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Spiritus Mortis - The Great Seal
26/11/2022
( 1108 letture )
Sarà per una certa vocazione alla sofferenza, sarà per la propensione a scrivere e suonare musica che, salvo rarissime eccezioni, non riscuoterà mai consensi planetari, ma parecchi dei protagonisti del doom vivono carriere travagliate, costellate da pubblicazioni erratiche, doverosamente sotto l’egida di oscure label di seconda fascia che nascono e spariscono nell’arco di pochi anni. Musicisti che con una risolutezza che sfiora l’ossessione seguono un proprio ideale artistico che li condannerà spesso e volentieri a trascorrere un’intera esistenza all’insegna di un immutabile stato di band underground. Quei ritmi frenetici, scanditi dall’alternanza di pubblicazioni regolari e susseguenti tour a cui buona parte del music business si aggrappa con avida tenacia, nel doom non hanno quasi nessun effetto, come se le leggi dello spazio e del tempo non avessero potere alcuno in questo oscuro limbo a sé stante. Nella schiera di questi carismatici nonché monolitici protagonisti, gli Spiritus Mortis, capitanati dai fratelli Teemu e Jussi Maijala, potrebbero tranquillamente giocare il ruolo di leader, complice una storia a dir poco singolare. Nonostante l’omonimo esordio sia stato pubblicato solo nel 2004, la band è attiva dal lontano 1987 e i fratelli Maijala si vantano di aver fondato la prima formazione doom finlandese. Vero o meno che sia, gli Spiritus Mortis hanno alle spalle una carriera longeva piena di sussulti, colpi di scena, cambi di lineup e record di fallimenti delle etichette discografiche che hanno pubblicato i loro album degni di un’epopea picaresca. Una certa stabilità arriva solo quando nel 2009 arruolano un membro di spessore come Sami Albert Hynninen, conosciuto ai più come Albert Witchfinder, carismatico cantante dei Reverend Bizarre. Una mossa che, oltre a consolidare il nome degli Spiritus Mortis al di fuori dei confini della madrepatria, vale alla formazione finlandese un contratto presso la Svart Records che cura produzione e distribuzione del penultimo The Year Is One. Tutto è bene quel che finisce bene? Assolutamente no. Fedeli ad una tradizione di sofferenza e patimenti i nostri si trovano a dover affrontare il doppio abbandono dello storico batterista Jarkko Seppala e peggio ancora del turbolento Sami Hynninen. Un uno-due micidiale da KO, non fosse che i fratelli Maijala sono dei duri ancora più tenaci. Incassano il colpo e passano all’attacco: arruolano infatti alle pelli Markus Kuula e con una mossa a sorpresa dietro al microfono Kimmo Peramaki, cantante dei connazionali Masquerage che aveva già collaborato come backing vocalist nell’esordio della band, e iniziano la stesura di brani inediti destinati a comporre il nuovo album. Svart Records crede fortemente in questa formazione rinnovata e pubblica così la quinta fatica (è proprio il caso di dirlo) sulla lunga distanza dei Spiritus Mortis, The Great Seal.

Una fiducia ripagata appieno perché il nuovo parto della band finlandese ha le carte in regola per rilanciarne le quotazioni e finalmente collocarli tra i grandi del genere, quasi come se le difficoltà incontrate ne avessero alimentato l’ardore, la determinazione e perché no, la voglia di primeggiare. The Great Seal si apre con un binomio da cardiopalma, Pupuyan e Death’s Charioteer. Fin dalle prime note è chiaro come l’apporto del nuovo cantante sia di assoluto rilievo nel proporre soluzioni personali che si discostano dalla produzione precedente, per ovvi motivi, molto simile alla proposta dei Reverend Bizzarre. Kimmo Peramaki non fa certo rimpiangere il blasonato Sami Hynninen, grazie ad un timbro che richiama in certe occasioni Robert Lowe e in altre la teatralità e l’intonazione tipiche di Messiah Marcolin. Non a caso l’epic doom delle tracce di apertura non nasconde, anzi chiama in causa, due giganti del genere come i Solitude Aeturnus e i Candlemass, senza perdere il confronto grazie ad un songwriting di altissimo livello e una prestazione granitica da parte di tutta la band. Martyrdom Operation è più vicina ai Black Sabbath con Ronnie James Dio alla voce, così come Skoptsy, ballad cupa e malinconica dove chitarra solista e un coro memorabile, carico di pathos, sono gli assoluti protagonisti del brano. In Khristovovery sono ancora una volta le chitarre a salire in cattedra mentre Kimmo Peramaki si lancia in una prestazione teatrale condita da vocalizzi cari al miglior David De Feis. L’apertura tipicamente doom, quasi anonima, di Feast of the Lord potrebbe far presagire un calo di qualità all’interno dell’album, ma il break acustico centrale rimescola le carte in tavola facendo prendere una strada diversa al brano, che si ammanta di una forte connotazione epica grazie ai fraseggi di chitarra e all’ennesima prova sugli scudi di Kimmo Peramaki, e non è un caso sentire echi dei primissimi Manowar. Are You a Witch chiude The Great Seal, e con un titolo simile non si può che pensare ai Black Sabbath. Il brano è un mid tempo duro, granitico e sulfureo dove l’andamento marziale e cadenzato delle ritmiche e il riff portante erigono il palcoscenico sonoro, dal quale si eleva la voce versatile e cangiante in perenne dialogo con la chitarra che saluta l’ascoltatore con un lungo assolo, per sfumare infine nel silenzio definitivo.

The Great Seal segna un traguardo per gli Spiritus Mortis, il coronamento di una carriera infausta che li ha condannati sempre ad inseguire i grandi del genere, vivendo la musica come outsider senza poter mai raccogliere i frutti di un duro lavoro. Mentre gli album precedenti hanno fatto intravedere potenzialità per lo più inespresse, gemme grezze sepolte dal fango della malasorte, The Great Seal rappresenta la rivincita, il riscatto di due fratelli che non hanno mai smesso di credere nella propria arte. Dopo anni in cui è mancato sempre l’ingrediente giusto per la riuscita del progetto, con The Great Seal i pianeti sono finalmente allineati, ogni tassello è al suo giusto posto: produzione, songwriting, arrangiamenti e prove individuali e d’insieme, tutto riluce e risplende. Il brutto anatroccolo del doom è finalmente rinato come cigno, rigorosamente nero, pronto a spiccare il volo, alla guida dello stormo.



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
90 su 1 voti [ VOTA]
El Faffo
Domenica 27 Novembre 2022, 17.58.18
1
Con IL nuovo Doomocracy stanno quasi monopolizzando I miei ascolti. Davvero bello e Ben riuscito, non che I precedenti fossero poi Cosi malvagi
INFORMAZIONI
2022
Svart Records
Doom
Tracklist
1. Puputan
2. Death's Charioteer
3. Martyrdom Operation
4. Skoptsy
5. Khristovovery
6. Vision of Immortality
7. Feast of the Lord
8. Are You a Witch
Line Up
Kimmo Peramaki (Voce)
Jussi Maijala (Chitarra)
Kari Lavila (Chitarra)
Teemu Maijala (Basso)
Markus Kuula (Batteria)
 
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