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27/04/25
THE LUMINEERS
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In the Woods... - Diversum
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14/03/2023
( 2109 letture )
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Una nuova uscita di un nome storico come quello degli In the Woods… non è mai un evento banale per chi è appassionato delle declinazioni più avanguardistiche delle sonorità estreme. Nonostante ormai sia rimasto il solo validissimo Anders Kobro a rappresentare ciò che rimane della formazione classica che ha registrato i primi capolavori sotto questo monicker, e benché già il precedente Cease the Day avesse visto l’abbandono dei fratelli Botteri, nerbo compositivo indiscusso della band fino a quel momento, il leggendario nome del prog/avantgarde norvegese continua a sopravvivere stoicamente e si ripresenta sulle scene con Diversum.
Rispetto all’ultima fatica della band si segnala anche la defezione di James Fogarty, alias Mr. Fog, che era stato vocalist e strumentista della band sin dal momento della reunion nel 2015; in questa sede è stato sostituito al microfono da Bernt Fjellestad, singer con esperienza sia nel metal estremo ma anche e soprattutto in generi come power e thrash metal, e al basso da Nils Olav Drivdal. Il ritorno discografico dell’ormai quintetto norvegese, coadiuvato anche dal guest Alf Erik Sørensen, vede un’ulteriore evoluzione del sound della band rispetto a quanto udito sui precedenti Pure e Cease the Day: il songwriting del primo aveva ancora impresso il trademark Botteri, ricco com’è di passaggi chitarristici che rimandavano al passato glorioso del combo, di parti tastieristiche dal gusto sperimentale ed avveniristico, e in generale da un’atmosfera molto ricercata; il secondo invece aveva visto la band, con nuovi axemen e songwriters, avvicinarsi a sonorità più estreme, e avventurarsi più spesso in tirate tipicamente black/death, pur lasciando intatta l’attenzione per le atmosfere che aveva sempre caratterizzato lo stile In the Woods…. Diversum si presenta invece come un’opera allo stesso tempo più diretta, melodica e accessibile rispetto ai predecessori: il lavoro delle chitarre e della tastiera è per molti versi semplificato dal punto di vista sia delle melodie che degli arrangiamenti, con l’emergere netto delle influenze rock che hanno sempre fatto parte del reperotorio del gruppo, e con un focus maggiore sulle parti vocali, che diventano spesso e volentieri il vero elemento che trascina le singole composizioni. Sotto questo punto di vista il nuovo vocalist dimostra di aver intrapreso il suo ruolo in maniera invidiabile e che non fa affatto rimpiangere il suo predecessore: Fjellestad si muove a suo agio in territori estremi con degli ottimi growl e scream, ma è nelle parti pulite, che tra l’altro sono la stragrande maggioranza, che si esalta maggiormente mostrando un range vocale molto ampio. Spesso le strutture delle canzoni sembrano proprio fatte per valorizzare ed esaltare le ottime linee vocali, i cui continui cambi di timbro e intonazioni scandiscono l’andamento dei brani. Se ne deduce che il riffing sia molto più semplificato che in passato, spesso ridotto all’osso per accompagnare le vocals, ma anche per adattarsi ad uno stile dall’attitudine meno prog rispetto a Pure e meno estrema rispetto a Cease the Day. Discorso similare per la tastiera che non risulta più uno strumento predominante all’interno del sound e degli arrangiamenti, ma funge quasi sempre da accompagnamento alle melodie principali della chitarra. Il tutto va a confluire in un disco dal carattere decisamente più disteso rispetto al suo diretto predecessore dall’atmosfera più grave e drammatica, ma che non recupera neanche molto quella vena sperimentale che era sopravvissuta fino a Pure, e che va quindi assestandosi su uno stile che unisce ad un nucleo di metal estremo dal sound moderno una serie di influenze rock, prog e persino gothic. Già dall’opener The Coward’s Way, dopo un’intro di chitarra acustica e tastiera, si nota come a caratterizzare i brani sia proprio l’avvicendarsi di parti più meditate, dalle armonie semplici ma catchy, accompagnate dal timbro calmo del singer, sezioni più tirate in cui Kobro rispolvera le sue abilità con la doppia cassa, il riffing si fa più serrato e la voce di Fjellestad sporca e profonda, e ancora sezioni epiche e melodiche in cui chitarre, voci e tastiera si fanno un tutt’uno potente ed evocativo. Le parti vocali in clean sono a tratti memorabili e davvero ben congegnate, rimangono subito impresse nella mente, ma anche il riffing mira ad uno stile più asciutto, quasi più “anthemico” rispetto al passato. La struttura dell’ottima opener richiama anche quella di A Wonderful Crisis, il brano più lungo del lotto (quasi tutti comunque si aggirano sui sei minuti di durata) ma anche uno dei più riusciti, con la sua melodia portante ascendente e il suo chorus dal feel epico e grandioso e un finale più ruvido ed estremo. Non dissimile anche la successiva Humanity, in cui i lead ricordano alcuni melodie di inizio carriera della band, e in cui ancora