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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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The Quireboys - Bitter Sweet and Twisted
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18/01/2025
( 706 letture )
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Si tratta di riannodare i fili di una vecchia storia, ormai di trentacinque anni fa. Una piccola band inglese, formata a metà degli anni Ottanta, prima come The Choirboys, poi subito modificato in The Queerboys, che cerca di farsi strada, ostacolata per l’appunto dalla scelta del nome, ritenuto controverso e poco apprezzato. Finalmente, la possibilità di suonare a Reading, al più importante festival dell’epoca, a patto di trovare un nuovo monicker: “nascono” così i The Quireboys, assoldati negli Stati Uniti per un tour come The London Quireboys. L’occasione è ghiotta, finalmente, ed ecco che anche la EMI si fa avanti e arriva il primo album, quel A Bit of What You Fancy, che nel 1990 proietta il gruppo in cima alle classifiche e li fa esplodere come fenomeno mondiale, con tanto di video in rotazione e paragoni neanche troppo nascosti con Faces, The Rolling Stones e Rod Stewart, chiaro modello del leader Spike. Un successo travolgente che il gruppo cerca di assorbire rilanciando e chiamando per il secondo album il celeberrimo Bob Rock a produrre. Una scelta che, purtroppo, non si rivelerà vincente: il produttore in quegli anni è richiestissimo (e dopo il Black Album non è difficile immaginare come mai) e i suoi impegni ritardano continuamente l’uscita del disco, tanto che alla fine la band è costretta a chiamare d’urgenza Chris Kimsey (The Rolling Stones) per finire il lavoro e rivedere anche le canzoni già registrate. Un ritardo importante, che porta Bitter Sweet & Twisted a uscire solo nel 1993, quando ormai l’entusiasmo si è in parte smorzato e il gruppo ha perso l’onda vincente, ritrovandosi nel mezzo dell’esplosione del grunge e riuscendo a piazzare unicamente al trentaduesimo posto in Gran Bretagna uno dei tre singoli previsti. Non proprio un gran risultato, per chi sperava di spaccare il mondo e mangiarlo a morsi.
Forti di una formula totalmente derivativa, ancorata al rock’n’roll della British Invasion degli anni Sessanta in maniera se vogliamo davvero poco originale, ma assolutamente efficace e ricca di talento, i Quireboys del secondo album non avevano certo voglia di osare. In effetti, Bitter Sweet & Twisted pur non essendo necessariamente una copia del debutto, ne segue senz’altro le tracce e l’ispirazione, semmai andando ancora più a fondo nell’esplorazione delle radici blues, honky tonk e rock’n’roll. La produzione di Bob Rock e Chris Kimsey è piuttosto fredda e, rispetto al primo album, manca di grinta e spinta sulle chitarre, penalizzando il tiro invece notevole del gruppo ed enfatizzando semmai la voce di Spike. Il quale, dal canto suo, offre una prestazione di valore assoluto, tanto sui pezzi più rock, come nelle ballate, gestite da campione. Ottima la partenza, con Tramps and Thieves e White Trash Blues, nella quale fanno la loro comparsa fiati e cori gospel. E’ proprio da brani del genere che si coglie la differenza nell’efficacia dell’impasto sonoro del debutto, rispetto al secondo arrivato: dove nel primo si veniva avvolti e travolti dalla band, quasi li avessimo a suonare nella nostra stanza (come nel video della famosa 7 O’Clock), qua l’effetto è decisamente meno riuscito e svuotato. Questo non significa che i brani lascino indifferenti e che, ad esempio, pezzi furia come Don’t Bite the Hand That Feeds You e Wild, Wild, Wild non colpiscano a fondo, tutt’altro. E’ che avrebbero potuto farlo in misura maggiore. E ripensando alle ballate come Whippin’ Boy, Sweet Mary Ann e Roses & Rings, non sarà difficile innamorarsi di brani come King of New York, Last Time o l’ottima Take No Revenge. Nel mezzo, c’è il pezzone che alza da solo il livello del disco: Ode to You (Just Walk) è l’apoteosi del blues e, senza inventare nulla, dimostra che i The Quireboys non sono un gruppo di carta. Purtroppo, in una scaletta forse un po’ troppo generosa, finisce per arrivare inevitabilmente anche qualche brano non proprio imprescindibile, in particolare nella seconda parte del disco come Hate to Please e My Saint Jude. Niente di drammatico, intendiamoci, ma diciamo che in un contesto di non particolare originalità compositiva, se la qualità si abbassa appena, si sente.
