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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Den Saakaldte - All Hail Pessimism
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( 2214 letture )
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1 – Sono spietato, insensibile, sprezzante.
2 – Sono comprensivo, ricettivo, cordiale.
Due quote caratteriali che vivono in modo indipendente e che si manifestano quale successiva reazione alle sollecitazioni più intime: la prima riservata alla gente comune; la seconda a pochi eletti.
Poche persone hanno invece provato entrambe le “ricette”: nessuna è più nei “paraggi”…
La medesima dualità la scopro in questo All Hail Pessimism, album a tratti ortodosso, ma dalle molte sfaccettature eleganti e sofisticate. Ad un ascolto superficiale verrebbe spontaneo catalogare il nuovo prodotto dei Den Saakaldte quale disco black/thrash tuttavia, addentrandosi con attenzione nelle scelte adottate dalla band, si può rinvenire un songwriting intelligente e colto, dai tratti ora spigolosi, ora avvolgenti, che sa colpire duro sul muso, ma anche adulare i meno avvezzi in materia. La band, frullato dei “soliti noti” della scena (Niklas "Kvarforth" Olsson, Sykelig, Jarle "Uruz" Byberg), rispolvera nozioni classicistiche in un’ottica moderna ed disinibita: le sfuriate grezze e lineari – colme di brutalità – ereditate da quel primo black norvegese che, attraverso i tritonali in rapida successione e le soliste in tremolo picking, riconduce ai mostri sacri Mayhem e Gorgoroth, si alternano infatti a costrutti più contorti e curati, a loro volta dominati da aperture melodiche goth-style (alla October Falls e Dimmu Borgir), sfiziose cavalcate thrasheggianti (figlie di Venom e soci), stacchetti ossianici e rallentamenti doomegianti che, maggiormente insistiti, avrebbero fatto di All Hail Pessimism una perla depressive metal. L’impianto strumentale è costantemente guidato dal riffing e dalla melodia procurata da Sykelig e dalle variegate (per registro) vocalizzazioni di Kvarforth (Bethlehem, Funeral Dirge, Diabolicum, Shining), tuttavia sono le inaspettate comparsate degli ottoni (prodotte artificialmente dall’effettista Jormungand) a rimanere più facilmente ancorate nei ricordi dell’ascoltatore. Ovviamente il ricorso a timbriche così particolari – per non divenire stucchevole – non può che essere saltuario, tuttavia il risultato è tanto bizzarro da caratterizzare la globalità del sentito: i momenti in cui interviene questa anomala orchestrina simil-jazz (ascoltatevi l’avvio di Drikke Ens Skal) sono infatti tanto decontestualizzati da sembrare fin ridicoli; quest’aurea di beffarda malignità, unita alle interpretazioni canore più controllate ed ai frequenti intagli mediorientaleggianti delle 6 corde (Mesias, Jag Ar Den Fallna) ma pure della voce, declinano il disco verso un mood noire/grottesco che, mischiato alla violenza dei tanti passaggi black, pare volgere al nichilismo più ossessivo in modo sbeffeggiante ed irriverente.
Ottimo e sempre preciso il cantato in mid-screaming, così come l’utilizzo del drumkit da parte di Uruz, entrambi punti forza del combo scandinavo. Avrei gradito infarcire la mia analisi parlandovi dei testi che – a sensazione – si sarebbero sposati con i gusti personali del sottoscritto, ma l’uso – centratissimo – della lingua nativa mi impedisce ogni qualsivoglia comprensione. Detto questo i suoni gutturali del norvegese si sposano perfettamente la metrica utilizzata e fanno suonare ancor più acido l’urlo rauco dell’illustre bafometto Kvarforth.
I punti forti del CD sono individuabli in La Vinteren Vare Evig (con i mid-tempos sinfonici ad impreziosire l’amalgama), nella thrasheggiante e sincopata Samma Skrot, Samma Korn e nella conclusiva Jag Ar Den Fallna, sintesi di tutte le soluzioni stilistiche adottate nel platter. Personalmente non ho apprezzato i tre polmoni strumentali Audhumla, Frykten For Det Opprinnelige Ode e Den Endelige Tankens Ufravikelige Konsekvens che mi paiono null’altro che dei meri riempitivi (tanto più che quest’ultima riprende le stesse note dell’overture Audhumla). Satans Synder e Drikke Ens Skal sono le più avanguardistiche, mentre Vandringen la più pratica (leggasi un’incredibile mazzata sui denti).
Quella dei Den Saakaldte è musica difficile ed interpretabile in molti modi differenti a seconda delle predisposizioni personali: di mio ho l’impressione che l’album sia destinato ad un’elite, più o meno risicata, in grado di valorizzarne le specificità, altrimenti ignorate. I quasi 70 minuti dell’album scorrono con difficoltà nonostante molte partiture ricordino, per enfasi e riflesso, le colonne sonore dei grandi classici dello psico-horror anni ‘70; la verità è che le variazioni stilistiche sono troppe e spesso fini a se stesse; se non vi fossero i tanti richiami al thrash Slayerano e le sparate di puro black ad edulcorare l’opera (figuratevi un po’), vi parlerei ora di prodotto totalmente indigesto: in realtà il piacere sentir suonare gente capace, unito all’incertezza “dell’istante successivo”, stimolano il proseguo dell’ascolto (almeno nelle prime passate). Il peggior difetto di All Hail Pessimism è la fruibilità, essendo evidentemente destinato ai soli amanti della sperimentazione.
Insomma: per coloro che un tempo si sentivano a loro agio con i Phlebotomized e che, con il corso degli anni, si sono lasciati sedurre dai più moderni Aarni e/o più semplicemente dai fratellastri (dei Den Saakaldte) Shining.
A condizione di non avere il paraocchi e di saper concedere una chance alla contaminazione, ci si può anche provare.
A proposito di ciò che dico di essere, sapete una cosa?
Credetemi sulla parola.
In questo caso sperimentare... non è una buona idea!
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2
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Il tuo "parere" in merito mi è stato molto utile... |
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1
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Sarebbe stato quasi impossibile avvicinarsi a tale recensione. 70. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Audhumla 2. La Vinteren Vare Evig 3. Vandringen 4. Satans Synder 5. Frykten For Det Opprinnelige Ode 6. Samma Skrot, Samma Korn 7. Drikke Ens Skal 8. Mesias 9. Den Endelige Tankens Ufravikelige Konsekvens 10. Jag Ar Den Fallna
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Line Up
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Sykelig – Guitar Kvarforth – Vocals Seidemann – Bass Jormungand – Synth and effects Uruz – Drums
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