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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Soundgarden - Down on the Upside
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( 9700 letture )
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Anno Domini 1996. Il grunge, movimento che con pochi semplici giri di chitarra e tematiche sofferte aveva fatto apparire stantii il 90% del rock e del metal degli anni ’80, stava a sua volta per esalare l’ultimo respiro: la tragica morte della figura simbolo del genere, Kurt Cobain, avvenuta due anni prima, aveva difatti rappresentato un punto di non ritorno per il grunge, che poi stava lentamente implodendo anche a causa dell’abuso di droghe perpetuato da molti dei suoi esponenti e, naturalmente, dell’eccessiva commercializzazione di alcune band. Eppure, nel 1996 c’era ancora spazio per il colpo di coda di uno dei gruppi più amati e fortunati dell’intera scena di Seattle: stiamo parlando dei Soundgarden che, fatta salva la recente ed immancabile reunion, si sarebbero sciolti solamente l’anno successivo per via di dissidi interni e, peraltro, anche per via dell’album che quest’oggi mi accingo a recensire.
Down On The Upside, difatti, rappresentò un considerevole motivo di contrasto fra il cantante Chris Cornell ed il chitarrista Kim Thayil, dal momento che quest’ultimo voleva proseguire sulla strada che aveva reso celebre il gruppo, con album ispirati ad hard rock classico ed heavy metal come il capolavoro Superunknown, mentre il primo spingeva per un ammorbidimento del sound. L’album che ne risultò, non a caso, risulta scritto per la maggior parte proprio da Cornell e, come tale, presenta una maggiore quantità di spunti acustici e riflessivi rispetto al passato, caratterizzandosi per essere in qualche modo il Black Album dei Soundgarden. Il lavoro si apre con Pretty Noose, suo primo singolo, caratterizzato da un riff di apertura acido in wah-wah; la canzone si sviluppa lentamente attorno ad esso in pieno stile grunge, mentre la sezione ritmica condisce il tutto con una prova incisiva e Cornell sfodera la sua proverbiale, bellissima ugola. La parte migliore del brano è senza dubbio proprio il rallentamento in occasione della ripetizione del riff principale, tremendamente accattivante e così meravigliosamente decadente, sulla falsariga degli Alice In Chains (le due band, peraltro, si sono reciprocamente influenzate nonostante la “rivalità” dell’epoca). Rhinosaur è più sostenuta nel ritmo e, oltre al cantante, stavolta a salire prepotentemente in cattedra è Kim Thayil, autore di una prova mastodontica condita anche da uno splendido assolo. Vi starete chiedendo forse dove sono i rallentamenti annunciati e promessi? La risposta sta nella traccia numero tre, giunta apposta per servirvi: Zero Chance, scritta da Chris Cornell con la collaborazione del bassista Ben Shepherd, vede difatti una chitarra acustica accanto a quella elettrica ed un ritmo generale lento e tranquillo, quasi alla Pearl Jam in alcuni punti. Vi piace? A mio giudizio è uno dei brani migliori presenti sull’album. Dusty ha un’atmosfera un po’ più scanzonata rispetto alla canzone che la precede e, pur non essendo un capolavoro, presenta alcuni bizzarri ed interessanti passaggi di chitarra riconducibili al caro, vecchio rock ‘n’ roll. Insomma, non si può negare che in questo lavoro i ragazzi di Seattle non abbiano messo parecchia carne al fuoco. Ty Cobb è subdola ed ingannatrice, dal momento che parte in modo lento e riflessivo per poi trasformarsi in una sfuriata tipicamente punk; anche qui, però, troviamo la sorpresa di turno, dato che sotto le chitarre sferzanti ed il ritmo veloce possiamo distintamente riconoscere la presenza di un mandolino. Ebbene sì, i nostri omaggiano il Belpaese ricorrendo allo strimpellare gioioso di un mandolino, che da al pezzo un tocco fra il folk ed il country nonostante la sua velocità. Il momento lento preconizzato dai primi istanti di Ty Cobb si sostanzia in Blow Up The Outside World, che, pur possedendo un ritornello discretamente rabbioso, si muove su lidi squisitamente