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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 2260 letture )
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Non è mai facile avvicinarsi ad una corrente -il rock psichedelico- che fa della sperimentazione il proprio vessillo e della visionarietà creativa la propria matrice artistica. Appare chiaro come il metro di giudizio sia direttamente proporzionale al campo percettivo coinvolto: più quest'ultimo risulta vasto, totalizzante, più il metro di giudizio di cui ci si serve risulterà personale, soggettivo, tanto preciso e condivisibile quanto allo stesso tempo impreciso ed estraniante. È una partita basata unicamente su un multiforme gioco di luci ed ombre, prospettive e punti di osservazione, di immagini e riflessi, suoni ed echi, di realtà manifesta e realtà inconscia. Così come, allo stesso tempo, non è facile suonare suddetto genere che ha fatto di un particolare ed irripetibile modo di vivere e concepire la vita stessa la propria imprescindibile identità, trovando in certi interpreti la propria unica e sola fisionomia, in una ben precisa epoca la propria nascita, picco evolutivo e fisiologica morte. È su queste riflessioni che, ogni volta che ci si trova oggigiorno di fronte ad un prodotto che ricalca quelle stesse attitudini e caratteristiche, l'idea di misurarsi con qualcosa di morto, privo di ragion d'essere, si fa marcata e tutto fuorché insensata. Ma anche la morte, si sa, può rivelarsi una pura questione di relatività.
È ciò che devono aver pensato gli Hopewell, band newyorkese dedita a sonorità in bilico tra rock psichedelico e space rock anni '70, richiami dream pop e vaghe reminescenze shoegaze anni '90. Sì, perché la morte può essere legata alla rinascita ad esempio o, più banalmente, all'omaggio. Sicuramente, approcciandosi alla musica dei Nostri ci si imbatterà nel dubbio riguardo quale possa essere la natura e l'influenza della loro proposta e -a mio avviso- con questo ultimo lavoro, Another Music, il dubbio diventa ben presto certezza. Infatti, le cinque tracce presenti nell'EP non sono altro che omaggi, velati o meno, rimandi e citazioni di nomi che influenzano pesantemente il background della band. È chiaro fin dalla prima traccia, Needle in the Camel's Eye, cover del brano di apertura dell'album di debutto da solista dell'eclettico Brian Eno, figura storica e di spicco di un'epoca e di un certo modo di comporre musica, per il quale gli Hopewell si avvalgono della collaborazione al microfono di un'altra figura di spicco che ha influenzato generazioni a venire di musicisti, il vocalist storico dei Ride, Mark Gardener. La versione poco o nulla aggiunge a quella del 74, un semplice e ordinario copia-incolla. La seguente The King & the Canary si assesta su lidi familiari ai ben più popolari e contemporanei Black Rebel Motorpsycho Club: riff sporco ed ossessivo contrapposto a linee melodiche psichedeliche ed a tratti sognanti, e la successiva This is This non di molto si discosta dalla precedente se non nei richiami, questa volta più affini a band del calibro dei Kasabian. Over the Mountain (Tarbox version) è il rifacimento dell'omonima traccia presente nell'ultimo LP dei newyorkesi, il valido Good Good Desperation del 2009, qui in veste ancora più sperimentale, a tratti psichedelica ed a tratti etnica, farcita di echi space, il tutto sorretto da un ritmo tribale ripetuto ed incalzante reso ancor più coinvolgente dal ritornello ripetuto e di facile orecchiabilità. La conclusiva The Six Knowables rappresenta forse la summa espressiva del prodotto: una delirante e visionaria jam strutturata su passaggi rumoristici che non poco devono ai capostipiti del genere di svariate decadi orsono.
Un lavoro che appare come una confessione agli occhi di chi ha avuto modo di seguire il loro percorso musicale dal 1993 ad oggi; un lavoro, insomma, che non ha alcuna pretesa commerciale né tantomeno storica, che probabilmente non aggiunge nulla in termini espressivi a quanto finora fatto dalla band, ma che ribadisce e delinea se non altro i contorni di un'identità sempre più chiara e cosciente di sé. Ascoltando questo EP non si può però non pensare ad un periodo di scarsità di idee, di stanchezza ispirativa, anche perché dopo tre lunghi anni e -come già detto- un valido predecessore, ci si sarebbe aspettato ben altro, maggiori idee da un punto di vista quantitativo e qualitativo; quella scintilla creatrice e distruttrice, quella sorta di scheggia impazzita che muoveva le mani e gli animi di coloro i quali questo genere lo concepirono dal nulla, svilupparono e portarono fino alle vette espressive che segnarono per sempre la storia del rock e della musica tutta. Rimandati a settembre.
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Ho ascoltato un album di loro, "Good Good Desperation", e non era affatto male. Mi ricordavano un po i Jane's Addiction, non so perchè, forse la voce. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Needle In The Camel’s Eye 2. The King & The Canary 3. This Is This 4. Over The Mountain (Tarbox version) 5. The Six Knowables
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Line Up
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Jason Russo (Voce, Chitarra) Lyndon Roeller (Chitarra) Tyson Lewis (Tastiera) Rich Meyer (Basso) Jay Green (Batteria)
Musicista Ospite Mark Gardener (Voce su traccia 1)
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RECENSIONI |
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