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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 4144 letture )
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Lethe (lete): fiume dell’oblio descritto da Platone nel decimo libro del La Repubblica dalle cui acque era sconsigliato per via dell'amnesia che provocavano.
Questa piccola introduzione per accogliervi nel mondo dei toscani Coram Lethe, che giunti ormai al quinto full length, nel 2012 con Heterodox, giurano di volerci proporre quanto di meglio abbiano mai partorito nella loro ormai decennale carriera. Onestamente mi trovo in difficoltà a pensare male di questo album, ho provato in tutti i modi ad addentrarmi nel mondo che sta dietro questa oscura realizzazione, ancora oggi non son riuscito a comprendere le scelte di certi passaggi, che trovo forzati e fuori da ogni contesto. Il quesito che dentro di me risiedeva era sempre il solito durante l’ascolto di Heterodox: perché voler mettere insieme più generi, che inevitabilmente cozzano tra loro, tutto solamente per puro autocompiacimento?
Nel 2012 abbiamo ancora bisogno di prendere 10 generi differenti e cucinare un un bel minestrone per donare vita ad una canzone (non mi riferisco alla forma canzone)? Oppure, si può godere anche attraverso sonorità meno intricate ma con maggiore personalità?
Forse oggigiorno la barriera che divide i gruppi che apprezziamo da quelli che definiamo "finti" sta proprio in questa sottile linea immaginaria. Involontariamente percepiamo nel subconscio le sensazioni, sempre ce ne siano, che l’autore voleva trasmettere in quel determinato momento. Probabilmente abbiamo di fronte un disco, che senza carattere, suona come in molti suonano oggi e non si lascia ascoltare serenamente, forzato in questi vincoli dati dal volere strafare senza definire nemmeno lontanamente, neppur celato, un metro. Fare parte della marea che incosciente sbatte contro i frangiflutti per svanire tra la schiuma, bolle d’acqua, aria, atomi, vuoto.
Parlo così perché mentre scorre la tracklist di questo album ti senti sobbalzato tra passaggi puramente black metal, accenni allo swedish, aperture al prog settantiano (Opeth), il tutto con alla base il classico death metal anni 90 (Death, Possessed). I gruppi appena citati potete metterli insieme e concentrarli in tre quarti d’ora di agonia.
In pochi sanno imparare dai propri errori, probabilmente i Coram Lethe han bevuto, non seguendo i consigli degli anziani, la loro stessa acqua ricadendo nel tranello. Nuovo cambio di lineup, ennesimo nuovo cantante che prova a adattare lo stile ai canoni del 2012 cercando di migliorare, esplorare, infarcire, catramare, riappacificare, scolare, raffreddare, scongelare, impastare, soffriggere, imburrare, etc etc…insomma chi più ne ha ne metta, anche se va detto che Gabiele Diana ha portato linfa vitale da vendere, la sua capacità di giocare da un timbro vocale ad un altro è tutto tranne che banale, siamo di fronte probabilmente al migliore connubio musica-voce che i nostri abbiamo mai avuto nella loro storia. Spesso e volentieri si rimane spiazzati dal susseguirsi dei vari passaggi all’interno di una singola canzone.
Il didgeridoo che ci accoglie è splendidamente inserito nel contesto di Hypnomagik così come gli stacchi ben congegnati dentro canzoni quali Bare e Light in Disguise. Where The Worms Crawl e probabilmente la sintesi del tutto, senza dispersioni varie ed ottimamente calibrata, risulta essere il trait d’union dell’intero album. Ammetto però che alla fine di ogni ascolto mi ritrovavo a cimentarmi nel solito giochino dell'indovina dove ho già sentito questo riff. Siamo sempre di fronte ad un lavoro meraviglioso sia per quanto riguarda la produzione (grezza al punto giusto) che per ciò che riguarda la capacità tecnica dei musicisti qui coinvolti. Un plauso a tutto il gruppo ed alla coerenza con cui hanno intrapreso la strada per questa ennesima avventura, senza lasciarsi abbattere dalle difficoltà contemporanee, nonostante quel vago sentore di "vorrei ma non posso".