soffusi, con la voce di Chris Cornell che in alcuni punti ricorda quella di Billy Corgan. La chitarra acustica la fa da padrona anche in Burden In My Hand (gradevole ma un po’ banale) ed Applebite, intervallate dalla più muscolare Never Named. Fra le tre, tuttavia, la canzone più meritevole di una riflessione è certamente Applebite, caratterizzata da un andamento atmosferico e quasi “spaziale”, dove la voce del cantante è ricolma di effetti impastanti e dove viene fatto ampio uso del moog ad opera di Matt Cameron, coautore del pezzo. Onestamente, per quanto l’esperimento sia encomiabile, la traccia non ci pare imprescindibile. Va meglio con Never The Machine Forever, unico contributo compositivo di Kim Thayil all’album, che si caratterizza per il suo ritmo più old school, infarcito di chitarre graffianti e linee vocali al vetriolo; per chi scrive si tratta senza dubbio di uno degli apici dell’intero Down On The Upside. Ci avviciniamo a questo punto verso la parte finale dell’album, pertanto possiamo cominciare a tracciare un primo bilancio: come già detto, ci siamo imbattuti finora in alcuni momenti veloci ed in parecchi rallentamenti del ritmo e, in entrambi, la qualità è altalenante, con pezzi splendidi ed altri un po’ noiosi. Si veleggia sempre verso un giudizio più che positivo, sia chiaro, ma l’idea è che la magnificenza dei due lavori precedenti suoni lontana. Poco male, in fondo non è sempre possibile sfornare masterpieces, dico bene? Pertanto rituffiamoci nelle note dei nostri amici dello Stato di Washington, anche perché il prossimo pezzo è di quelli notevoli: abbiamo difatti un pezzo squisitamente ed acidamente grunge come Tighter & Tighter, vagamente ledzeppeliniana in alcuni passaggi e con un assolo nuovamente degno di nota del chitarrista della band. No Attention è un pezzo pienamente punk nella prima metà, poi conosce un graduale cambio di ritmo che la trasforma in un brano hard rock, il tutto senza risultare forzata o eccessivamente rabberciata. Switch Opens ci prende per mano per riportarci in quei lidi più sognanti già esplorati ascoltando Zero Chance e Blow Up The Outside World, ma poi va oltre, trascinandoci a fondo nella malinconia lisergica di Overfloater, un pezzo semplicemente splendido. I Soundgarden chiudono prima con An Unkind, che mescola chitarre rabbiose a tonalità vocale quasi new-wave e poi con Boot Camp, malinconica ed atmosferica quanto basta per lasciarci con un senso di disagio tipicamente grunge.
Ordunque, tiriamo le somme finali: era oggettivamente impossibile fare meglio di Superunknown, o anche del rabbioso Badmotorfinger e, difatti, i Soundgarden non ci riescono: Down On The Upside è un buon album che presenta alcune tracce strepitose, ma generalmente da l’impressione di essere troppo lungo e discontinuo per essere equiparato ai precedenti lavori, che del resto schiacciano buona parte delle produzioni grunge. Alcune canzoni, difatti, non tengono il passo di quelle che nel corso della recensione ho indicato come piccole gemme, risultando anzi piatte ed un po’ scontate. Insomma, dei filler, che impediscono all’album di risultare coinvolgente fino in fondo. I nostri, dunque, si sono effettivamente un po’ adagiati sugli allori, ma d’altro canto non si può minimamente discutere la qualità di canzoni come Zero Chance, Never The Machine Forever e le altre che ho a mia volta menzionato. Del resto ci sono gruppi che, dopo aver prodotto capolavori, escono con album che sono o meri copia e incolla delle proprie hit, oppure sono delle ciofeche imbarazzanti, e qui non siamo certamente di fronte a questa tragica eventualità. Possiamo dunque dire che, pur non elevandosi a ruolo di grandissimo album e non eguagliando i precedenti, Down On The Upside risulta comunque un album riuscito e complessivamente gradevole, adatto per chiudere (seppur solo momentaneamente) la carriera di una delle band più importanti della scena di Seattle. In fondo, forse, era il miglior lavoro che i Soundgarden potessero pubblicare nel 1996 e, pur con qualche riserva, direi che possiamo comunque essere soddisfatti.
