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Djiin - Mirrors
06/10/2024
( 1369 letture )
Il secondo album dei transalpini Djiin, Meandering Soul, aveva segnato nel 2021 un deciso innalzamento qualitativo della proposta artistica della band francese, mettendo a fuoco e sviluppando le idee di un ancora acerbo debutto. La capacità di coniugare generi diversi come il doom, lo stoner e l’heavy psych si era dimostrata uno dei punti di forza di una formazione coraggiosa, sfrontata il giusto, e con un’enorme fiducia nei propri mezzi. Non è da tutti infatti proporre una rock opera a tema metafisico già al secondo full-length, ma i Djiin hanno convinto anche i più dubbiosi, complici composizioni equilibrate e comunque godevoli, lontane da soluzioni eccessivamente articolate e manieristiche. Quello che ha colpito fin da subito, ascoltando le note di questa giovane band, è stata la forza evocativa di una musica disancorata da un genere preciso, in grado di evocare paesaggi visivi liquidi ed emozionanti, veicolati da un songwriting maturo ed un gusto innato per la melodia. Il punto di vista del protagonista di Meandering Soul diviene quello dell’ascoltatore che vive così in prima persona le vicissitudini, i drammi, l’ascesa e la caduta del personaggio principale. C’era dunque un certo fermento tra i fan della band, e in generale una sana curiosità da parte della critica musicale in attesa della pubblicazione del terzo album, importante banco di prova per la band francese, chiamata a riconfermare quanto proposto.

Sempre sotto l’egida di Klonosphere vede la luce il terzo nato in casa Djiin, Mirrors, titolo scarno che prelude ad un piccolo terremoto artistico in seno alla band francese. Basta gettare uno sguardo alla copertina per intuire come sia avvenuto un deciso mutamento stilistico nella formazione francese: se Meandering Soul era racchiuso da una cover colorata, “narrativa”, che ritraeva un momento chiave nella storia del protagonista, il nuovo Mirrors propone una copertina scarna, monocromatica, dove risalta l’immagine di uno specchio infranto in una cornice di tenebra. Lo stesso titolo è in piena contrapposizione a quello del full length precedente; se nel secondo album il tema era il viaggio e la scoperta, in Mirrors lo sguardo dell’artista si rivolge verso l’interiorità, verso la psiche e le emozioni che animano e dominano l’essere umano. Nel ritrarre questa ricerca introspettiva i Djiin compiono una brusca sterzata stilistica, abbandonando quasi interamente le calde e sognanti atmosfere conferite dallo stoner a dal rock psichedelico, intingendo il pennello nei colori più freddi dell’alternative e del progressive metal. In generale tutto Mirrors risente di questo cambiamento suonando più cupo e ragionato; la produzione abbandona i suoni ricchi di effetti e soffuse stratificazioni dell’album precedente, adottando sonorità taglienti che colpiscono con un impatto devastante. La title track mette in risalto al meglio questo nuovo sound, spaziando dal progressive metal a elementi post rock, dando ampio spazio ad una sezione ritmica che mai come in questo album si prende le luci della ribalta con improvvisi cambi di tempo, conditi da accelerazioni repentine e altrettanti bruschi rallentamenti. Non mancano rimandi ai primi due album, specie nella lunga suite (In the Aura of My Own) Sadness, quando alle spoken words di Chloé Phanaleux si accompagnano rari e dosati scorci solistici della chitarra di Tom Penaguin, ma come si vedrà, sono solo echi di un’epoca che con Mirrors volge definitivamente al tramonto. Perché l’ultima sezione dell’album prende in toto le distanze da quanto proposto dai Djiin finora, mostrando una band che è irrimediabilmente mutata in una nuova entità. Blind è infatti un brano che alterna ritmiche quasi nu metal a momenti di groove che evocano gli ultimi Jinjer, con Chloé Phanaleux che si lancia in un rabbioso e urticante scream. La conclusiva Iron Monsters, altra lunga suite di tredici minuti, si rivela la composizione più complessa ed articolata di Mirrors. L’incipit arpeggiato e il canto armonioso, si concedono un raro break melodico, un preludio ad una fase centrale che si muove sinuosa tra ipnotiche derive post metal e nervose e schizzate rasoiate progressive metal, figlie bastarde di Isis e Dream Theater. La coda della composizione vede Chloé Phanaleux salire in cattedra; pochi minuti di canto a cappella, dove gli strumenti tacciono quasi interamente, mutano repentinamente in una coda furiosa di riff ultra-distorti a supporto di uno screaming infernale, che chiude brutalmente il brano.

Ad un primo superficiale ascolto di Mirrors, ci si potrebbe lecitamente chiedere se si tratti della stessa band che ha composto Meandering Soul. Una volta accertato che non ci sono stati nemmeno dei cambi di lineup nella formazione francese, non resta che prendere atto che questa svolta stilistica sia frutto di una precisa scelta da parte dei quattro musicisti. Mirrors è un album di transizione che traghetta la musicalità della band transalpina su sponde opposte a quanto proposto finora. In comune con i primi due album rimane in eredità la complessità delle strutture delle composizioni, che in precedenza si ergevano sul rock psichedelico tinto di doom, mentre ora su post, progressive e alternative metal. La produzione mette ampiamente in risalto questa trasformazione del sound dei Djiin, non solo adottando suoni più freddi e puliti, ma pure nella gestione del riempimento sonoro dei brani: se Meandering Soul era caratterizzato da un suono saturo e avvolgente, in Mirrors anche le pause e i momenti di silenzio giocano un ruolo fondamentale nell’effetto complessivo delle composizioni. A rendere credibile questa mutazione è ancora una volta la voce di Chloé Phanaleux che si mostra a suo agio anche in arrangiamenti prettamente metal, mostrando sfumature e tonalità della propria vocalità sorprendenti e inaspettate. Rimane una certa nostalgia per quei momenti caldi e sensuali, così dolci e torbidi, che rendono Meandering Soul un perfetto esempio di appagante equilibrio tra durezza e melodia. Purtroppo, non tutto è ancora pienamente a fuoco e in alcuni momenti si avverte una certa ripetitività che rischia di causare dei cali di attenzione. Musicalmente alcuni brani mancano di momenti memorabili e l’aver abbandonato volontariamente ogni soluzione solistica, causa a volte un impoverimento delle composizioni. I Djiin sono e rimangono una band interessante e provocatoria, intenta a sondare e superare i confini imposti dai generi, senza paura di adottare scelte e soluzioni che ad un primo ascolto potrebbero apparire incomprensibili ed azzardate. Mirrors è il frutto di questo coraggio e, seppur non completamente riuscito, dimostra come in ambito rock e metal ci siano realtà che sapranno portare questi generi in nuove e inaspettate direzioni. In fondo è questo che deve fare l’arte: colpire e sorprendere, con buona pace di chi si aspetta la stessa sbiadita fotocopia album dopo album.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
77 su 1 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2024
Klonosphere Records
Post Metal
Tracklist
1. Fish
2. Mirrors
3. (In the Aura of My Own) Sadness
4. Blind
5. Iron Monsters
Line Up
Chloé Panhaleux (Voce, Arpa elettrica)
Tom Penaguen (Chitarra)
Charlélie Pailhes (Basso)
Allan Guyomard (Batteria)
 
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