una volta sia chitarre che voce alternano clean e sporco/distorto ma con una maggiore predominanza delle parti estreme che vanno a comporre un mid-tempo solido e catchy allo stesso tempo. Anche il fugace incipit di chitarra di Moments può portare alla mente i fasti del passato, per poi lasciare spazio ad un altro mid-tempo in cui vengono perfettamente bilanciate aggressività e melodia. We Sinful Converge è forte dell’ennesimo chorus azzeccatissimo condotto in prima linea dal solito timbro potente ed espressivo del singer, mentre The Malevolent God si fa lenta, disperata ed evocativa, per poi cambiare anima nel mezzo con una sezione più asciutta e diretta e concludersi nuovamente emozionante e piena di pathos. Master of None, forse uno degli altri apici del disco, si presenta tranquilla e ragionata con il suo intro e la strofa dall’andamento rockeggiante, per poi esplodere improvvisamente nel pre-chorus potente e dallo stile estremo, e proseguire con il solito ottimo ritornello malinconico ma efficace, e con un ottimo lavoro congiunto di chitarre e tastiera. L’opera si conclude infine con Your Dark, ancora una volta introdotta e conclusa da una chitarra acustica dal sapore misterioso, e che nel mezzo si evolve nuovamente come un mid-tempo melodico e ricercato; nel complesso, però, dovendo scegliere un pezzo più debole forse la scelta ricadrebbe proprio sulla closer, che rimane meno impressa delle altre.
Si può dunque concludere che con Diversum siamo davanti ad un’ennesima riuscita evoluzione del monicker In the Woods…, che si dimostra ancora una volta sinonimo di musica dalle qualità indiscutibili. Il nuovo songwriting della band, accompagnato e valorizzato da un sound eccezionale, nitido, che non lascia indietro nessuna frequenza, pur apportando modifiche sostanziali allo stile sfoggiato nelle precedenti, si dimostra assolutamente all’altezza delle caratteristiche intrinseche che ci si aspetta da un disco degli In the Woods…. La semplificazione delle melodie e la maggior concentrazione sulle linee vocali non hanno affatto intaccato la qualità assoluta delle composizioni e hanno costituito invece un disco solido, che non scende con gli ascolti e ricco di spunti non esattamente innovativi ma sicuramente gradevoli ed interessanti.
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7
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Devo dire che è un disco piacevole, facile da assimilare, con tante melodie vocali azzeccate e che ricordano da vicino l\'immenso Vortex con i borknagar, e per me è un bene! L\'ispirazione non manca mai e tutto scorre liscio, tutto è al suo posto... forse mancano dei momenti veramente geniali, ma è già un bel sentire! |
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6
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Non è male e alcuni pezzi sono interessanti. Non è certamente un disco che ascolterò molte volte ma perché c\'è di meglio in giro (e ho poco tempo con il Vinitaly che incombe...). Au revoir. |
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5
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Buon ritorno. Musica sempre raffinata, come già l’opener The Coward’s Way mette in chiaro. Magari si poteva cercare un po’ di differenziazione in più (anche un pizzico di aggressività in più, perché no?), ma anche così rimane un ascolto piacevole. Voto 78 |
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4
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Diciamo che di In The Woods portano solo il nome, non essendoci più i due membri storici che hanno scritto la maggior parte del materiale. |
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3
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In effetti è un disco molto più \"facile\" e immediato rispetto ad altre produzioni del gruppo, ma se devo dire la verità a me non dispiace la cosa... A volte l\'eccessiva ermeticità di dischi come Omnio ad esempio ne rendevano l\'ascolto piuttosto difficile. In definitiva l\'ho apprezzato davvero molto ed è un ascolto davvero consigliato. |
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2
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Invece per me è un bah, come il precedente. |
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1
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Un ottimo album di una band che è molto diversa da quella che scrisse a mio avviso uno dei dischi più belli di sempre della storia del metal che risponde al nome di OMNIO |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Coward's Way 2. Moments 3. We Sinful Converge 4. The Malevolent God 5. A Wonderful Crisis 6. Humanity 7. Master of None 8. Your Dark
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Line Up
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Bernt Fjellestad (Voce) Bernt Sørensen (Chitarra elettrica) Kåre André Sletteberg (Chitarra elettrica ed acustica, Tastiera) Nils Olav Drivdal (Basso, Tastiera) Anders Kobro (Batteria) Musicisti ospiti Alf Erik Sørensen (Tastiera)
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RECENSIONI |
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