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Te pensa che ci sono giorni in cui penso che sia il loro album più bello. Sicuramente quello più vario. |
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Andrò controcorrente, penso che questo album sia bellissimo. Trovate oggi band capaci di fare un album di questo livello |
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Ma anche no, l'album è un capolavoro come il precedente |
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l'album è tutto sommato valido ma forse si discosta un po troppo da quanto fatto in passato. i primi lavori erano altra cosa, qui tutto si fa più intimista e raccolto e sebbene alcuni brani mantengono la vecchia carica degli anni precendenti, qua e là, traccia dopo traccia, sopraggiunge la noia .. voto 65\100 |
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raccolgo il commento '' non fatevi ingannare ''infatti non fu accolto benissimo ,se avessero fatto un disco punk tiratissimo o sperimentando con altre tendenze numetal avrebbero avuto un maggiore responso , positivo , daltronde erano ancora i padri del grunge , in caduta pero , nel 96 si cercava di ascoltare nevroticamente di tutto , dal rap metal ai prodigy , magari con una spruzzata di bestie boys ( i revival erano la sulla onda , eppure c'erano avanguardie elettroniche a spingere altrove la musica , i tool per esempio nel 96 raccolsero il migliore responso possibile ) io vidi i soundgarden nel 95 a reggio emilia con i kyuss , pennywise , sponge. ( white zombie assenti ) |
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Disco a quanto vedo abbastanza sottovalutato, il problema è secondo me la presenza di diversi brani non ai livelli dei migliori (anche se magari non sono veri e propri filler). Ciò non toglie che Pretty Noose, Zero Chance, Blow Up The Outside World (giusto per citarne alcune) rientrano fra i brani migliori del gruppo. |
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Gran disco e molto sottovalutato, i pezzi scritti da ben sheppard sono poi tutti dei piccoli gioielli. Voto 90 |
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disco stupendamente introspettivo. il voto è pari all'anno d'incisione  |
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@The skullBeneathTheSkin: il "non fatevi ingannare" era un invito amichevole a non bollare passivamente questo album come non riuscito, solo perché il contesto non era più favorevole al Seattle Sound. Io lo considero riuscitissimo ed ispirato. Su Superunknown siamo d'accordo, disco pazzesco. |
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@Dragonaut: tranquillo, vai a vedere il voto degli utenti per Superunknown e poi dimmi se è il caso di sprecare fiato... anche secondo me questo disco un 90 se lo merita tutto, ma basta il riff di kravitziana memoria del pezzo "superunknown" a spostare gli equilibri verso il disco precedente. Toglimi una curiosità, a chi ti rivolgevi col "non fatevi ingannare"? |
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Ragà non fatevi ingannare dal contesto che ha partorito questo lavoro (crisi presunta della band, crisi del genere, attenzione delle case discografiche e del pubblico spostatesi altrove ecc ecc). Questo è forse il vero capolavoro della band, un disco pazzesco. Qui le correnti (heavy di Thayil e quella più introspettiva e malinconica di Cornell) che permeano la poetica della band si fondono in un'armonia totale; la complessità compositiva raggiunge l'apice, l'ispirazione è ai livelli massimi. Io ho dato un 90 per non sbilanciarmi, ma avrei messo tranquillamente 95. |
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Io questo album lo adoro. Lo adoro perché vario e pieno di sfaccettature. Tra Zero tolerance a Dusty da Ty Cobb a Applebite ogni brano è diverso dall'altro. E che dire di Tighter & Tighter, Overfloater e Boot Camp? Miglior epitaffio (sino alla reunion) non potevano avere. 85 |
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spettacolare come il precedente, più difficile forse, ma quando entra non esce più. Burden capolavoro della band. |
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Anche io metterei un bell'85 a questo disco. All'epoca della sua uscita le aspettative erano esagerate, perchè superunknown aveva ridefinito i canoni del rock anni 90 e i soundgarden erano sulla bocca di tutti. Era impossibile ripetere un capolavoro del genere e Down on the upside ha pagato lo scotto di questa mostruosa aspettativa nei suoi confronti. Eravamo tutti lì con il fucile puntato, ammettiamolo. Eppure io lo apprezzai da subito e riascoltandolo più in là negli anni, quando ormai la bolla del grunge era scoppiata, mi sembrò ancora imigliore. |
