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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Nocturnus A.D. - Unicursal
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17/05/2024
( 1593 letture )
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Sono passati già cinque anni da quando i Nocturnus A.D. avevano finalmente riesumato una delle creature più uniche del panorama death floridiano dopo le vicende legate al monicker e la lunga ma improduttiva parentesi degli After Death. L’uscita di Paradox segnò il ritorno sulle scene di Mike Browning e compagni, con una prova che tutto sommato aveva convinto: quel disco rappresentava chiaramente un ponte diretto con il periodo dei primi due insuperabili album dei Nocturnus, in particolare con lo storico debutto The Key, una sorta di tentativo tutto sommato riuscito di evoluzione e rivisitazione di quello stile e di quel sound a distanza di quasi trent’anni.
Dopo un periodo di silenzio discografico, parzialmente interrotto solo dalla pubblicazione ad inizio anno del singolo Nocturnus Will Rise (riproposizione del vecchio brano Nocturnus), il combo di Tampa si ripresenta dunque con un secondo full-length, intitolato Unicursal, che, tanto vale anticiparlo subito, si è dimostrato una piacevole sorpresa. Questo perché quest’ultima fatica targata Nocturnus A.D. non si è limitata, come ci si sarebbe potuti aspettare, a proseguire sulla falsariga di quanto ascoltato su Paradox, ma evolve e se possibile migliora quella formula. Certo, i tratti distintivi del sound restano intatti e riconoscibili, con il riffing tecnico e nervoso, il timbro a metà tra parlato e growl di Browning che sembra quasi seguire la sezione ritmica da lui stesso guidata, e le tastiere a gettare l’ascoltatore nelle atmosfere spaziali e sci-fi che costituiscono il nucleo concettuale della band. Ciononostante un primo passo in avanti si può notare a livello di sound, dove la produzione, sempre affidata ai New Constellation Studios di Jarrett Pritchard, rispetto al predecessore che soffriva a causa di suoni un po’ ovattati, si fa molto più potente e nitida, meno compressa, di modo che le composizioni possano esprimere tutto il loro potenziale di brutalità senza snaturare uno stile che evidentemente si richiama a soluzioni tipicamente Ninties. Il miglioramento rispetto al predecessore si fa evidente però proprio nelle singole composizioni, che si fanno mediamente più lunghe e complesse, ma all’interno delle quali il coefficiente qualitativo si alza, con riff più azzeccati e memorabili, passaggi più cattivi, più epici o melodici a seconda delle necessità, arrangiamenti più vari e incisivi e ritmiche spesso più indiavolate rispetto all’abbondanza di mid-tempos del predecessore. Ne consegue che differenza di quanto avevamo potuto appurare riguardo il pur buon Paradox, qui i momenti di stanca sono davvero pochi nonostante la durata totale di quasi un’ora non renda certo l’ascolto immediatamente accessibile. Già sin dalle prime battute si capisce che la musica è cambiata, e dunque all’introduzione in stile Lake of Fire di Seizing the Throne, si sostituisce un intro vero e proprio, che setta subito l’atmosfera su toni epici e cosmici, ma che lascia presto spazio a The Ascension Throne of Osiris e CephaloGod, i due brani più brevi del lotto; la prima assale l’ascoltatore fin da subito con stop ‘n go e poi una scarica di blast-beat, riff e assoli micidiali, mentre la seconda riserva tempi più ragionati e inquietanti intrecci di chitarra e tastiera. Dagli dei egizi e le impressioni lovecraftiane dei primi brani, si passa a Mesolithic, che continua sul filone inaugurato da Neolithic (The Key) e Paleolithic (Paradox), e con le sue suggestioni sulla cultura del Maglemosiano, si dimostra uno dei brani meglio studiati: dopo un intro dal sapore tribale si dispiegano tempi lenti ed irregolari, un riff portante sinistro e malevolo ed intricati assoli mentre in sottofondo le tastiere costruiscono il solito tappeto di pad evocativo e d’atmosfera. Organism 46B, che ricostruisce la leggenda di una strana e pericolosa creatura tentacolare che sarebbe stata ritrovata sotto i ghiacci del lago Vostok, è un brano forse meno memorabile, ma comunque interessante e dinamico con i suoi toni epici e magniloquenti, prima di abbandonarsi a un finale ancora una volta aggressivo, selvaggio. La seconda parte del disco, in cui a caratterizzare il concept dei brani sono i riferimenti cabalistici, in particolare a quattro dei dieci Sĕfirōt, o emanazioni, della Cabala ebraica, viene inaugurata da Mission Malkuth, che a discapito di un andamento su tempi medi e atmosfere rese ancora una volta coinvolgenti da tastiere e lavoro solistico, si lancia nel mezzo e ancora una volta nel finale in inarrestabili break dall’energia quasi thrash metal, mentre la voce di Browning è filtrata da effetti quasi robotici. E se Yesod, The Dark Side of the Moon prosegue su un death metal sempre dall’elevato tasso tecnico ma più essenziale, Hod, The Stellar Light, sempre cangiante, e Netzach, The Fire of Victory, dapprima velocissima e poi più ragionata, concludono il lavoro con ancora tanta benzina nel serbatoio, senza mostrare segni di cedimento, concedendo anche dei curiosi ed apprezzabili assoli di tastiera.
