|
27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
|
|
|
( 3791 letture )
|
Galdr nelle antiche lingue norrene significa magia, incantesimo. Ed è proprio una sorta d’incantamento che trasuda dalla prima fatica della one man band americana (from Georgia), Galdr. Simile ad un impulso sopito per secoli, eoni, si annida nelle orecchie, discende delicatamente verso la gola, accarezza lo stomaco, per poi risalire, gemello di un salmone, diretto al cuore, alla mente. Un sentimento che si potrebbe definire vero paganesimo, reale venerazione per il costrutto comune della razza umana. Il musicista non si pone, saccente, al di sopra di noi comuni mortali, ma dispiega nella sua breve opera, mezz’ora circa la durata, un insieme di sensazioni, paesaggi, angosce che pensavamo perse nel fiume del Tempo. La produzione, volutamente al di sotto addirittura dello standard lo-fi tipico del genere, riesce ad essere come nebbia fascinosa, contorno essenziale al plot. Non vi sono evidenti sbavature strumentali, Galdr conosce a sufficienza la materia per saperla padroneggiare con sicurezza. Peccato per lo scream, qualitativamente inclassificabile, in quanto ad un volume troppo basso rispetto alla sezione ritmica o alle sei corde. Nel complesso, però, ci rammenta un certo misantropo norvegese, dedito alla fiamma oscura dai lontani novanta, che sorvolando sui fatti di cronaca nera, resta esempio e modello per chiunque si appresti a comporre. La copertina infatti, rimanda probabilmente con cognizione di causa, aBurzum del 1992: incontriamo la stessa tetra figura indicante un punto imprecisato nello spazio, l’inverno a fare da cornice, il senso di annientamento progressivo. Mezz’ora di durata dicevamo, ebbene Galdr apre subito con una dichiarazione d’intenti: Winter and Life. Un vento tempestoso, una tramontana, accoglie accordi di tastiera ambient, lenti, dolorosi. Tantissimi avvertiranno brividi gelidi lungo la schiena, cercando istintivamente un po’ di calore umano. Segue Futhark (termine che viene attribuito alla più antica forma di alfabeto runico): incedere norvegese ed attitudine figlia della consapevolezza della dissoluzione degli atavici ideali. Una batteria che, suonata dallo stesso americano, rifiuta la velocità, sottolineando i passaggi maggiormente disperati grazie ad una doppia cassa potente, decisa nel conferire ritmo ad una condizione priva di via d’uscita. Riff in tremolo, come da tradizione, e synth strazianti. Un bosco, l’umidità sul viso, le lacrime che segnano le nostre guance. Ed un blast-beat che appare solitario, violento. Erompe dalla partitura lenta, con il desiderio di trasmettere un’ultima venatura d’odio. Skoll’s Dream è, invece, una violentissima cavalcata nei recessi di una foresta. La batteria si erge su cori puliti incisi talmente in sfumare da risultare solo un flebile accompagnamento. Le urla di Galdr indicano che l’incubo, l’inverno perenne è dentro di noi, incarnazione di quel mostro che prende le forme di depressione, sociopatia, solitudine. Lo stesso vento prodromo del platter, un arpeggio delicato, pochi secondi di fremiti prima di sprofondare nuovamente nel buio, nell’antro di un animo corrotto. Skoll, inoltre, in norreno indica il sole e, più nel particolare, il lupo figlio di Fenrir che insegue il carro portatore di luce, destinato ad essere sbranato dalle fauci dell’animale il giorno del Ragnarock. In senso lato, Skoll rappresenta anche il rifuggire del comodo intendere la vita: la falsa illuminazione delle cose futili. Non è difficile immaginare che il famelico lupo sogni di porre termine all’ipocrisia, al modernismo che ha soppiantato le usanze, il modo di essere naturale. Mentre la nostra anima si riappropria di obliate visioni, il viaggio continua, ed è il turno di Winter’s Spirit. Terribile e dissonante assieme, sostenuta da una batteria in primissimo piano, simile a tamburi rituali, sempre più veloci, sempre più intensi, sempre più trascinanti verso la trance. È il definitivo ritorno all’origine, alla fuliggine primordiale: Into unknown mist. Amplificato il senso di smarrimento, amplificato il peso delle trasformazioni, striscia a fatica, grazie ad un riff portante che, ripetitivo e ossessivo, lascia solo un pertugio a permettere il passaggio di piccole quantità di ossigeno. Nulla che s’imprima meglio nella psiche di una discreta dose di Pessimismo cosmico e disorientamento. In mezzo ad un’impietosa muraglia di nebbia, l’uomo si accorge dei suoi limiti, delle sue perdite, del Trionfo del binomio Morte-Natura. La ritmica scandisce inesorabile il dissolversi della carne, aperture di tastiera preludono al finale crollo emotivo, che raggiunge il parossismo nel concitato finale in doppio pedale. Spranga le porte del nostro personale inferno, Snowfall and Decay, pezzo di matrice ambient, sicuramente ispirato ai lavori in carcere del Conte. Poche note ripetute da una tastiera scarna di effetti. Solo il vento a mantenere ancorato l’ascoltatore a una dimensione fisica. A parere di chi scrive, è l’episodio migliore del platter: decadente, scoperchia la vanità della vita, rapida ed insignificante come la neve, che, una volta posatasi al suolo, è in balia dei cambiamenti climatici e del veloce trasmutare delle condizioni. In definitiva, Galdr è un’esperienza onirica nei recessi della nostra mente, dei nostri pensieri alberganti il subconscio. Gli omaggi al Burzum d’annata sono numerosi, tali da far ipotizzare una conoscenza perfetta sia di Filosofem, sia delle prime prove artistiche dell’inventore dell’ambient. Omaggi che comunque non intralciano il naturale procedere dell’estasi artistica dell’esordiente americano: tant’è vero che produce un EP d’ineffabile carica emotiva, degno di posizionarsi solo uno scalino sotto i grandi capolavori. Termino con un pensiero espresso dallo stesso Galdr, allorché, incuriosito l’ho contattato via mail:
Stay true to your blood.