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Bel disco davvero per mua un 85 ci stà tutto  |
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Il voto lettori è da censurare immediatamente. Questo disco è magico... |
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Si può dire tutto su Down on the Upside, ma che sia un disco noioso assolutamente no |
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un disco che mi ha annoitato dopo pochi ascolti e nulla più. Badmotorfinger è di un altro pianeta. anche io non amo molto il genere grunge (a parte gli alice in chains!) |
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Zero, zero proprio. La mia non è antipatia a prescindere verso un genere, semplicemente proprio non mi piacciono la maggior parte degli album/band del genere. L'eccezione per me è BADMOTORFINGER che ritengo un capolavoro assoluto, ma che è anche un album decisamente heavy metal, più "classico" di quanto non sia stato considerato all'epoca. SUPERUNKNOWN e questo DOWN ON THE UPSIDE semplicemente non c'entrano nulla con BADMOTORFINGER nè stilisticamente nè tecnicamente. Quello che mi sono sempre chiesto è come una band che ha scritto e suonato quello che considero un album da 100 abbia potuto scrivere e suonare altrettanti capolavori di noia...de gustibus... |
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Arraya & C. sono con voi, ho citato 'Scream' perchè su 'E.M.' c'è poco da eccepire. Tante influenze, 'Can't Change Me' ha uno start quasi alla Yardbirds per esempio, e tinte calde. Disco molte bello, preceduto solo dagli Aevum EhEhEh! |
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Metal3k@ grazie a voi, per anni ho pensato di essere l'unico ad aver comprato quell' album fantastico, per questo non capivo come mai in molti osteggiassero la carriera solista di Cornell. |
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Undercover, Arraya, sottoscrivo in pieno. Un disco che mette i brividi e che non ha tempo e poi chris anche li' dimostra davvero di possedere una voce straordinaria. Grazie per averne parlato. |
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Concordo quel 1999 è stata messa una bella lapide su ciò che era la Seattle di un tempo anche se tre anni più tardi uscirà il testamento postumo di quel movimento, "Degradation Trip" di Cantrell, disco che consiglio vivamente d'ascoltare a chiunque abbia amato il movimento grunge e la figura di questo Alice In Chains. |
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Undercover@ commento perfetto direi. é stato un gran bel disco. pezzi come "Steel Rain" non sono da tutti e devo dirti ch ascoltarla ancora oggi mette i brividi per quanto è crepuscolare .Personalmente il disco che ha chiuso degnamente la scena Grunge (chiamiamola cosi per convenzione). |
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@Arrraya per me "Euphoria Morning" è un fottuto capolavoro e spiego il perché, è l'album perfetto che tiene in scacco sia il rock che il pop, nessuno dei due prende totalmente il sopravvento, se parliamo di rock è presente nella sua forma più intima e cantautorale prendi a esempio la titletrack, il movimento popular è invece esaltato dai ritornelli e da molte strofe dotate di un cantato molto da "hit" ma con al di sotto basi raffinate e non è un caso che c'abbiano suonato musicisti come Josh Freese e Alain Johannes (un mostro, chiedete a Joshua Homme) e guest con le palle fra cui spicca Matt Cameron in quel gioiello di disco. |
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fabio II@ a me era piaciuto tanto anche "Euphoria Morning" il primo solista. Comunque il recensore ha detto la cosa piu giusta: l'album giusto per chiudere la carriera, non certo a livello degli altri, ma con pezzi strpitosi |
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Tra la rece ed i commenti è già stato detto tutto, mi allineo, il disco è buono, soprattutto per gli standard qualitativi odierni, ma inferiore a tutti quelli precedenti. Amo i Soundgarden, Cornell è uno dei miei cantanti preferiti del periodo, tanto che a me non è dispiaciuto nemmeno 'Scream' |
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Eh gli anni che passano e i ricordi che aumentano. |
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Sentimentalone  |
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Lizard, Undercover per favore basta, mi state facendo emozionare  |
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Beh io parlo per me ovviamente, però... Il rischio c'è sempre: quando si è vissuto personalmente la nascita e lo sviluppo di un genere o anche più di uno, è normale far coincidere i propri ricordi, le proprie esperienze formative con quel periodo, con tutto quello che ne consegue. Fortunatamente la musica non ha età e va avanti e così ti ritrovi ad ascoltare musica di quarant'anni fa (o di quattro secoli fa!!!), come quella uscita ieri, e scopri che hanno la stessa forza, la stessa magia. Quello che cambia siamo noi, in realtà, molto più che non il valore della musica in sé  |