Insomma, siamo di fronte al più classico dei dischi nati morti, suo malgrado? In buona parte sì: i ritardi nell’uscita, l’esplosione del grunge, l’assenza forse di un singolo capace davvero di attirare l’attenzione, come furono 7 O’Clock ed Hey You per il debutto, una produzione non particolarmente eccelsa, sono tutti aspetti che hanno avuto un peso indiscutibile. Tanto che, dopo poco tempo dall’uscita, il gruppo si scioglierà e non tornerà prima di otto anni, con una formazione diversa. Allo stesso tempo, è innegabile una freschezza compositiva non proprio ai massimi livelli, qualche giro a vuoto e l’insistenza su una formula certo ancora non usurata, ma tutto sommato poco feconda di innovazioni e quindi di novità nel lungo periodo. Mettendo insieme tutte queste considerazioni, quello che viene fuori è che Bitter Sweet & Twisted, pur senza demeritare particolarmente, risulta senz’altro inferiore nel complesso al disco di debutto, ma ha patito fin troppo il confronto proprio col suo predecessore, finendo ingiustamente sottovalutato. Per rendersi conto del tiro e della qualità dei brani qua contenuti, consigliatissimo ascoltare il bootleg Live’ N Loose, registrato nel gennaio 1993 a San Diego, nel quale vengono proposti ben sette estratti da Bitter Sweet & Twisted, che non sfigurano affatto a fianco dei più famosi "fratelli" di A Bit of What You Fancy. Da rivalutare, indubbiamente.
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10
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....il debutto fu magistrale senza dubbio ma a mio parere questo e\' piu\' pennellato e maturo...sono racchiusi pezzi ispiratissimi in questo album...non scherziamo....king of new york e\' da brividi...brother louie e take no revenge sublimi....il trittico iniziale e\' poi sopraffino.....compera obbligata!!! |
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9
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Il debutto dei Quireboys é insieme a In the dynamite jet saloon dei Dogs D\'Amour uno dei più bei dischi Sleaze prodotti in Europa.
Ad ogni modo questo me lo recupererò, ma gli ho già dato un ascolto preventivo e secondo me sarebbe stato perfetto con 4 o 5 pezzi di meno, però veramente gagliardo. |
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8
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Sì, il debut non si batte. Rimane ovviamente il loro album più bello in tutta la discografia, anche se ne hanno pubblicati altri ottimi anche da quando si sono riuniti (anzi, ora che ci penso: devo recuperare quello dell’anno scorso). Qualche tempo fa ho riascoltato per esempio Well Oiled: merita eccome. Questo secondo album è, come dice Shock, penalizzato da un eccessivo numero di brani, ma è comunque pieno di ottime canzoni. Voto 82 |
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7
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Visti ed ascoltati per la prima volta al Monster of Rock, ottima gig... corsi subito a comprare l\'ottima prima uscita del combo....finirono li...... |
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6
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@Shock: Proprio così e di Tyla hai dimenticato anche che si occupava lui stesso di tutto il comparto grafico e spesso delle copertine nella sua interezza, che io trovavo molto belle e spiritose.
I Quireboys erano di pari livello comunque e tra le band sleaze pure loro sono stati dei degni eredi dei New York Dolls.
Molti sostengono che entrambi comunque hanno beneficiato del successo dei Guns N Roses e può anche essere vero, però non mi importa, succede con tutte le cose. |
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5
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@Rain ex Area: assolutamente, hai citato uno dei miei gruppi preferiti di sempre. Ma loro avevano la fortuna di avere un artista del calibro di Tyla, cantante, compositore e poeta straordinario che non ha mai avuto la riconoscenza che avrebbe dovuto avere. Avercene di artisti così oggi invece di tutti questi urlatori squaqquaraqqua che non valgono un dito di Tyla. |
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4
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@Shock, come detto in precedenza ho solo il loro primo album che secondo me é bellissimo, ma secondo me i loro concittadini Dogs D\'amour erano migliori e nel complesso hanno fatto più album belli... anche se va beh qua purtroppo mancano le loro recensioni... |
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3
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L\'unico difetto di questo album è l\'eccessivo numero di brani, altrimenti sarebbe il perfetto proseguimento del debutto. Niente di nuovo, direttamente dai Faces, con Spike novello Rod Steward, l\'album presenta una serie di ottime canzoni, uno degli ultimi vagiti di un\'era prima che i depressi si presero la scena. Se il primo valeva 90 questo vale 85. |
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2
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Ho soltanto il primo album che é un gran disco! Questo mi manca e dovrei cercare di recuperarlo magari... |
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1
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Album godibile e orecchiabile. Sicuramente, come dice la recensione, non al livello del precedente ma con una sua vena accattivante. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Tramps and Thieves 2. White Trash Blues 3. Can't Park Here 4. King of New York 5. Don't Bite the Hand 6. Last Time 7. Debbie 8. Brother Louie 9. Ode to You (Baby Just Walk) 10. Hates to Please 11. My Saint Jude 12. Take No Revenge 13. Wild, Wild, Wild 14. Ain't Love Blind
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Line Up
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Spike (Voce, Armonica, Chitarra) Guy Bailey (Chitarra, Mandolino, Cori) Guy Griffin (Chitarra, Sitar, Cori) Chris Johnstone (Piano, Hammond B3, Clavinet) Nigel Mogg (Basso, Voce) Rudy Richman (Batteria, Percussioni)
Musicisti Ospiti Bob Buckley (Archi, Arrangiamento)
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