Ossia indaga il tuo essere fino a concepirne ogni singola emozione, in modo da non tradirla.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
16
|
Ho ascoltato l\' Album ed effettivamente è molto Burzum-dipendente.. Ma credo, come la maggioranza delle Uscite di questo Genere.. Curiosa, almeno per il Sottoscritto, la provenienza del Musicista.. Non avrei mai associato le Melodie proposte ad uno Stato come la Georgia. |
|
|
|
|
|
|
15
|
Bene,quello però è trueBM,quindi non aspettarti atmosfere forestBM.Ma è un buon disco,suonato molto bene.Sono contento che i Black Autumn ti son piaciuti. |
|
|
|
|
|
|
14
|
Non ancora. Prossimo viaggio in treno, guardando la pianura nebbiosa dal finestrino. Non saranno i boschi ma c\'è di peggio. |
|
|
|
|
|
|
13
|
A proposito hai sentito anche Algor? |
|
|
|
|
|
|
|
|
11
|
Sì in effetti è anche per quello che mi è venuto in mente Paysage d\'Hiver |
|
|
|
|
|
|
10
|
La Copertina di questo Album riprende quella dell\' Album omonimo di Paysage d\' Hiver. |
|
|
|
|
|
|
9
|
A Me Im Wald era piaciuto.. I primi due Recensiti sul Sito, al contrario, avevan deluso le mie aspettative. |
|
|
|
|
|
|
8
|
Mi metto anche questo progetto in wishlist bandcamp. Non pensavo di trovarlo lì vedendo la label ma in realtà il tizio ha ristampato i suoi dischi con un\'altra etichetta dicendo che non voleva avere niente a che fare con i nazisti. Tra l\'altro adesso ho visto che sono nella stessa label di Black Autumn che ho ascoltato da poco e mi è piaciuto parecchio. Probabilmente ci faccio un pensiero per l\'acquisto. @Spirit che ne pensi di Paysage d\'Hiver? No perché leggendo \"forest black metal\" mi è venuto in mente il suo Im Wald (nella foresta, per l\'appunto). |
|
|
|
|
|
|
7
|
Forest black metal è un nuovo sottogenere? Scughen metal |
|
|
|
|
|
|
6
|
Uno dei migliori dischi di forest black metal degli ultimi 20anni.È il genere di opere che preferisco e ricerco, non mi interesso a altro.Lo ascolto quando faccio escursioni,ed è un compagno di meditazione vigile fantastico.È un capolavoro..95. |
|
|
|
|
|
|
5
|
La recensione mette in luce il parallelismo nemmeno troppo velato con il Conte. Detto questo: Galdr a me comunica emozioni, sentimenti, pensieri. Può essere diverso per te, come per chiunque altro ascoltatore. Purtroppo nell'analisi siamo influenzati dalle nostre personalità e quindi il voto ne risente. Ti devo dar ragione, Galdr non è un esempio di originalità, nè di innovazione. Ma negare che sia un prodotto di qualità è oltremodo severo. |
|
|
|
|
|
|
4
|
Si è tutti concordi, spero, nel ritenere l'originalità elemento non imprescindibile (anche se auspicabile) di una qualsiasi forma d'arte, ma questo Galdr ripercorre tutti i luoghi comuni del genere superando i limiti del banale. Tutto sa di già sentito e già visto: dalle progressioni alle tematiche, dalla produzione lo-fi ai soliti arrangiamenti di tastiera finanche allo stile delle foto ed ai caratteri gotici... insomma un bel copia e incolla di tutti gli stereotipi. Tutto è ovviamente intenzionale, si capisce, ma forse proprio per questo da stigmatizzare con più veemenza, perché se l'originalità non è imprescindibile, lo è la personalità. Consigliato solo a chi non sa ascoltare altro che black metal, inutile per gli altri. |
|
|
|
|
|
|
3
|
La copertina mi ricorda molto gli artwork di Vinterriket |
|
|
|
|
|
|
2
|
disco che mi è stato consigliato da molta gente, vedrò di ascoltarlo al più presto... |
|
|
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Winter and Life 2. Futhark 3. Skoll’s Dream 4. Winter’s Spirit 5. Into unknown Mist 6. Snowfall and Decay
|
|
Line Up
|
Galdr - All instruments, vocals
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|