Concludendo, torno alla questione di precedentemente accennata, nel 2012 è realmente difficile impressionare con le ibridazioni e, come spesso accade, forzare il tutto risulta controproducente se fatto senza le dovute basi. Probabilmente donare maggiore personalità ad una scelta musicale piuttosto che impastarla in mezzo ad altre mille avrebbe giocato a vantaggio della band. Disco di transizione? Solo i posteri sapranno dircelo. Per il momento metto in pratica quanto scriveva Dante Alighieri sul fiume Lethe.
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@Nome aka Alessio Casciani aka The Sentinel: madonna che rompicoglioni che sei... ma non ce l'hai una famiglia o degli amici che ti vogliono bene e si occupano un po' di te? |
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(ari-continua dal precedente commento): nel campo anche in assoluto. Alzate "adeguatamente" il volume e che il godimento sia con voi. Citazione d’obbligo per questi notevoli musicisti e compositori: - Mirco Borghini: Vocals (già nei black/deathsters Lachryma Christi verso metà anni '90, così come il batterista) - Leonardo Fusi: Guitars (già nei thrashers Spleen ad inizio anni '90) - Francesco Miatto: Drums - Giacomo Occhipinti: Bass (session anche sull'ottimo demo "Mind...Will...Action" dei Dysthymia, altra band della zona) Stupenda anche la copertina e ottimo il nuovo logo inaugurato proprio con questo disco, elegante/sofisticato e allo stesso tempo con caratteristiche inequivocabilmente metal, così come molto curato e personale è tutto l’artwork del booklet, le foto ecc., ad opera di Fabio Timpanaro del Neon Trinity Kill studio. Negli ultimi tempi la formazione ha subito dei cambiamenti importanti, primo fra tutti l’abbandono del cantante storico e il reclutamento di una cantante, Erica Puddu (già con gli Harmonic Distortion, di cui però non vi so dire nulla), che ho già potuto sentire mesi fa dal vivo constatando che ha una gran voce, grinta e anche un certo carisma, quindi davvero il miglior rimpiazzo che potessero trovare in giro. Al basso è subentrato in pianta stabile, dopo un breve periodo nel quale era indicato come “session”, l’ottimo Federico Stiaccini, già con gli Over Faith (anche loro di zona). Infine alla seconda chitarra è arrivato Filippo Occhipinti (già nei Dysthymia anche lui), essendosi precedentemente avvalsi, per varie date dal vivo successive all’uscita del disco, di Francesco “Deimos” Bargagni, chitarrista/compositore assai noto nella scena, soprattutto estrema, fiorentina, già fondatore di band come gli Hellwrath, per dirne una. Un consiglio finale: il disco, pur essendo abbastanza immediato e scorrevole fin dal primo passaggio, è uno di quelli che cresce costantemente col tempo e gli ascolti (soprattutto se attenti, come dovrebbe essere sempre del resto, in particolare per chi recensisce), si notano sempre più finezze e si apprezza ogni singolo arrangiamento, riff, parte ritmica, stacco ecc. che uno rischierebbe di perdersi - anche se abituato come me ad ascoltare metal, compresi i generi estremi di vario tipo, da anni e anni - se si ferma al primo o primi due o tre passaggi, con conseguente probabile sottovalutazione dell'opera, e sarebbe davvero un peccato. Perché, ribadisco, qui siamo su livelli ben superiori alla media del campo, sia italiana che estera. Voto: 9/10 (originariamente scritta per e pubblicata nella sezione recensioni del forum "Granducato di Metallo", ad inizio 2007, come mostra uno dei link qui, pur non essendo più visualizzabile dal momento che il suddetto forum è stato definitivamente chiuso recentemente. Ripubblicata successivamente verso l'autunno dello stesso anno sulla webzine "Shapeless Zine") |
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(continua dal precedente segato per eccessiva lunghezza): e arrangiamenti (penso a quello stupendo verso metà brano, per esempio) a momenti in cui si mette in evidenza il basso parzialmente slappato, fino a parentesi atmosferiche sempre segnate da assoli di assoluto gusto, che preparano, rendendo ancor più efficaci, le ri-esplosioni delle parti più “forti” e tipicamente death, dove il batterista viaggia come un treno inarrestabile e con precisione metronomica. In una parola: stupendo. Segue “Episode”, e qui si torna più specificatamente sul techno-death, con un brano ricco di stacchi e controstacchi, dove una certa influenza dei Death della seconda parte di carriera, o anche degli