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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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So Much For Nothing - Livsgnist
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( 2968 letture )
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La sofferenza può essere espressa in svariate maniere: attraverso l’arte visiva, attraverso la poesia, attraverso la musica. Bisogna avere una dose di talento sufficiente, però, per riuscire nell’intento di toccare le corde intime, per giungere dove il nostro animo si schermisce, si fa piccolo, è debole. Indubbiamente si necessita di sensibilità, di tocco magico.
Queste qualità sono riassunte nella figura debuttante di Erik Usgaard, tetro musicista che occulta la sua essenza dietro alle sembianze dei So Much For Nothing, praticamente un’estensione della sua oscura personalità.
Arrivato in questo colpo di coda dell’inverno al suo primo ballo sulla distanza lunga, il progetto norvegese mostra una raffinatezza ed un’eleganza non da trascurare. Formatosi nell’ombra di Katatonia, Paradise Lost e soprattutto Shining, l’Erik dei fiordi propone un denso concentrato di folle gravezza, a cui precedentemente solo Halmstad ci aveva abituato. E non è un caso l’insistenza sui vicini di casa svedesi: perdendovi nelle composizioni di Livgnist (alito di vita in italiano), troverete rimandi più o meno velati all’opera di Kvarforth, ospitato alla voce in quel piccolo capolavoro di Suffer in Silence.
A questo punto si apre una questione, a mio avviso, di primaria importanza: quanto pesa questa relazione artistica fra i due? E’ indubbia la veste di modello del più esperto scandinavo, capace di sfoderare una prestazione di inaudita perversione nella traccia, convalidando una volta di più le opinioni lusinghiere riguardo alla versatilità della sua ugola. Ma è anche palese la spiccata personalità dell’ “allievo”, il quale, benché di frequente riprenda, rimaneggiando con cura, le strutture presenti nel corpus shininghiano, compreso un tappeto acustico atto a coprire uno straziante lamento femminile (vi ricorda nulla?), riesce a risultare sufficientemente alienato dal peso del paragone.
Mi spiego meglio: l’opera del norvegese è, seppur trasudi un opprimente senso di disfatta e disperazione, nell’essenza più “easy listening”, maggiormente affine al rock decadente, alla dark wave piuttosto che al depressive black con tinte avanguardistiche. Non di rado gli episodi presentano ritornelli dalla presa immediata (One Last Night), passaggi melodici, alleggerimenti del cantato, che abbandona lo scream per impersonare una caldissimo stile pulito, richiamante alla lontana il soffuso declamare dell’indimenticato front-man degli In The Wood…
Dovendo collocare l’album in un genere preciso (lungi da me, certe opere non si catalogano!), opterei per un blues, termine da assumere nel suo significato metaforico. Esso incarna la disperazione, la malinconia, raccontata con voce roca, stentata, in poche parole, l’incantesimo dei “demoni blu”. Certamente l’impostazione è debitrice dei sistemi della musica estrema, però ad ascolti approfonditi, si libera lentamente un’anima riflessiva, rarefatta, affine all’espressività del Delta del Mississipi. Quella tristezza che proprio non è possibile scrollarsi di dosso, nemmeno compiendo un inaudito sforzo di volontà.
Tale sfaccettatura emerge prepotente nella perfezione della già menzionata Suffer in Silence, preludiata da toccanti inserti orchestrali intenti a descrivere un fortissimo sentimento di estraniazione grazie ad una melodia insistita, violenta, oppure ancora nella perfezione di My Precious dalla cadenzata sezione ritmica, oppure ancora nella lectio magistralis della traccia di chiusura, New Life - New Beginning, aperta da un sofferente sassofono, impegnato in un assolo ben presto sostenuto dalla marzialità delle pelli in sottofondo. Arduo obliare i primi vagiti dell’oppressione, dell’ineluttabilità che questi esempi portano con sé, veementemente. La versatilità vocale, elogiata poche righe più in alto, contribuisce a rendere incisivi anche i passaggi minuti, quelle svolte all’interno di una canzone, che tendiamo a dimenticare, in quanto, si potrebbe dire, accessori. Invece Erik è un perfezionista: la modifica al registro si inserisce lì dove l’attenzione corre il rischio di scivolare, lì dove l’ascoltatore svia lo sguardo. Il nostro eroe dalla terra di Munch accede al pantheon popolato da quegli artisti che hanno il credito per piazzare un numero cospicuo di episodi dalla lunghezza abbondante e di non risultare assolutamente noiosi, autoreferenziali. Riprendendo l’affermazione iniziale, i So Much For Nothing rompono, anche in virtù di pezzi come Perfect e Suicide Syndrome, la convenzione che legava il negativo ad una certa struttura musicale.
