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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Caligula`s Horse - The Tide, The Thief & River’s End
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30/12/2023
( 818 letture )
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La brillante band Caligula’s Horse, in origine portata avanti, ideata, scritta e “suonata” dal polistrumentista Sam Vallen e solamente “cantata” dall’altro membro fondatore Jim Grey, acquista pezzi importanti e fondamentali per completare la lineup, incidere il debutto autoprodotto e tornare in studio per un secondo validissimo lavoro, The Tide, The Thief & River’s End. Il sound di questo disco, indubbiamente più completo e maturo del primo, si arricchisce di una componente orchestrale grazie alle varie apparizioni di musicisti ospiti amalgamati nell’alchimia della band. L’idea di fondo è quella di un concept album dove i pezzi della storia si incastrano seguendo le vicende di un gruppo di persone che fugge da uno stato di dittatura e tirannia non ben identificato e i testi, spesso molto nebulosi, lasciano libera interpretazione all’ascoltatore. Una caratteristica che spesso è ricorrente nel prog metal, testi epici o fantastici nei quali si fa fatica a seguire la melodia, penso per esempio a In The Presence Of Enemies dei più blasonati Dream Theater e il discorso si può copiare ed incollare anche per questo caso specifico, citando un altro esempio a corredo.
Parliamo di una band nata quasi per caso, senza veri progetti dopo il rilascio del primo e autoprodotto album Moments From Ephemeral City, che ha deciso di tornare in studio due anni più tardi proprio grazie al responso positivo e i commenti in rete ricevuti dopo la prima uscita. Se si fossero formati negli anni ‘80/’90 senza l’ausilio del web, probabilmente staremo parlando di un gruppo sciolto dopo il debutto senza un futuro definito. Invece il popolo di internet, parlando positivamente dei Caligula’s Horse ha reso possibile un seguito. Dei motivi che hanno portato alla scelta di questo nome ho già ampiamente parlato nella recensione precedente pertanto non ci dilungheremo oltre.
Il quintetto australiano, nel 2013, suona più completo, maturo, arricchito dai suoni orchestrali e con alle spalle una produzione di un’onesta etichetta incaricata di incidere al meglio il suono, che invece era carente nella prima uscita discografica. Grazie a questi elementi, i nostri hanno compiuto quello scalino indispensabile e necessario per entrare nell’universo del prog metal anni ‘10 del nuovo millennio e non essere relegati ad un ruolo di second’ordine, nella pletora delle autoproduzioni di questo genere.
Già dalle belle sezioni strumentali di A Gift To Afterthought si sente come l’amalgama tra i membri sia nettamente migliorata, la voce di Jim Grey si fonde alla perfezione con l’alternanza di doppia chitarra del duo Sam Vallen-Zac Greensill ricordando a più riprese le ottime uscite discografiche dei colleghi e conterranei Karnivool soprattutto nel comparto vocale e nelle sezioni più lente. Dopo una bella e narrativa ballad, che deve tanto agli Opeth di Harvest, almeno fino graditissima e sincopata sfuriata strumentale, troviamo i cinque minuti di Atlas, dove la poliedrica e multiforme voce di Jim Grey si avvicina molto al cantato di Einar Solberg. La vera chicca dell’album è però Into The White che si arricchisce delle varie collaborazioni e apparizioni dei musicisti ospiti, in un tono molto orchestrale e poetico, quasi con un’atmosfera da menestrello che racconta le vicende di un poema epico durante le strofe, alternandosi poi ai ritornelli che mantengono l’atmosfera leprousiana. Impareggiabile la seconda parte dove il flauto di Holly Terrens si fonde al prog metal dai tempi dispari delle chitarre e della batteria, il momento più alto del disco. La particolarità dei Caligula’s Horse rimane comunque la bravura nelle parti più tecniche e sia la splendida strumentale Old Cracks in New Earth che Dark Hair Down (dove ritornano preponderanti le reminiscenze Karnivool) ne sono un ottimo esempio. Dopo il breve intermezzo acustico di due minuti Thief, emozionante ed emozionale, ci pensa All Is Quiet By The Wall a chiudere magistralmente l’album, con le arzigogolate e complesse partiture di tastiera di Sean Thomas amalgamate alla perfezione nell’alternanza di chitarre ormai consolidata di Sam Vallen e Zac Greensill.
Un peccato non sentire un utilizzo maggiore di tastiere nei successivi album, viene quasi da pensare che con l’inserimento dell’abile Sean Thomas nei dischi successivi staremmo parlando di una discografia ancora più variopinta da parte dei Caligula’s Horse. Il passo avanti rispetto al precedente Moments From Ephemeral City è nettissimo e la maturazione verrà raggiunta definitivamente con i due capolavori di progressive metal Bloom e l’assoluto apice In Contact. In attesa del nuovo album che uscirà ormai a distanza di neanche un mese, ci godiamo il rispolvero di questo grande secondo album della band australiana che merita un ascolto ma anche più di questo, un’onestissima e graditissima conferma di un gruppo che forse non ha ancora sparato tutte le cartucce a disposizione e non ha ancora finito di supire.
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2
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Sono molto contento che il nostro sito stia recuperando in database alcuni album del combo australiano, per me garanzia di qualità. "Old Cracks in New Earth" è da brividi. |
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1
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Il loro album migliore, probabilmente. Il concept solo accennato è l\'unica nota negativa. Servirebbe un altro album per definire la storia. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. A Gift To Afterthought 2. Water’s Edge 3. Atlas 4. Into The White 5. Old Cracks In New Earth 6. Dark Hair Down 7. Thief 8. All Is Quiet By The Wall
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Line Up
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Jim Grey (Voce) Sam Vallen (Chitarra) Zac Greensill (Tastiere) Dave Couper (Basso) Geoff Irish (Batteria)
Musicisti Ospiti:
Holly Terrens (Flauto nella traccia 4) Michelle Wilson (Violino nella traccia 2) Natasha Ivanovic (Violino nella traccia 5) Stefanie Bernard (Clarinetto nelle tracce 2 e 4) Sean Thomas (Tastiere nella traccia 8)
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