Atheist, torna a farsi sentire un po’; ma il tutto è in ogni caso personalizzato col loro gusto, tocco e talento, quindi 100% Coram Lethe e altro ottimo pezzo. Discorso analogo possiamo fare anche per la seguente “Instinct”, che pare il suo naturale seguito, anche se presenta delle parti più spedite, “groovy” e lineari che si ricollegano per certi versi a "Shouts Of Cowards". Quindi, questi sono due ottimi pezzi, ma diciamo che li metterei sicuramente almeno un gradino sotto a quanto sentito immediatamente prima. Ma i livelli assoluti di eccellenza non tardano a farsi vivi di nuovo nel loro massimo splendore. Arriviamo infatti ad “I, Oblivion”, che torna ad amalgamare alla perfezione un po’ tutto il meglio del metal nei campi death/thrash, death svedese più o meno melodico e death tecnico dei rispettivi anni d’oro: inizio un po’ sognante con vocals ugualmente “oniriche” (che ricordano vagamente la famosa “voce robotica” di “Focus” dei Cynic), che faranno capolino ogni tanto anche nel prosieguo del pezzo, qualche stacco più peso e poi la partenza vera e propria con la solita magistrale alternanza tra riff “melodici” su tempi spediti e partenze col turbo assolutamente letali, stacchi pieni di groove con assoli vari (questa volta un po’ più “storti” e acidi direi, comunque azzeccatissimi) e ripresa del tutto per poi finire con una bellissima parte soft con arpeggio, assolo di basso in evidenza e fade out a concludere. Se non è un altro capolavoro, poco ci manca. Torniamo ad una maggiore immediatezza e un’attitudine più thrash del solito (nei riff soprattutto) con un altro buonissimo pezzo come “Hands Of Lies”, che non rinuncia in ogni caso a momenti più ricercati e al lavoro allo stesso tempo eclettico e d’impatto del batterista. Ed eccoci ad un altro picco assoluto del lavoro, ovvero “Pain Therapy For A Praying Mantis”, che parte in maniera strana e spiazzante: ad un ascolto un po’ frettoloso e superficiale potrebbe apparire quasi come la ripresa del pezzo precedente dopo un semplice stacco, forse per il fatto di iniziare con un riff non troppo dissimile da quello portante che c’era sotto le prime strofe di quel brano, e per la voce che, a differenza di ciò che capita di solito, non entra qualche secondo o più dopo l’inizio del pezzo, ma praticamente in contemporanea con l’attacco strumentale. Comunque è solo un’impressione iniziale, poi il pezzo ingrana (con un riff tra i più belli), inizia ad articolarsi alla grande ed espandersi in varie direzioni come ormai questa talentuosa band ci ha abituato e la mascella dell’ascoltatore non può far altro che iniziare di nuovo a scendere verso il pavimento, come già era successo per (almeno) un altro paio di pezzi. Non mi dilungo di nuovo in descrizioni più o meno dettagliate (che sarebbero in questo caso ancor più ardue del solito), dico solo che siamo di fronte ad un altro pezzo a dir poco grandioso. L’ultimo brano vero e proprio, prima di una specie di coda acustica/strumentale di sole chitarre a titolo “Sleet”, è “Ruling Emptiness”, ennesimo buon brano (questa band non riesce proprio a scrivere qualcosa che sia anche solo nella media), con la nota varietà tipica del resto, tra parti spedite e d’impatto, altre più sincopate e nervose e altre ancora più tranquille, ma senza per questo far calare mai l’attenzione dell’ascoltatore grazie alla maestria tecnico/compositiva di questi ragazzi. La prova strumentale di ogni singolo componente è superlativa ma sempre al servizio del pezzo, e il cantante offre varietà, espressività e potenza notevoli pur rimanendo cattivissimo in ogni frangente: veramente uno dei migliori growler/screamer in circolazione. Questa è una band che meriterebbe tutto il successo possibile e avrebbe tutte le caratteristiche per conquistarlo (non ultimo un nome così particolare eppure che suona metal al 100% come pochi), al posto di una miriade di gruppetti, sia italiani che esteri, scarsi e/o inutili, senza la minima personalità né altra dote particolare, e che sono invece pompatissimi dalla label di turno e più o meno seguiti. Per quanto mi riguarda uno dei più bei dischi metal (da ogni punto di vista, vedi quanto detto all'inizio riguardo suoni, masterizzazione ecc., e qui sotto riguardo la cura e bellezza dell'artwork) mai usciti in Italia e uno dei migliori n |
