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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 2590 letture )
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Non è terra di grandi tradizioni metalliche, la Francia. E' terra di grandi condottieri (Napoleone Bonaparte), poeti maledetti (Baudelaire) e provetti footballeurs (Zinedine Zidane) ma non è certo famosa per l'headbanging, gli assoli o qualche epica galoppata come Dio (Ronnie James) comanda. Superato con qualche disturbo di stomaco questa deplorevole introduzione, veniamo agli Abinaya e al loro Corps, disco col quale la band conferma quanto detto in principio: ovvero che Oltralpe farebbero meglio a dedicarsi ancora alla lettura de Les Fleurs Du Mal o alla visione di qualche partita del Paris Saint Germain piuttosto che mettersi a suonare heavy metal. Di ispirazione indiana con divagazioni tribali vagamente riferibili ai Soulfly, gli Abinaya giungono al secondo album della loro carriera, articolato in undici pezzi e cantato nella lingua madre.
La titletrack si apre con un ritmo tambureggiante e giunglaiolo, con qualche spruzzo orientale. Non appena Monsieur Igor Achard afferra il microfono, però, il castello crolla roviniosamente: non è assolutamente lingua adatta per l'acciaio, il francese, e la tesi viene ampiamente confermata da quasi tutte le tracce seguenti. Si salva solo Partir Puis Revenir, che però è la ballad del platter: almeno nelle canzoni mielose questo idioma trova un senso, e ci mancherebbe! Per il resto gli Abinaya stendono delle melodie interessanti, belle come quella di Enfant D'Orient, ma già dalla terza traccia il sound della band inizia ad essere ripetitivo. Probabilmente il migliore del quartetto è il drummer Nicolas Vieilhomme. Sul groppone degli Abinaya pesa una parte centrale del disco in cui l'attenzione cala vertigionosamente, recuperata in parte dal ritmo più dinamico di Les Chars De police e dal bel ritornello radiofonico di La Mort Des Amants.
Insomma, il succo del discorso è uno: se la musica degli Abinaya presenta delle melodie e dei ritmi interessanti, talvolta ripetitivi ma nel complesso positivi, le vocals lasciano alquanto amaro in bocca. Dispiace bocciare severamente chi crede nell'efficacia della propria cultura e della propria lingua a tal punto da portarla on the road come bandiera e orgoglio (sotto la Tour Eiffel il nazionalismo è alquanto sfrontato), però ragazzi qui stiamo parlando di metal, di rock, e il francese cantato in quest'ambito è peggio di un rullante ciccato o di un riff steccato!
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Corps (4:47) 2. Enfant d'Orient (4:52) 3. L'Homme Libre (3:12) 4. Regarder le Ciel (3:25) 5. Algo Mais (Quelque Chose de Plus) (4:31) 6. Les Labels (4:34) 7. Testament (4:28) 8. Les Chars de Police (4:16) 9. Partir Puis Revenir (5:20) 10. La Mort des Amants (4:51) 11. Resiste (5:18)
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Line Up
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- Igor Achard : Chant /Guitares - Andre Santos : Basse - Nicolas Heraud : Percussions, Pyrotechnie - Nicolas Vieilhomme : Batterie
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RECENSIONI |
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