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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Thulcandra - Hail the Abyss
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29/06/2023
( 1512 letture )
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Che Steffen Kummerer sia follemente innamorato del death e black metal credo che sia innegabile. Senza nemmeno ascoltare un secondo della sua musica, i nomi dei due progetti che conduce sono una prova più che sufficiente: gli Obscura derivano il proprio nome dall’omonimo disco capolavoro dei Gorguts; il monicker Thulcandra trae origine invece da un antico demo dei Darkthrone datato 1989. Da questo dettaglio è facile dunque comprendere anche il modus operandi di Kummerer: tarantiniano, se vogliamo, nel suo rendere omaggio alle grandi opere e alle grandi firme che hanno fatto la storia; un tributo fanciullesco nel senso più positivo del termine, divertito e giocherellone. Vista sotto questa lente, l’opera dei Thulcandra, che per alcune penne in più di un’occasione avrebbe rasentato il plagio, assume la forma di una dichiarazione d’amore spassionata al lavoro dei seminali Dissection, stella polare che guida il lavoro della band. È stato così sin dai tempi dell’esordio, avvenuto nel 2010 con Fallen Angel’s Dominion, ed è così anche oggigiorno, con l’ultimo disco intitolato Hail the Abyss.
La matrice di quest’ultimo disco, così come delle uscite precedenti della band tedesca, è ovviamente quella di un black/death dai forti connotati epici e melodici. A questi si aggiungono poi istanze derivanti da diverse regioni metalliche. Prendiamo ad esempio As I Walk Through the Gateway: sulle fondamenta extreme accennate sopra è possibile individuare spruzzate di riff che ricordano le cavalcate di band NWOBHM come gli Iron Maiden; At Night invece offre il medesimo gelido tepore delle chitarre acustiche di Kveldssanger. Con Hail the Abyss i Thulcandra hanno scelto di prendere i Dissection e di contaminarli con stimoli provenienti da diverse fonti. L’esperienza che ne deriva è quella di un blackened death divertente e stimolante, un ascolto che diviene un gioco alla ricerca delle citazioni e delle influenze. Esattamente come la visione di Jackie Brown o Pulp Fiction. Da ciò deriva un’originalità che riguarda non tanto la musica in sé ma l’approccio alla sua composizione. È facile percepire quanto il quartetto si sia divertito in fase di scrittura. Lo si intuisce dalla freschezza dei brani che, nonostante la sensazione di già sentito, risultano comunque interessanti e non escono sviliti da questa connessione con il passato. Proprio mentre sto scrivendo queste parole, in cuffia sta passando la conclusiva The Final Closure, un inno epico mid tempo che unisce alle potenti distorsioni black la delicatezza delle chitarre acustiche: soluzioni per nulla nuove, contrapposizione tra aggressione e pacatezza che da sempre costella il panorama extreme. Ciò nonostante, questi otto minuti di commiato risultano coinvolgenti e potenti. Kummerer e compagni mostrano di aver appreso la nobile arte del pescare dal passato per rielaborare a proprio piacere. Se, infatti, nelle uscite precedenti la sensazione di copia-e-incolla era comunque palpabile (per chi più, per chi meno), in Hail the Abyss questa viene meno. Facciamo un altro esempio e citiamo In the Eye of Heaven, traccia d’apertura che riprende le lezioni delle prime storiche band black metal norvegesi -nei momenti più lenti ritorna il fantasma di Burzum- per applicarle a quel riffing liquido e progressivo del death à la Ulcerate. Ciò che, quindi, pone Hail the Abyss un gradino sopra le precedenti prove dei Thulcandra è dunque questa attitudine postmodernista al black/death metal, un’attitudine che ricerca un suono contemporaneo nelle radici storiche ben salde nel passato. Non ci troviamo più di fronte al tentativo di emulare i grandi predecessori, come invece è stato negli album precedenti della band, ma ad un’effettiva rielaborazione di quegli stessi grandi.
Possiamo immaginare Hail the Abyss come un disco costruito con i Lego: elementi preesistenti e già noti, la cui novità non risiede nel singolo mattoncino ma nel modo in cui questo viene accostato agli altri, identici e loro stessi preesistenti e già noti. Non nego che, durante i primi due o tre ascolti dell’album, ero rimasto piuttosto deluso. Ma con il susseguirsi dei play il lavoro dei quattro tedeschi ha cominciato ad assumere la sua vera forma. Banale e stereotipata in superficie -come vuol lasciar credere anche l’artwork, con una copertina dagli ultra-abusati toni blu, eredi dei primi Dissection e di The Left Hand Path degli Entombed- ma ricca e fresca nel profondo.
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Canonici,basta osservare l\'artwork. Niente di chè questa band. |
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Derivativi sì, come forse avevo già detto, comunque per me validi, poi il cruccone degli Obscura è un grande, peccato non averli visti -Obscura- vicino a casa mia, c\'è chi dice abbiano tirato un bidone, chi invece come me ha tirato carri di madonne, pasinsia -pazienza-  |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. In the Eye of Heaven 2. Hail the Abyss 3. At Night 4. Velvet Damnation 5. On the Wings of Cosmic Fire 6. Acheronian Cult 7. As I Walk Through the Gateway 8. Blood of Slaves 9. In Darkness We Descend 10. The Final Closure
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Line Up
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Steffen Kummerer (Voce, Chitarra) Mariano Delastik (Chitarra) Carsten Schorn (Basso) Alessandro Delastik (Batteria
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RECENSIONI |
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