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ahahah mitico Lizard quindi anche i recensori potrebbero diventare dei nostalgici ?  |
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L'importante e' non diventare dei vecchiacci nostalgici  |
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L'importante e' non diventare dei vecchiacci nostalgici  |
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A me questo è sempre sembrato più intimista e psichedelico rispetto a Superunknown. Comunque li adoro entrambi. |
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No assolutamente , che discussione da vecchiacci (ahaha) |
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Concordo senza dubbio e la cosa vale anche per questo album... Comunque anche Let me Drown, Head Down, Fresh Tendrils e Like Suicide mica le vogliamo buttare!  |
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Lizard, il mio dubbio è che molti abbiano ascoltato "Superunknown" molto superficialmente o basandosi sulle hit trasmesse da "Mtv" quindi "Black Hole Sun" e "Spoonman", sono belle ci mancherebbe ma a mio parere le vere "Hit" di quel disco sono: "Fell On Black Days", "Mailman", "Limo Wreck", "The Day I Tried to Live" e la citata, altro pianeta. |
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Concordo in pieno con voi, ma devo dire che ho sempre apprezzato molto la vena più psichedelica di questo disco e canzoni come "Switch Opens", "Tighter & Tighter", "Boot Camp", "Zero Chance" e l'immensa "Overfloater", sono da conservare negli annali. Persino "Pretty Noose" o la zampata di "Never the Machine Forever" spaccano clamorosamente ancora oggi... Comunque Undercover anche secondo me "4th of July" è un capolavoro di canzone troppo poco riconosciuta!!! |
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@Metal3K concordo, l'ho vissuto in pieno quel periodo così come L'Italia che esplodeva con gli Estra, Movida, Ritmo Tribale e compagnai bella, il grunge viveva anche qui eccome. Certo le ultime grandi cartucce le spararono gli appena nati Silverchair con quel fantastico "Frogstomp" e i Bush col secondo "Razoblade Suitcase" usciti anch'essi nel biennio 95-96 però cavolo che anni, io non comprenderò mai come si fa a parlare di un mondo del quale si conosce pochissimo, alle volte sembra che si cada volutamente sul cliché di turno. I Soundgarden sono apprezzatissimi dai metallari in tutto il mondo a parte in Italia che come al solito siamo tirati di culo. "Bad Motorfinger" è considerato un disco metal a tutti gli effetti e pur rientrando nel mongo grunge eretto dalla "Subpop" è figlio dell'heavy e trascina con sè ancora i residui forti di una natura sabbathiana di quelle con i contro@@ e sulle qualità canore di Cornell, mah, per me era ed è indiscutibile il Chris di allora, rimarrà uno dei cantanti storici del movimento rock. Questo disco comunque è molto piacevole, non può competere con il suo predecessore perché è più "radio-friendly" per certi versi e manca di quella compatezza e di quella spinta profonda che serpeggiava in un "Superunknown" che solo con "4th Of July" farebbe tremare moltissime release odiernamente vantate come disconi. |
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@Billo: Comunque, se devo dirla tutta ti capisco, nel senso che a questo genere sono più che altro legato per motivi affettivi e secondo me quel periodo, per chi lo ha vissuto, è stato molto intenso. Oggi non ho più voglia di ascoltarlo a dire il vero, ma ai tempi era diverso, i Soundgarden erano sicuramente i miei preferiti, ma poi c'erano Nirvana, Alice in Chains, Pearl Jam, My Sister's Machine, Stone Temple Pilots, The Afghan Whigs... Dato che non vorrei andare fuori tema aggiungo che il disco recensito mi mette un pò di tristezza, perchè forse fu uno di quelli che segnò la fine di quell'epoca, ma onestamente col senno di poi forse è stato meglio così. Forse si esaurì troppo presto perchè aveva già detto tutto quello che doveva dire. |
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metal3k: ah booh può essere, ma per me sono i fanboy della domenica, cioè quelli che ascoltano da grignani ai metallica !! |
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@Billo: Dici a me? Beh sai non lo so non ne sarei così sicuro. Parlando in generale (e non mi riferivo a te prima ovviamente), io ad esempio credo che molti conoscano i Nirvana solo da Nevermind in poi. O magari hai ragione tu, non so... |
