piaceva... aveva un incedere lento e uno stile particolare dove si inserisce sia il piano che le tastiere e che ricordava anche le band menzionate in recensione. La particolarità di questi Sigh era quella di rifarsi all'iconografia oscura della religione Giapponese e anche per questo e per il motivo precedente credo abbiano parecchio influenzato altri gruppi dell'estremo oriente e mi vengono in mente i Taiwanesi Chtonic di una decina di anni dopo. Comunque... a loro il Death Metal Floridiano non gli faceva eh , magari non lo dicevano ad Euronymous ok. Anzi qui c'é persino un pezzo che inizia con delle chitarre tremolo in stile death metal di quegli anni e poi dopo cambia completamente.
INFORMAZIONI
1993
Deathlike Silence Productions
Black
Tracklist
1. A Victory of Dakini
2. The Knell
3. At My Funeral
4. Gundali
5. Ready For the Final War
6. Weakness Within
7. Taste Defeat
Line Up
Mirai (Voce, Tastiera, Basso)
Shinichi (Chitarra)
Satoshi (Batteria)
 
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