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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Drudkh - All Belong To the Night
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24/11/2022
( 1477 letture )
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Dopo una breve fase interlocutoria caratterizzata da uscite come l’ampiamente incompreso Microcosmos e l’oggettivamente deludente Handful of Stars, i Drudkh avevano ripreso negli ultimi dieci anni a sfornare album in parte reminiscenti di quelle atmosfere che avevano caratterizzato gli esordi e che li avevano resi una delle realtà emerse negli anni Duemila più apprezzate. Tuttavia, se in molti hanno accolto con favore il ritorno a certe sonorità e il netto miglioramento del songwriting percepibile a partire da Eternal Turn of the Wheel in poi, altrettanti hanno espresso disappunto nel notare come questi fattori non fossero coincisi con una pienamente ritrovata ispirazione. Insomma, c’era l’impressione, in parte confermata soprattutto dal pur buono They Often See Dreams About the Spring, che archiviate le sperimentazioni di metà carriera, il combo ucraino si fosse sostanzialmente arenato su un trademark style che gli consente di produrre musica certamente non scadente ma quantomeno un po’ prevedibile e comunque parzialmente priva del mordente delle prime release. Se all’epoca delle precedenti uscite la si era pensata in un modo o nell’altro, il giudizio sull’ultima fatica del quartetto di Kharkiv potrebbe già essere in qualche misura indirizzato: All Belong To the Night infatti non si distacca molto stilisticamente dal suo predecessore e in generale da quello che è a tutti gli effetti lo stile codificato dalla band. Gli elementi ci sono tutti: atmosfere malinconiche e senza tempo che evocano immagini di desolati paesaggi autunnali, veicolate da melodie composite, ricche di sfumature che si stagliano cariche di riverbero mentre lo scream di Thurios recita i versi come da tradizione estratti da poesie di autori ucraini, in questo caso persino omaggiati con tanto di foto nel booklet del disco. E se lo stile è inconfondibile fin dai primi secondi di ascolto, si nota anche come le sue pieghe siano andate leggermente modificandosi negli ultimi anni; infatti la sensazione che lascia il disco una volta concluso, simile a quella già provata con il predecessore, è quella di una band leggermente più incline alle sonorità più comuni dell’atmospheric black metal moderno a discapito di quell’anima sinceramente folk di cui erano infusi i primi capolavori del gruppo. Come pure il sound si è fatto via via più pulito, meno caotico e tagliente, anche le melodie delle chitarre si sono in parte liberate della loro aura arcana, solenne e primigenia in favore di sonorità più dimesse e di conseguenza, talvolta meno evocative. Si può prendere ad esempio di questo discorso November, uno dei quattro capitoli in cui sono suddivisi i circa tre quarti d’ora di musica di All Belong To the Night: introdotto da un arpeggio in clean assolutamente anonimo, doppiato da una chitarra solista altrettanto inconsistente, il brano prosegue alternando un riff in mid-tempo malinconico, epico ed emozionante, ad un altro, stavolta in blast-beat, reso decisamente troppo melodico da progressioni in tono maggiore poco convincenti, prima di concludersi con un altra bella melodia epica e sognante. Non certo un brano malvagio quindi, ma che alterna momenti eccezionali ad altri quasi incomprensibili o comunque meno ispirati. Uno dei difetti che però affligge un po’ tutte le composizioni è l’inserimento qua e là di sezioni in cui la chitarra diminuisce notevolmente la distorsione e si getta in arpeggi e melodie più semplici e d’atmosfera: se da una parte probabilmente questo risponde alla necessità di dare dei momenti di respiro a composizioni molto lunghe e ad un album molto omogeneo, dall’altra raramente aggiunge qualcosa ai brani in sé, risultando alla fine non molto più che una serie di intermezzi poco ispirati. Nel caso dell’opener The Nocturnal One ad esempio, questo passaggio dura all’incirca due/tre minuti e divide quasi a metà un brano per il resto abbastanza gradevole, costruito su riff malinconici ed ipnotici, retti dalla solida sezione ritmica ricca di groove e doppia cassa. Windmills, aperta da cori solenni come portati dal vento, ci conduce tra sterminati paesaggi ucraini col suo riffing lento, triste ed epico allo stesso tempo, con delle belle armonizzazioni di basso in sottofondo, prima che il solito intermezzo preluda ad una parte finale ancor più sognante e trascinante grazie alle sue melodie ascendenti e ai blast-beat infurianti. La lunghissima conclusiva Till We Become the Haze, comincia invece come un mid-tempo oscuro, quasi tragico ma indugia per tantissimi minuti, nel mezzo e sul finale, sui soliti poco efficaci arpeggi semi-distorti, non prima di regalarci verso la fine un’ultima epica accelerata su di un’azzeccata progressione discendente. Insomma, il materiale che va a comporre All Belong To the Night, seppur con qualche momento di stanca, è complessivamente convincente e ricalca quanto fatto dai Drudkh negli anni precedenti, sia nei pregi che nei difetti. La qualità principale del disco è sicuramente quella di saper riproporre un sound ormai totalmente consolidato e le atmosfere tipiche del combo ucraino in una veste se vogliamo più moderna ma che non ne sconvolge i tratti principali. Ma forse il suo maggior difetto, cali nel songwriting a parte, sta nell’ingenerare, soprattutto nell’orecchio dei fan di lunga data, non la sensazione di magnifico sconvolgimento che producevano le opere maggiori della band, ma quasi una di malinconica familiarità, come se si ascoltasse l’opera al tepore della candela, affacciati alla finestra della casa di legno, come nell’immagine dell’artwork, intenti ad osservare immagini e ad ascoltare suoni di cui si è già fatta esperienza. E se è vero che questa per alcuni potrebbe anche non essere affatto una pecca, allora a maggior ragione All Belong To the Night va valutato per quello che è: un’opera onesta e mediamente ispirata di una band diventata ormai un’istituzione del genere, non certo un lavoro particolarmente originale o eccezionale, e che pure si lascia ascoltare abbastanza piacevolmente e che lascia sempre intravedere le qualità innate dei Drudkh e del suo mastermind.
