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Britny Fox - In America
( 3278 letture )
Nati da una costola dei Cinderella (grazie all’innesto in formazione del chitarrista Michael Kelly Smith e del batterista Tony Destra), i Britny Fox si formano a Filadelfia nel 1985, scelgono di chiamarsi come un antenato gallese del loro cantante e decidono ben presto di migrare alla volta della Sunset Strip di Los Angeles, capitale scintillante di quel glam metal del quale sarebbero essi stessi diventati interpreti di sottostimato spicco. Dopo aver affinato tecnica e presenza scenica -quest’ultima uno dei punti di forza dei Britny Fox- suonando in piccoli locali dell’east-coast ed aver costruito una solida base di fan, il debutto Britny Fox viene pubblicato nel 1988 dalla major Columbia Records, complici le referenze dei colleghi Cinderella, e ripropone in versione ri-registrata sei delle sette trecce presenti nel qui presente EP In America. Il disco venderà oltre un milione di copie, anche grazie ai singoli Girlschool e Long Way To Live trasmessi da MTV, e farà guadagnare alla band il New Band Award di Metal Edge nel 1988. Nonostante la pubblicazione in stretta successione di tre album di ottima qualità ed eccellenti performance dal vivo, la band non raggiungerà mai il successo commerciale di Motley Crue, Warrant o Europe, rimanendo in quell’affascinante “nicchia” per intenditori che è ancora più gustoso riscoprire.

Quello del divertimento è probabilmente il concetto che ricorre più spesso ascoltando e riascoltando In America: divertimento per la band al lavoro, che suona ispirata e vogliosa senza soluzioni di continuità, e per l’ascoltatore graziato dalla levità scorrevole dei sette brani in scaletta. Coesione, immediatezza e semplicità sono tra gli ingredienti principali di una ricetta-rock senza tempo, che grazie alla sua invitante genuinità rende le canzoni sempre attuali e lontane dalle insidie delle mode. Già il riff iniziale di Girlschool strappa un sorriso, con un loop indovinato e gommoso che si vorrebbe non finisse mai. La voce di Dean “Dizzy” Davidson racconta con un registro alto e graffiante, che si colloca tra Cinderella AC/DC e Love/Hate, di ribellioni scolastiche, storie di amicizia (Don’t Hide), amori insolitamente candidi (Long Way To Love) e vita “all’aria aperta” in senso molto lato (Kick’n’Fight), ben supportato dagli assoli di Smith alle sei corde e da cori piazzati ad arte, compatti e potenti già nella produzione più scarna tipica del demo. La ritmica più cadenzata della successiva In America è perfetta per quella che si rivela, inaspettatamente, una dichiarazione di orgoglio nazionale (“In America, the home of the free, the strong and the weak”), forse ingenua per la disillusione del ventunesimo secolo ma pienamente a suo agio in un tempo nel quale tutto sembrava più facile, ed il sogno americano ancora alla portata. Al di là della musica gradevole, delle ritmiche incalzanti e di un’organizzazione di gioco quadrata ed efficace, la vera sorpresa del disco sta nella volontà di portare un messaggio sempre positivo che invita ammiccando all’elaborazione di concetti importanti, all’unione, alla dignità ed alla vita: pur senza eccedere in testi che, se troppo profondi, avrebbero contrastato con la vaporosità cotonata del genere di riferimento, si ha l’impressione che tutte le tracce in scaletta contengano un elemento positivo, un cuore pulsante, un’idea luminosa da tradurre in musica, un divertimento meno fine a se stesso ed anzi teso ad unire gli ascolti e condividere l’emozione. Con queste premesse, le trame costruite con successo da cori ed assoli acquistano un’efficacia ed una sostanza ancora maggiori, un elementare spessore non sempre riscontrabile nemmeno nelle band di maggior successo, e più insistente si fa la voglia di leggere i testi per scovare l’accostamento riuscito di parole, la soluzione elegante che può cambiarti in meglio il momento, se non la giornata. L’hair metal di questo debutto è grintoso e pimpante, gradevole in tutte le sue manifestazioni, ma non così barocco da diventare plasticoso e l’idea del messaggio-minimo dietro ad ogni brano (“They say we're loud and violent for this joke of a system, but yet they air violent shows about death, rape and fighting too”, Rock Revolution) rende l’ascolto non solo divertente, ma anche meritevole di un’attenzione che alimenta l’interesse, rinnovandolo senza stancare.

In meno di mezz’ora, l’EP dei Britny Fox al debutto agisce sulle orecchie e sullo spirito molto più di quanto non facciano dischi dalle pretese ben più ambiziose, puntualmente non mantenute. In America è invece un disco di sostanza, al quale non si farebbe onore ricorrendo a figure retoriche complicate per descriverne l’anima: il quartetto della Pennsylvania si presenta con sette canzoni musicalmente figlie del loro tempo, dall’identità chiara e dalla personalità di prospettiva, alle quali difetta solo quella varietà che supplicano gli ascoltatori di oggi, ai quali -saturi di proposte- sembra di aver già sentito tutto. La prova di Davidson e compagni è un concentrato di buoni propositi ben realizzati, un disco che saggiamente mantiene le sue promesse ed un’espressione musicale gradevole ed ammirevole nella sua sintesi, sicuro della strada intrapresa e commercialmente a disagio come il sito del 1996 col quale i Britny Fox si presentano ancora oggi.

“We were just a simple, four on the floor, no bullshit hard rock band. What you see is what you get. It translated well in an arena setting because it was built to be that way from the beginning. It wasn’t too musical or too introspective or complicated. It was all about the crunch and the anthem. It was easy to put out that vibe in a big setting because that’s what the material was all about and what the band was all about. We were built on AC/DC and KISS and that whole arena hard rock template which is always, always about the live show and having a good time along with the audience. The band was a live band that wanted chicks to shake their asses and dudes to raise their fist and we wanted every single person that came out to have a good time”. (Johnny Dee, batterista dal 1987 al 2007)



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
76.5 su 4 voti [ VOTA]
Manlip
Martedì 27 Novembre 2018, 21.41.43
4
Senza Davidson i Britney non sanno piu' di niente.....
rik bay area thrash
Mercoledì 20 Luglio 2016, 14.37.47
3
All'inizio di carriera dei britny fox, se non erro, in america, venne dapprima immesso su mercato come cassetta e solo successivamente trasformato in vinile visto l'incredibile successo ottenuto. Ma a parte questo, anche in america è un prodotto che per chi segue il glam/hair metal, è da ritenersi come un piccolo gioiellino. (Imho).
Daddo
Mercoledì 20 Luglio 2016, 13.49.41
2
Su Wolfe Records consiglio anche il debutto degli IVORY TOWER, tra suggestioni early Bon Jovi ("Love is a Game") e schitarrate Us Metal...
Maurizio
Domenica 4 Gennaio 2015, 0.03.54
1
Nessun commento per una meteora, ma ROVENTE, dell'hair metal....tutti e tre i lavori meritano almeno un ascolto....e personalmente reputo Bite Down Hard il più maturo.
INFORMAZIONI
1986
Wolfe Records
Glam Rock
Tracklist
1. Girlschool
2. In America
3. Kick’n’Fight
4. Don’t Hide
5. Long Way To Love
6. Rock Revolution
7. Stand Tall
Line Up
Dean Davidson (Voce, Chitarra)
Michael Kelly Smith (Chitarra)
Billy Chils (Basso)
Tony Destra (Batteria)
 
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