Possiamo quindi affermare che Unicursal, mostrando una parabola inaspettatamente ascendente rispetto al predecessore, conferma definitivamente la bontà dell’operazione Nocturnus A.D., che certo rimane ben salda al sound che ha sempre caratterizzato il monicker Nocturnus ma che non rinuncia a migliorarsi, ad affinare la propria formula. Peccato per l’artwork, che pure in linea con l’immaginario della band, non riesce a comunicare quel senso di terrore fantascientifico che promanava in particolare dagli artwork di The Key e Paradox, assumendo uno stile quasi fumettistico e risultando in generale più “innocuo”. Del tutto trascurabili anche i videoclip che accompagnano CephaloGod e Hod, The Stellar Light chiaramente generati con l’intelligenza artificiale. Questi però diventano indubbiamente particolari di secondo piano al cospetto di un disco in cui ribollono riff, assoli, e melodie che faranno più che contenti i fan di vecchia data dei deathster americani. Se vi era piaciuto Paradox, sarete entusiasti di Unicursal.
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13
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no rega per me 80 a sto pastone banale e riciclato non si può dare, la voce di browning è letteralmente inascoltabile, è di una fiacchezza spaventosa così come la musica, nel 2025 non si può sentire na roba simile, lo dico da uno che di death metal vecchia scuola ne mastica a palate, qui hanno proprio mancato il centro sotto ogni punto di vista. |
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12
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Non male, anche se scopiazzano in maniera evidente i primi Kreator di Pleasure to kill
Ma nel complesso si fa ascoltare |
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11
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Bel dischetto, per me - qualitativamente parlando - anche un filo superiore al precedente Paradox. Magari manca il pezzone alla Bc/ad, ma la qualità media dei pezzi si mantiene abbastanza alta per tutta la (lunga) durata dell’album. Mike Browning non aveva un gran growl nemmeno 35 anni fa, a distanza di tutto questo tempo (considerando pure l’età) non mi sembra che questo fattore possa influire in modo tanto diverso sulla resa dell’album. Ma d’altra parte i Nocturnus non sono certo passati alla storia per le vocals, ma per la capacità di scrivere grandi pezzi con uno stile all’epoca più che singolare e che anche a distanza di decadi rimane sempre originale, come quest’ultima release sta a dimostrare. Voto 80 |
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10
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E\' vero, i Nocturnus non hanno mai trovato un growleggiatore non dico a livello di Tardy o Vincent o Barnes o Petrov dei tempi d\'oro, ma almeno bravino... ma io li amo lo stesso. |
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9
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Confermo l 80 . Album che sto adorando. I nocturnus hanno uno stile meraviglioso e tutto loro |
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8
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concordo con azaghtoth84. a parte questo anche thresholds a me è sempre piaciuto parecchio pur avendo dan izzo alla voce che non è nulla di trascendentale ma si adatta bene a quello che x me sono i nocturnus. forse forse alter reality è anche il mio pezzo preferito. |
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7
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spazzatura. strumentalmente non puoi dire nulla, ma le vocals sono merda vera. |
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6
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Ho ascoltato HOD, THE STELLAR LIGHT è nell\' insieme mi è piaciuta parecchio, certo la voce non è mai stata il punto di forza dei Nocturnus anche se a me non dispiace però avercene di canzoni così.....ascolterò anche l\' album nella sua interezza per formulare un giudizio definitivo. Per ora complimenti!!! |
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5
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A mio avviso è un LP buono sotto ogni punto di vista. Voto 80 |
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4
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Album davvero particolare: l\'ho percepito come una fusione tra Blessed are the Sick e Testimony of the Ancients. A me le voci sono piaciute parecchio devo dire, secondo me calzano bene con la proposta. Ormai non è più un growl, ma un parlato che però da quel tocco in più. Voto 80 |
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3
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@Ad_astra: concordo pienamente. Ottimo da un pdv strumentale. Vocals aberranti. Posso anche capire che quel cantato sia funzionale a una riproducibilità live, ma proprio non si può sentire. A una certa, fai solo il batterista e ti trovi un vocalist. Erano anni che non sentivo un livello così basso a livello vocale. |
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2
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Un disco ottimo musicalmente che cade in sufficienza risicata e anche sotto per colpa delle voci. Inascoltabile. Fastidioso. |
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1
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Non vedo l\'ora di gustarmelo per bene |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Intro 2. The Ascension Throne of Osiris 3. CephaloGod 4. Mesolithic 5. Organism 46B 6. Mission Malkuth 7. Yesod, The Dark Side of the Moon 8. Hod, The Stellar Light 9. Netzach, The Fire of Victory 10. Outro
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Line Up
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Mike Browning (Voce, Batteria) Belial Koblak (Chitarra, Voce secondaria) Demian Heftel (Chitarra) Josh Holdren (Tastiera) Daniel Tucker (Basso)
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RECENSIONI |
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