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Rece "The Gates Of Oblivion", successivo lavoro del gruppo: Etichetta: Rising Realm/Crash Music Anno: 2004/2005 Durata: 54:26 min. Genere: Death/Thrash Metal tecnico-progressivo, con influenze melodico-svedesi Disco disponibile finalmente nel 2004-2005 (a seconda dei Paesi) ma già inciso entro fine 2003, poi “slittato” di oltre un anno per ritardi di vario tipo, ad opera di una band piuttosto conosciuta nell’ambiente underground nazionale (ma non abbastanza, rispetto al suo valore) sia per varie esibizioni live che per l’ottimo primo cd autoprodotto del 2000 (“Reminiscence”). I Coram Lethe, tanto per cambiare, vengono anch’essi dalla zona compresa più o meno tra Certaldo, Colle Val D'Elsa e Siena, come altre validissime band toscane, soprattutto in campo thrash/death e dintorni, e sono in attività da fine anni ’90. Già nel 2000, dicevamo, rilasciarono il loro primo demo/mini-album (ma considerato in realtà da molti un full a tutti gli effetti visto anche il genere, erano circa 35 minuti, per la cronaca), che ottenne ottimi responsi da critica e pubblico e presentava sei pezzi più intro davvero validissimi, orientati su un death tecnico che, pur avendo spesso e volentieri le classiche influenze del campo (Death, un po’ di Atheist e ultimi Pestilence, tanto per citare i maestri conosciuti, spero, da tutti), non cadeva quasi mai in sensazioni di déjà vu evidenti, oltre a inglobare qua e là delle sfuriate di batteria molto “martellante” e veramente serrata che non si trovano spesso nei pezzi dei suddetti gruppi. Ormai purtroppo questo lavoro è esaurito nella sua forma originale, a meno di novità dell’ultim’ora di cui non sono a conoscenza al momento; magari venisse ristampato con tutti i crismi un giorno! Se lo meriterebbe al 100%. Nel 2003 esce un promo autoprodotto per gli addetti ai lavori, contenente quattro pezzi che poi ritroveremo anche nel disco completo e viene inciso appunto anche quest'ultimo, avvalendosi di uno degli studi che negli ultimi anni si stanno davvero imponendo per professionalità e resa finale in campo metal (e non solo tendente all’estremo come in questo caso), ovvero i Fear Studio di Alfonsine (Ravenna), con "Paso" dietro il banco, in sinergia con lo Studio 73 (sempre Ravenna) per le parti vocali, mentre le sezioni orchestrali dell’intro sono state fatte allo studio Le Carrozze di Siena. Ottima anche la masterizzazione finale opera di Stefano Cappelli al Creative Studio Mastering di Forlì, che ha dato un volume, una nitidezza e allo stesso tempo compattezza e muro di suono davvero ai massimi livelli. Il disco è uscito sotto Rising Realm/Crash Music, etichetta finlandese la prima (che probabilmente si è occupata di stamparlo e distribuirlo in Europa in licenza) e americana la seconda, sotto la quale, tra l’altro, ricordo anche il debutto di un’altra band italiana sempre nel 2004, i techno-death metallers Illogicist, da Aosta, notevoli anche loro, che nel frattempo però pare abbiano cambiato “casa”. L’album si apre con un intro (“The Angels Fell”) che nei primi secondi è formata solo da interventi di tastiere, archi e percussioni e un’atmosfera un po’ cupa e misteriosa: non so se è solo una mia impressione, ma mi ha fatto pensare subito alla musica che si sente all’inizio del film-capolavoro di Kubrick “Shining”, quando viene ripresa l’auto dall’elicottero mentre attraversa le desolate strade in mezzo alle montagne; ma poi entrano con decisione anche gli strumenti tradizionali e sembra già un pezzo “normale” (tranne per l’assenza delle vocals), con ritmiche che preparano alla vera e propria partenza del disco con “Shouts Of Cowards”. Questo è un bel pezzo dinamico, di sicuro impatto fin dai primi riff e con uno stile che coniuga benissimo death/thrash un po’ influenzato da certa scena svedese di qualche anno fa e parti tendendi al death “tecnicheggiante” e ricercato tipico di band come quelle citate all’inizio o come, appunto, il loro primo cd. Alla fine questo, pur ottimo pezzo e sicuramente perfetto per far entrare subito nel disco e nel loro (parzialmente) nuovo approccio e stile contenente molte più sfumature, influenze e cambi d'atmosfera, con un bel groove ritmico e riff e fraseggi orecchiabili sin dal primo ascolto pur non essendo per nulla banali, si rivelerà tra i due-tre più “ordinari” del disco (quindi lascio immaginare il livello degli altri…). Infatti già con la seguente “Dying Water Walk With Us” buona parte della "concorrenza" (e non solo toscana o italiana) viene secondo me lasciata velocemente alle spalle in una nuvola di polvere, perché siamo di fronte ad uno di quei pezzi che davvero pochi possono permettersi di scrivere; qui c’è di tutto e tutto fatto alla perfezione: da parti più estreme con blast-beats e voce ultra bassa e gutturale, che possono richiamare certo death/brutal americano, a riff molto più tecnici e studiati abbinati alla voce che si fa più acuta, nel tipico scream estremo. E ancora, da stacchi assolutamente esaltanti, soprattutto per gusto |
