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Raventale - Bringer Of Heartsore
( 1684 letture )
Quando un uomo va per mare impara a conoscere due elementi che caratterizzeranno la propria vita: le tempeste e i porti sicuri. Le prime, con la forza dei propri flutti e i venti impetuosi, sono i momenti di eccitazione che mettono alla prova anche il navigatore più esperto, scaldando l'animo di fronte all'imprevisto e costringendolo a mettersi alla prova ogni volta in modo differente. I secondi invece sono gli angoli di tranquillità che permettono di ristorare l'animo, sicuramente meno eccitanti e stimolanti, sono tuttavia una componente altrettanto importante. In fondo chi accetterebbe di vivere costantemente in balia delle onde, senza appigli né certezze?
Nell'odierno oceano di pubblicazioni, una volta scremati i finti marosi ed i momenti di bonaccia, accade che le restanti uscite possano essere divise nelle due categorie sopracitate. Se da una parte ci sono gli emozionanti capolavori, il cui livello rasenta una qualità tale da rendere difficoltoso bissarla, dall'altra sono presenti le piccole sicurezze che nel corso degli anni riescono a crearsi un nutrito seguito, passo dopo passo.

Possiamo mettere tra gli approdi sicuri il nome Raventale, one man band guidata dall'ucraino Astaroth che, ormai con cadenza annuale, permette di avere qualche certezza in ambito black atmosferico, presentandosi quest'oggi in veste di traghettatore che conduce un'imbarcazione chiamata Bringer Of Heartsore.
Innanzitutto va detto che, pur non discostandosi eccessivamente dai canoni del genere, il polistrumentista dimostra costantemente una volontà di rinnovare il proprio sound inserendo, disco dopo disco, nuovi elementi e influenze nelle proprie composizioni in modo da non replicarsi mai, riuscendo a sfumare tra le diverse gradazioni della malinconia. A dimostrazione di ciò si prenda a confronto After, uscito lo scorso anno, con cui si evidenzia un distacco fin dalle prime note. Emerge presto che in Bringer Of Heartsore viene a cadere in parte la sensazione di angoscia fortemente presente nel predecessore, lasciando spazio a composizioni più ariose create da un uso consapevole di inserti ambient e dall'introduzione di un riffing maggiormente ricercato. Scelte di questo tipo riflettono la volontà di approfondire una gamma emotiva per cui non è più sufficiente un approccio minimale, ma che necessita di un'analisi accurata e studiata. Il sentimento trascinante in questo caso è l'intimità melanconica che si crea tra l'individuo e la natura, concetto ampliato prendendo spunto dalla produzione del poeta russo Aleksandr Blok.
L'aria odora di umidità, appesantita da un velo liquescente di tristezza, la predisposizione dell'animo è volta alla meditazione contemplativa. Ogni dettaglio sembra essere al proprio posto per favorire il raccoglimento che l'opera richiede per approcciarsi correttamente ad essa.
La traversata comincia con un lunghissimo picking di chitarra, traghettando l'ascoltatore oltre la coltre caliginosa che nasconde il cuore della quinta uscita targata Raventale, nel luogo in cui le acque sono calme e l'unico rumore che si ode è il canto del vento.
Le otto composizioni, tra cui sono presenti un paio di intermezzi strumentali, sono giocate su una studiata alternanza di ondate black e sezioni in cui il cantato è assente, lasciando ampio spazio all'atmosfera creata grazie all'utilizzo di synth cristallini e suoni ovattati.
Pur discostandosi dal minimalismo di After, che a tratti suonava molto vicino al doom, la costruzione dei brani non si presenta eccessivamente articolata ma sufficientemente stratificata da creare una cortina di nebbia. L'accumularsi di linee ritmiche delinea i contorni sfocati di una figura il cui volto non sembra mai farsi nitido, lasciando spazio all'interiorità di ognuno per intuirne le forme e le sfumature. I rintocchi del rullante sono ossessivi e pesanti, rendendo le percussioni inesorabili, ma al tempo stesso sono presenti anche ritmi più incalzanti, come nell'accattivante The Last Afterglow Burned o nella tempestosa chiusura di These Days Of Sorrow, che conferiscono fluidità allo scorrere della tracklist.
Tuttavia Astaroth dà il meglio di sè quando imbraccia la sei corde, dimostrando delle capacità compositive in grado di spingersi fino a frangenti prog-oriented, oltre a maneggiare con sicurezza il consueto bagaglio black. Una particolarità dello stile del chitarrista è il ricorrente uso del let ring negli arpeggi distorti, che crea un sottofondo mai completamente intellegibile eppure evocativo ed in grado di trasferire emozioni all'ascoltatore. Come sempre si ritrova anche qualche episodio in cui l'ucraino si lascia andare inserendo un assolo dalle melodie struggenti e malinconiche, come in Twilight, The Vernal Dusk.
Infine il cantato, che in Bringer Of Heartsore è presente ancor meno che nelle passate uscite, dimostra di non avere un ruolo centrale nella produzione Raventale, anzi di essere quasi superfluo dato il suo scarso utilizzo nei brani. Ma, nelle occasioni in cui è presente, lo scream di Astaroth è lacerante, trasuda inquietudine spostandosi senza difficoltà fino alle tonalità più profonde.
Giusto un paio di parole sulla produzione: le scelte sonore sembrano adattarsi ottimamente al tipo di proposta, in particolare la batteria ha un suono abbastanza naturale da spingersi a chiedere se in quest'occasione sia stata suonata anziché programmata. Anche il mixaggio appare riuscito nel proprio ruolo: infatti emergono dei differenti piani sonori, dati dal posizionamento in secondo piano dei synth che consente loro di fare da efficace riempitivo senza rubare spazio agli altri strumenti. Il risultato complessivo è un giusto compromesso tra un suono leggermente fosco e rotondo e una sezione ritmica ben definita, evidenziando così tutte le componenti strumentali, anche se in modi differenti.

Ancora una volta il viaggio che ci offre Raventale è una navigazione solitaria, a bordo di un'imbarcazione testata e sicura su cui è possibile lasciarsi andare alla contemplazione e, dimenticando il mondo esterno, ritrovarsi in mezzo al mare avvolti dalla solitudine. Non serve spingersi al largo alla ricerca degli sconvolgimenti più intensi, quando il cielo scaglia la propria furia sulla superficie increspata dell'oceano. Non si vedranno che da lontano le folgori erigersi per sostenere il piombo dei nembi, sussultando nei loro contorni indefiniti fino a scoppiare in un boato. Solo il fido traghettatore, come una sorta di Caronte invisibile, sarà al nostro fianco in mezzo alla caligine eterea, per ricondurci sani e salvi al nostro porticciolo.



VOTO RECENSORE
72
VOTO LETTORI
26.45 su 20 voti [ VOTA]
Arvssynd
Sabato 5 Novembre 2011, 23.12.22
1
Adoro tutti i quattro album precedenti e, dopo aver letto la recensione, devo assolutamente procurarmi anche questo
INFORMAZIONI
2011
Solitude Productions
Black
Tracklist
1. Anything Is Void
2. Twilight, The Vernal Dusk
3. These Days Of Sorrow
4. Breathing The Scent Of Death
5. Prologue – Sailing To Further
6. The Last Afterglow Burned
7. Detachment And Solitude
8. Epilogue – Alone With Heartsore
Line Up
Astaroth – All instruments, Vocals
 
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