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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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The Austrasian Goat - The Austrasian Goat
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( 1276 letture )
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“Austrasia è stato il nome di una terra dimenticata, tra Francia e Germania. Secoli dopo secoli, il popolo ha rifiutato l’ influenza Cristiana e mantenuto una relativa indipendenza fino al 18 ° secolo. Attraverso i secoli, questa terra tenuti i marchi di antichi riti pagani, la paura dei Defunti e grandi conflitti, nascosto dietro una apparente serenità. Questo deserto verde attesta la caduta di una civiltà. Un isola di libertà. Una incarnazione territoriale della disperazione. THE AUSTRASIAN GOAT è un modo per celebrare una singolarità culturale, indipendentemente da qualsiasi considerazione nazionale. Non si preoccupa di confini. Il suo manifesto è nero come la profondità della sua anima ferita. Incarna un’ oscura verità attraverso una fragile umanità.” Questo il biglietto da visita che potrete leggere sito ufficiale dei THE AUSTRASIAN GOAT, corredato da croci pagane per sottolineare il messaggio; chi invece volesse cercare informazioni su myspace sarà limitato in una pagina visualizzabile in sole 2 scrollate, praticamente vuota, perché i nostri dicono di odiare la superficialità delle relazioni del myspace… Bah!
La band proviene dalla Francia ed il disco in questione esce nel 2007 in due differenti formati, rispettivamente edito per la I HATE Rec. che ne pubblica 500 copie in formato CD e per la 213 Rec. che pubblica 498 copie su vinile. L’omonimo album, di fatto il debutto ufficiale, segue la release di due CDr split rispettivamente con gli THE DEAD MUSICIAN e gli ONDO (entrambi del 2007). THE AUSTRASIAN GOAT racchiude 9 brani per una durata totale di poco superiore ai 40 minuti, pur tuttavia mi è stato davvero difficile mantenere l’attenzione per tutta la durata del disco. Sicuramente la causa scatenante di questa mia disattenzione è ravvisabile nella registrazione che penalizza non poco la godibilità delle canzoni, con una voce molto lontana e indistinguibile, chitarre troppo sporche, alle volte “zanzarose”, che in diversi passaggi si relegano al solo scopo di uno stordente wall of sound.
La band si colloca perfettamente nella schiera delle bands SLUDGE più pesanti come gli ELECTRIC WIZARD, FUNERAL ORCHESTRA, BURNING WITCH e soprattutto i GRIEF, figli minori degli inarrivabili CATHEDRAL, dai quali purtroppo non tutti sono riusciti ad apprenderne il mood “rozzo & grezzo” che li rese famosi con i primi LP. Il disco si apre con PYRE WITHOUT FLAMES che dopo una breve intro relativamente tetra, non fa altro che ripetere ossessivamente un solo riff di chitarra per circa sette minuti, mentre il cantante urla qualcosa di comunque impercettibile. Purtroppo il limite maggiore di questo disco è appunto la staticità, la mancanza di un qualsiasi spunto che possa risvegliare l’ascoltatore dal torpore causato da un sound che tende a mescolare tutto in un polpettone senza gusto.. La successiva THE BANKS OF THE SHADOW’S RIVER parte con un synth abbastanza interessante, lasciando ben sperare in un miglioramento, ma dopo pochi istanti riaffiora la nebbia ad offuscare il paesaggio e siamo al punto di partenza, mentre la terza traccia, totalmente strumentale, inizia con una chitarra effettata quantomeno originale, successivamente affiancata da un riffing che ri-definire “zanzaroso” sembrerebbe quasi riduttivo: buone intenzioni definitivamente rovinate. Il quinto brano è senza dubbio il più movimentato del lavoro: I HATE THE HUMAN RACE è infatti una cover dei GRIEF al cui ascolto, già noto alle mie orecchie, perdo qualsiasi ulteriore speranza di poter capire cosa stia urlando questo singer disperato.. Quattro minuti abbondanti di synth tetri e ipnotici con il titolo SILENCE IS WEAPON intermezzano l’ascolto prima di precipitare in BLACK IS NOT A COLOR (a mio avviso miglior episodio dell’album) dove il ritmo di batteria, marziale e cadenzato, scandisce solennemente il tempo; qualche giro interessante accompagna un synth che suonerebbe migliore in un contesto più professionale; purtroppo questo rimorso attanaglia ogni istante di questo pur buon lavoro: buone idee, atmosfere interessanti e forse anche qualche bel riff, sacrificati e coperti da una registrazione assolutamente non all’altezza, complice anche un genere da sé molto sporco e malsano, che comunque non giustifica l’assoluta amatorialità del sound. Tranquillamente dimenticabili ed anonime le restanti 2 tracce che non aggiungono nulla ad un album già sviscerato ed ahimè compromesso.
Ferma restando la mia distanza dal genere che, eccezion fatta per poche sporadiche bands, non ho mai sopportato né minimamente apprezzato, posso dire che THE AUSTRASIAN GOAT, in linea di massima, potrebbe essere un buon inizio se i ragazzi in questione aggiustassero un po’ il tiro e soprattutto riuscissero a incidere la loro musica in modo più degno. Per il momento penso che lo metterò da parte…
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Personalmente le vocals così rarefatte mi piacciono. Julien vuol fare il verso a Van Cauter... ma mica ci riesce. comunque un 65 io lo concedo... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Pyre Without Flames 2. Embrace A Green Distress 3. The Banks Of The Shadow’s River 4. The Fall Of Everything 5. I Hate The Human Race 6. Silence Is Weapon 7. Black Is Not A Color 8. River And Fog 9. Unchained
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Line Up
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Julien Louvet – all instruments & vocals
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RECENSIONI |
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