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Non leggo nemmeno...una delle migliori band italiane metal in generale, qualsiasi stile, di sempre (non avete recensito il loro capolavoro vero tra l'altro, anche se tutti sono di livello altissimo appunto, parlo di "The Gates Of Oblivion", il primo full ufficiale del 2004-2005...potete anche comprarli coi vostri soldi ogni tanto i dischi validi eh, underground o meno, sono ben spesi...). Questo ce l'ho dall'uscita o poco dopo come tutti gli altri (tranne il demo/mini-cd di debutto o come uno voglia considerarlo, spero lo ristampino prima o dopo, li conobbi al tempo live ma chissà perché non me lo accaparrai subito, dopo era finito), devo ancora sentirlo bene davvero in realtà ma dai primi ascolti ricordo che era ancora diverso come da tradizione, anzi un salto maggiore che tra "Gates..." e quello dopo, ma sempre CL al 100%, unici, personalità e tutto al massimo, suoni di livello ecc. |
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La prossima volta chiederemo consiglio a te allora |
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dopo mesi di ascolto mi rendo conto che questa rece è scandalosa! sceglieteli meglio i vostri recensori..... |
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questo disco è spettacolare! altro che vuoto.... bravi coram! |
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edo se dici a me... il cd l'ho comprato originale e ascoltato per diverse diverse volte... in questi giorni da quando è uscita la recensione lo sto riascoltando per vedere se penso ancora ciò che ho scritto tempo addietro, e si confermo il tutto. |
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@ cmq: nicola.strangis@metallized.it aspetto una tua mail! |
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la domanda più spontanea è : l'hai ascoltato il cd???? |
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le impostazioni delle mie recensioni cambiano ad ogni singolo album, se ne hai lette altre mie. in questo caso avrei potuto effettuarlo in maniera differente,come tu hai pensato, ma alla fine è la musica che conta. non le mie parole. lo p'rendo come un buono spunto.  |
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Intendevo....Non sono in sintonia. Winzozz. |
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Ma si dai....alla fine e' solo che sono in sintonia con la recensione per come e' strutturata. Tutto qua. Avrei preferito un inizio piu' "giornalistico"....coram lethe, TERZO ALBUM(e quanto e' difficile arrivarci), live alle spalle ed esperienza decennale. E canzone per canzone pregi e difetti. Tutto qua. Un inizio con 2 righe sul genere e riferimenti e basta. Poi analisi sui brani. Forse proprio loro hanno voluto fare cosi', non sono musicisti alle prime armi che incollano riff di un gruppo e un altro per fare una canzone. Sara' volutamente strutturato cosi'. Ma ogni recensore ha il suo stile e va' rispettato. |
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cmq: Il punto di vista di tutti è ben accetto, a patto che "A 35 anni" non venga scritto "HA 35 anni". |
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Le influenze di una band c'entrano eccome, specialmente in fase di recensione. Se poi queste vengono assimilate, migliorate e rese uniche allora parliamo di personalità, e non è cosa da poco per una band. Il disco l'ho sentito una volta (con ad astra appunto mentre andavano al fosch), troppo poco per me per poter giudicare. |
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cmq, senza polemica, ma solo per capire: mi spieghi come fa un recensore a tracciare l'idea di un suono se non lo paragona ad altre bands, o stili? Puoi mettere tutti gli aggettivi che vuoi ma personalmente non renderebbe l'idea. Cosa dovrebbe fare una videorecensione in cui fischietta i brani come Verdone in 'Borotalco'? |