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li conosco anche i sassi quei dischi, è come dire: back in black ac/dc e iron maiden, dischi a furor di popolo... |
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Concordo con Barry, un buon album e nulla più. Devo ammettere però che, tra tutti, il mio brano preferito resta Blow Up The Outside World, che nel corso degli anni avrò ascoltato in macchina centinaia di volte!!! @ il vichingo: beh, chi volesse parlare con cognizione di causa dovrebbe prima ascoltare Bleach dei Nirvana o Louder Than Love / Badmotorfinger dei Soundgarden, per fare solo qualche esempio. |
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Neanch'io lo sono . Frequento questa webzine in quanto grande appassionato di black e viking, ma sono lontano anni luce dal "metallaro medio" . E comunque non succede nulla se a te i Nirvana non piacciono, sapessi quanti grandi gruppi che non piacciono a me  |
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oltre tutto, non sono certo un metallaro, anzi tutt altro rock n roll for ever... |
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Vabbè Billo, non c'è niente di male...complimenti invece per gli Smashing Pumpkins, grande band degli anni '90. |
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@Billo: ironia della sorte, a me gli Smashing hanno sempre detto molto poco  |
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Vichingo: no beh ci mancherebbe, tranky!! ooh gente a me il grunge sta sulle palle, mi stan sulle balle i Nirvana, mi stan stra sulle palle i Pearl jam, e disconosco i Soungarden, bbrrrr.... l unica band che apprezzo sono gli Smashing pumpkins !! |
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Ah si si, è vero. Per questo motivo non mi sono mai sentito un "vero" metallaro, io questi gruppi li adoro. I Soundgarden poi avevano due palle così... |
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Mah, è una delle tante tendenze dei metallari. Non mi sto riferendo a Billo, che tutto sommato ha motivato la sua posizione, ma un po' in generale. Nirvana, Soundgarden... a sentire alcuni è tutta merda. Bah..... |
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Ma chi è che ha l'avversione? |
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So che scatanerò una polemica (ma ci vado a nozze ) ma io, in tutta sincerità, non ho mai capito tutta questa avversione verso il grunge.... |
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ahahah grande Biloooo  |
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brainbabol: datemi due canne e di maria... (azz, scusate politicamente non corretto), datemi un sigaro e un pò di rum e vedi tu che testi profondi.....  |
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d'accordo con Lizard......poi ti ci vorrei proprio vedere a cantare come Cornell,anzi ti ci vorrei vedere pure a comporre come lui...... |
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Bellissimo! Con questo disco i Soundgarden hanno chiuso in bellezza. 85 il mio voto. |
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no beh non ho il disco, ma alcune canzoni le conosco, musicalmente non sono male, ma la voce di cornell è irritante, tutto qui !! almeno ho la decenza di non votare come puoi vedere !! |
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Eddai Billo... Abbiamo capito che il grunge non ti piace, anche se sono certo che questo disco, come tanti altri, non l'hai mai ascoltato, ma perche' te ne devi uscire con commenti del genere non si capisce proprio. E' piuttosto puerile e fine a se stesso e sai benissimo che scatenerai un flame. Lo fai apposta? |
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quando faccio i gargarismi con il colluttorio mi viene la voce simile a quella di Cornell, no bocciati senza appello!! |
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Bell'album che a differenza di tanti finisce in crescendo. vorrei sottolineare l'apporto del bassista Ben Shepherd autore di ben 6 brani, alcuni dei quali sorprendenti. Voto: 80 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Pretty Noose 2. Rhinosaur 3. Zero Chance 4. Dusty 5. Ty Cobb 6. Blow Up The Outside World 7. Burden In My Hand 8. Never Named 9. Applebite 10. Never The Machine Forever 11. Tighter & Tighter 12. No Attention 13. Switch Opens 14. Overfloater 15. An Unkind 16. Boot Camp
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Line Up
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Chris Cornell (Voce, Chitarra, Mandolino, Pianoforte) Kim Thayil (Chitarra) Ben Shepherd (Basso, Mandolino) Matt Cameron (Batteria, Moog)
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RECENSIONI |
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