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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Mad Chickens - Kill, Hermit!
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( 2722 letture )
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Domanda preliminare alla presente recensione: quanto ha senso al giorno d’oggi, nel 2012quasi13, suonare grunge? Qualcuno di voi obietterà che si potrebbero scrivere fiumi di parole al riguardo: alcuni neppure considerano il grunge un vero e proprio genere musicale, ritenendo che al suo interno i critici abbiano ammassato band accomunate solo da coordinate generiche, ma nella sostanza profondamente differenti fra loro; ma, al di là di tutto, la mia risposta è sì: è possibile tutt’oggi suonare hard rock, un genere molto più vetusto del grunge, ergo perché non dovrebbe esser possibile dar vita a buoni album che trasudino di quella malata, irresistibile atmosfera targata Seattle? La questione, come del resto per ogni altro genere, è molto semplicemente come suonare grunge oggi, nel 2012quasi13. E’ chiaro che, se si ricopiano pedissequamente le melodie di chi ha fatto la storia del genere, fra cui i soliti noti Pearl Jam, Alice in Chains e Soundgarden, si rischia di cadere nel ridicolo, oltre che nel manierismo sfrenato. Se invece si cerca di modernizzare quel sound, combinandolo con altre influenze, magari è possibile ottenere un prodotto di ottima fattura.
La lunga introduzione potrà esservi parsa troppo lunga e inopportuna, ma è doverosa al fine di introdurre la band di cui ci occupiamo, vale a dire gli abruzzesi Mad Chickens: inizialmente progettati come una band interamente al femminile, hanno poi conosciuto diversi scossoni nella line-up, fino al comprendere al suo interno tre pulzelle ed un maschiaccio, il batterista Nicola Santucci (la bassista Maria Teresa Cipollone, peraltro, ha dato forfait poco dopo l’uscita dell’album). Questi grintosi ragazzi, per l’appunto, tentano di reinterpretare le caratteristiche del sound di Seattle, su tutte i riff di chitarra distorti, una certa attitudine al punk nichilista e linee vocali strascicate, combinandole con ulteriori elementi, che fanno capo tanto al noise, quanto in certi casi perfino al prog rock. Un calderone niente male, al cui interno si rischia di affogare senza la dovuta attenzione…e difatti è proprio il rischio che i nostri corrono per buona parte dell’album, scivolando a più riprese nel maelstrom da loro stessi creato seppur non affondando del tutto. C’è indubbiamente tanta, tanta carne al fuoco in questo Kill, Hermit!, pertanto non è certamente sufficiente un unico ascolto a metabolizzare come si deve quanto Valeria Guagnozzi e compari intendono proporci: ne è un esempio già la prima traccia, Kill, Hermit/Gun In My Head, che incomincia con un guazzabuglio noise ed un urlaccio per poi prorompere in un brano che, musicalmente, pare influenzato perfino dai Led Zeppelin di No Quarter, mentre dal punto di vista delle linee vocali siamo indubbiamente nel punk; proprio le linee vocali sembrano il punto debole di questo brano ed in generale di buona parte dell’album, dato che, al di là della produzione non brillantissima, che non è certamente attribuibile alla band, a tratti la voce appare un tantino stonata; va un po’ meglio da questo punto di vista con la successiva Mr. Harvey (Lights A Candle For The Glory), più nel ritornello che nelle strofe a dire il vero, ma musicalmente ci troviamo di fronte ad un altro brano variegato e ricco di spunti, che con una produzione adeguata avrebbero indubbiamente reso al meglio; è un peccato che non così non sia, ma le buone qualità sono comunque individuabili da un ascoltatore non superficiale. Si va avanti fra riff più lancinanti ed altri più inclini alla melodia, magari filtrati dal sintetizzatore, fra brani più tipicamente grunge come Jack ‘69, momenti più riflessivi alla Fell In Love, interessante esplosioni sonore ben rappresentate da Bed Never Bed; c’è anche tempo per qualche sorpresa, come il flauto sulla discreta The Tin Man, prima che un po’ di noia subentri con le ultime tracce di questo lungo disco.
I nostri amici abruzzesi, in sostanza, si impegnano e ce la mettono tutta, ma almeno in questo album, probabilmente, manca loro quel quid che gli permetta di fare davvero il salto di qualità: abbiamo già detto di come spesso la loro musica sia sorprendente per qualità e varietà di ispirazione e non vi è in questa sede alcuna volontà di rimangiarsi le proprie parole; tuttavia, accanto a questa buonissima varietà sonora si accompagnano delle linee vocali che troppo spesso risultano troppo deboli ed inficiano pesantemente la qualità complessiva dell’opera, senza parlare delle stonature qui e là. Qualcuno potrà obiettare che anche Kurt Cobain non era certamente Freddie Mercury…e ci trova perfettamente d’accordo se è per questo, ma qui stiamo recensendo i Mad Chickens, non i Nirvana. Oltre a quanto detto a proposito delle linee vocali e delle stonature qui e là, non si può non rimarcare la sensazione di noia che, anche a causa proprio delle linee vocali, emerge in certi tratti di Kill, Hermit!; unite a questo la già citata e maledetta produzione, che ovatta eccessivamente il sound dei ragazzi impedendogli di rendere al meglio e capirete come, purtroppo, non si possa concedere la sufficienza piena a questo lavoro. Tuttavia, al tempo stesso, poiché le qualità ci sono e sono innegabili, non si può neanche pensare di bocciare in toto questo lavoro: molto semplicemente, ci limitiamo ad incoraggiare questi ragazzi a procedere sulla strada della contaminazione musicale (segno che sì, è possibile anche oggi suonare grunge in modo intelligente) ed a limare quegli aspetti che non permettono ai propri brani di rifulgere appieno.
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1
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Derivativi è poco...sfiorano il ridicolo.. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Kill, Hermit/Gun In My Head 2. Mr. Harvey (Lights A Candle For The Glory) 3. Horses Enchantress 4. Black Magic/Black Allergic 5. Jack ‘69 6. Fell In Love 7. Bed Never Bed 8. Extremely Reflexed In Your Mirror 9. Broken 10. The Tin Man 11. Liar Dog Pt. I 12. Liar Dog Pt. II
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Line Up
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Valeria Guagnozzi (Voce, Chitarra) Laura De Benedictis (Chitarra, Voce, Tastiera) Maria Teresa Cipollone (Basso, Voce) Nicola Santucci (Batteria)
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