Inconsapevolmente offrono un’opera dall’impatto emotivo devastante, senza però eccedere né nella cupezza fine a se stessa, né nella sterile aderenza allo stereotipo del degrado mentale, della claustrofobia psicotica per giustificare composizioni sghembe, inadeguate. Rinverdiscono una corrente portando nuove tesi a sostegno, come l’ingresso di assoli gradevoli, la comparsa di strumentazione classica, da conservatorio, in netta contrapposizione con chi reputa il genere dalla malinconia spiccata monolitico, oscuro, prodotto in modo insufficienti, urlato, sgraziato. In aggiunta, ribadisco, fanno propria una visione vincente, - quella degli Shining-, intenta a migliorarsi continuamente, lavorando sul particolare, sull’inezia, sulla fluidità (non ci si accorge d’aver scollinato la metà finché non si interroga l’onnisciente schermo del lettore), senza farsene fagocitare. Discrimine non da poco, vista la pletora di cloni che popola la scena depressa da parecchio tempo.
Concentrandosi inoltre sul comparto tecnico, la presenza di un batterista onesto, efficace qual è Uruz (il caso vuole che sia stato membro degli Shining, suonando fra il 2007 ed il 2009), motore mobile dell’ensemble black degli Urgehal, garantisce la minima razione di brutalità, andando a soddisfare i gusti di coloro i quali preferiscono la presenza di una robusta impalcatura eretta dalle pelli, esibita in ogni caso, senza picchi parossistici, blast beats sforzati, giri di piatti privi di scopo. Il tutto scorre con pregevole naturalezza. Questa lodevole caratteristica è dovuta all’eccellente produzione, dalla pulizia chirurgica, mettendo in condizione il basso di ritagliarsi i suoi spazi nei quali far sentire la sua rotonda presenza, alle chitarre di non vagare in marasmi sonori poco addomesticabili, agli ospiti in sala (violini, sax, etc…) di non sacrificare il loro vellutato timbro all’altare dell’odiata plasticità, alla voce di riuscire profonda, avvolgente. Da sottolineare l’omogeneità del contributo dei numerosissimi ospiti chiamati a servire il progetto: sembrano suonare assieme da una vita intera.
Un’uscita, per dare una degna conclusione alla disamina, imperdibile per i seguaci del Kvarforth concreto, quello ancora in grado di infondere sottili effluvi di malsano nettare in pregevoli architetture musicali, per gli amanti dei mai troppo omaggiati Lifelover, da cui i So Much For Nothing sembrano aver imparato l’arte del rock depressivo, per chi, semplicemente, desidera far fruttare il proprio tempo dedicandolo ad un prodotto di qualità ottima.
Per toccare i recessi dell’anima: “Uno e identico il cammino all’insù e il cammino all’ingiù”
Erik Usgaard sembra averlo scoperto.
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4
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Gran rece e bel disco, ancora lo devo assimilare bene cmq per ora 80 ci sta tutto |
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3
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Senza dubbio un gran bell'album |
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2
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Bellissima rece, ho l'acquolina in bocca dalla frase sul cantante degli ...In The Woods, gruppo e voce che adoro!!! Ovviamente presto sarà mio!!! |
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Dopo questa uscita la My Kingdom Music si riconferma etichetta di grande qualità. Ho quasi tutte le sue perle, Majestic Downfall, Lord Agheros, P.T.S.D e adesso mi preparo ad acquistare pure questo gioiellino! Bella recensione, alimenta la mia premura nell'averlo. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Suicide Syndrome 2. One Last Night 3. Perfect 4. Suffer in Silence 5. My Precious 6. Livsgnist 7. New Life-New Beginning
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Line Up
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Erik Usgaard – guitar, bass, vocals, lyrics Uruz- drums
Guests: Niklas Kvarforth – vocals (Suffer in Silence) Trondr Nefas- guitar (My Precious) Martin Storm-Olsen- acoustic guitar Seidemann- bass (New Life-New Beginning) Dag Stiberg- sax Julianne Kostol- cello Ingvild Johannesen- violin Peter Huss- guitar Eirik Renton- trumpet Aethyris McKay- guitar
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