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7
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Sulla divergenza di Opinioni fra Lettori e Recensore, mi trovo fondamentalmente d'accordo con quest'ultimo.. A certi Gruppi che sappiamo poter ad ogni Album offrire qualcosa in più, all'ascolto di un Lavoro "normale" il Voto dato non può essere più di tanto Alto.. Semplicemente perché se no non sarebbe valutata in maniera equilibrata la Discografia di qualsiasi Band.. Un conto è l'Opinione di un Fan di un Gruppo, un conto è la Recensione, pur sempre soggettiva ma che deve essere il più possibile tendente all'oggettivo, a prescindere dalle preferenze del Recensore.. A scanso di equivoci: Ho ascoltato volentieri quest' Album, però sopratutto l'Ultima composizione non mi ha entusiasmato. |
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6
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Ovviamente era un'iperbole, ma quindici/venti di punti di differenza tra questo e Forgotten legends o Autumn aurora ce li metterei senza problemi, infatti a quest'ultimo personalmente diedi quasi 90. Alla fine però i voti sono sempre abbastanza soggettivi. |
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5
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Tra 80 e 100 ci sono 20 numeri, tra 72 e 100 invece 28. Senza nulla togliere alla recensione. |
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4
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Capisco i vostri punti di vista, ma non basta che un disco dei Drudkh suoni all'orecchio come tale perché sia automaticamente un mezzo capolavoro, e nella recensione è spiegato bene perché. È meno ispirato del solito, ha troppi momenti morti e strizza l'occhio a soluzioni "rock-oriented" e all'atmospheric black moderno in maniera a volte poco azzeccata. Poi se si vuole dare dall'80 in su a questo, sdoganiamo i voti sopra il 100 per Autumn aurora e compagnia bella?  |
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3
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Lo sto ascoltando a ripetizione da stamattina, è molto bello. Sì, sono sempre loro, appunto è molto bello. Voto 72 inadeguato, secondo me. |
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2
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Di sicuro ripeto il concetto anche perché, forse, sono abituato con vini e spirit vari, a sapere dall'etichetta cosa c'è dentro la bottiglia. Da questo album dei grandissimi Drudkh mi aspettavo la musica dei Drudkh. Dice giustamente il recensore che "lo stile è inconfondibile fin dai primi secondi di ascolto" e sono contentissimo di trovarvi lo stile dei Drudkh e non altro. Personalmente trovo le composizioni intense, evocative, di grande atmosfera che, come dice Madame lisablack, forse necessitano di più di un ascolto. "...l’ingenerare, soprattutto nell’orecchio dei fan di lunga data, non la sensazione di magnifico sconvolgimento che producevano le opere maggiori della band, ma quasi una di malinconica familiarità, come se si ascoltasse l’opera al tepore della candela, affacciati alla finestra della casa di legno, come nell’immagine dell’artwork, intenti ad osservare immagini e ad ascoltare suoni di cui si è già fatta esperienza", lo trova un difetto? A me pare il contrario. Ottima release di una band straordinaria. Au revoir. |
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1
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Band straordinaria, come sempre del resto... Disco che necessita di molti ascolti, per me validissimo. 80 |
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INFORMAZIONI |
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Season of Mist Underground Activists
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Tracklist
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1. Нічний (The Nocturnal One) 2. Млини (Windmills) 3. Листопад (November) 4. Поки зникнем у млі (Till We Become the Haze)
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Line Up
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Thurios (Voce, Chitarra) Roman Saenko (Chitarra) Krechet (Basso) Vlad (Batteria)
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RECENSIONI |
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