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Io ho come l'impressione (soggettiva) che spesso si voglia far polemica a tutti i costi. Non voglio difendere i recensori con cui a volte mi sono trovato d'accordo e a volte meno motivando il mio disappunto, ma il recensore da un giudizio soggettivo pur cercando di essere il più oggettivo possibile. Talvolta non ci riescono (per i miei parametri soggettivi) perchè ognuno decide con le proprie orecchie o meno ciò che è bello o meno. Poi se a chi recensisce un disco emergono delle influenze di altri dischi/gruppi non vedo perchè non lo possa esprimere. P.S. l'altro giorno ho sfogliato una rivista rock importante a pagamento) e ho letto delle recensioni scandalose dettate, forse, da qualche pressione esterna...cosa che qui grazie a Dio non ho notato! Ciao a tutti!!! |
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SI, ho fatto molti commenti su band italiane, sul Pay-To-Play, su recensioni che non mi andavano bene,metallized e' l'unico portale che permette questi scambi botta e risposta tra utenti. E' un modo per discutere di cose che vanno e non vanno. Ha 35 anni e stando nell'ambiente musicale romano da quasi 20 anni e facendone parte, magari avessi l'opportunita' di scrivere una qualche articolo su mettallized sull'attuale scena etc etc. Ho un mio punto di vista, magari condiviso da qualcuno o magari no. |
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X Khaine: Il tuo indirizzo non ce l'ho. Cmq si, se mi dai modo di rintracciarti una chiacchierata confidenziale la farei volentieri. |
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ho come l'impressione...ma è solo un impressione....che si legga ( chi lo fà ) ciò che si vuoloe, non interpretando il significato.. ma è solo un'impressione e nulla più... chiudendo il tutto.. non mi pare il voto espresso "negativo".. ossequi. |
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Una delle migliori e più talentuose, personali e dotate (tecnicamente, tecnica quella vera, usata alla grande in pezzi veri e mai per esibizionismo) band metal italiane - ma non solo - di sempre, altro che storie. I loro dischi non sono mai minimamente banali o non perfettamente studiati, ma vanno ascoltati di solito un casino, ma un casino di volte per capirli davvero e rendersi conto che sono sopra, ma nettamente, non solo alla media ma alla stragrande maggioranza delle altre band del campo o meno. |
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questa è la prima recensione negativa che leggo di questo album. |
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"...A Splendid Chaos" l'avevo decisamente gustato, anche se resto legato a "Reminescence" e a "The Gates of Oblivion", senza nulla togliere al primo citato... son curioso di ascoltare quest'ultimo, so anche già dove procurarmi il cd il prossimo giro di compere  |
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E come mai ho il dubbio che sia chi penso io cmq, uno di quelli che sulla rete commenta sempre certe band italiane... |
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@ cmq: mi sorprende vedere che proprio tu non ti firmi col nick con cui tutti ti conosciamo. Se ti va di parlarne confidenzialmente (anche in relazione ai commenti fatti in altre di queste pagine) credo tu abbia il mio indirizzo mail. |
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ma che recensione sarebbe questa? ottimo disco, per me 80! |
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secondo me questo disco è bellissimo.... onestamente non capisco proprio questa rece... ma i gusti son gusti. |
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Trovo triste ogni volta dover perdere meta' recensione nel trovare affinita' con altre band, influenze etc etc. Avete idea di quanto tempo, soldi ci vogliono per fare un cd? E poi trovarsi le solite recensioni sulle influenze etc etc. Parlate piu' della musica e non di chi assomiglia a chi. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Hypnomagik 2. The stench Of Extincion 3. Where The Worms Crawl 4. Bare 5. The Anticompromise 6. Light In Disguise 7. Waxed Seal 8. Monolith Radiant
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Line Up
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Gabriele Diana (Vocal)s Leonardo Fusi (Guitars/Keyboards/Piano/Backing Vocals) Francesco miatto (Drums/Congas/Percussions) Filippo Occhipinti (Guitars/Mandolino) Federico Stiacchi (Bass)
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